Leonardo Caffo e il Circo Mediatico: Quando la Cultura si Divora da Sola

Forse ve la siete persa, e onestamente meglio così: la polemica culturale del weekend ha coinvolto Leonardo Caffo, filosofo, scrittore e adesso anche protagonista involontario del gossip accademico più tossico del momento. Tutto ruota attorno alla sua partecipazione – poi ritirata, con tanto di dispiacere pubblicamente espresso – alla fiera Più Libri Più Liberi (d’ora in poi PLPL), dedicata quest’anno alla memoria di Giulia Cecchettin. Ricorderete Giulia, vittima di femminicidio, che con il suo nome incarna una causa che merita rispetto e riflessione, non il teatro d’avanspettacolo in cui si è trasformata questa vicenda. Il problema? Caffo è sotto processo per maltrattamenti e lesioni nei confronti della sua ex compagna. La sua presenza è stata vista come una scelta non solo discutibile ma palesemente inopportuna. Lui si è ritirato, probabilmente scoprendo che nessuna idea anarchica può davvero opporsi al circo mediatico.

Ora, capisco che dire “Leonardo Caffo è una scelta di cattivo gusto” sia fin troppo facile, ma aggiungo che lo sono anche gli outfit di Chiara Valerio, curatrice della fiera, e nessuno protesta. Forse il problema non è il cattivo gusto in sé, ma qualcosa di più profondo: una sete di indignazione a orologeria che regola il dibattito culturale italiano. Insomma, come mai riusciamo a rendere ideologica perfino la gestione di una lista invitati?

La questione, in realtà, rivela un sottotesto più interessante, ovvero una cultura sorprendentemente illiberale nella sinistra italiana, che si è abituata a divorare i propri figli con un fervore che farebbe arrossire persino Andrei Vishinsky, il procuratore dell’epoca stalinista. Esistono due posizioni in gioco, entrambe inquietanti: da un lato c’è chi pensa che Caffo debba essere automaticamente escluso finché non viene dichiarato innocente, e dall’altro chi parte già dal presupposto che sia colpevole, perché “sappiamo tutti” che la giustizia patriarcale tende a salvare i suoi figli peggiori. Quest’ultima posizione è un capolavoro di sofismo: se l’accusato è condannato, è colpevole; se è assolto, è colpevole comunque perché il sistema è corrotto. Insomma, che ci serve un processo a fare?

Il punto però è un altro, ed è il motivo per cui ho un debole per la Costituzione italiana, che a volte sembra molto più illuminata dei cittadini che dovrebbe tutelare. Il nostro ordinamento prevede che chi è sotto processo sia innocente fino a prova contraria, che sia giudicato da un tribunale e non da un hashtag, e che la pena abbia una funzione rieducativa, non di esclusione permanente. Il paradosso? Anche se Caffo fosse colpevole, la sua partecipazione a una fiera libraria non dovrebbe essere il problema. Non sta tenendo un seminario su come relazionarsi con le donne, ma parlando di anarchia. Se volete giudicarlo, fatelo per quello che dice o scrive, non per la sua vita privata.

Ma ecco che arriva Vera Gheno, sociolinguista di professione e ora opinionista d’assalto, a complicare ulteriormente il quadro. Ha espresso il suo sdegno per l’idea che Caffo potesse parlare davanti a un pubblico di studenti sedicenni. A suo dire, non è accettabile che un uomo sotto processo per violenza domestica abbia una simile piattaforma, perché, garantismo o no, questo invierebbe un messaggio sbagliato ai giovani. Bene, ma quale messaggio? Che uno è innocente finché non viene dichiarato colpevole? Non è proprio quello che vorremmo insegnare? Capisco che portare gli studenti a sentire Caffo possa sembrare discutibile, ma per altre ragioni. Per esempio, perché il signore in questione – come molti altri pseudointellettuali della nostra epoca, da Diego Fusaro a Paolo Crepet – è un personaggio intellettualmente mediocre. Se proprio vogliamo selezionare chi ha diritto a parlare davanti ai ragazzi, facciamolo sulla base della qualità delle idee, non dei processi pendenti.

Il vero retroscena di tutta questa storia, comunque, è un altro: si è aperta la lotta per occupare il vuoto lasciato da Michela Murgia. Lo sentite il rumore di penne e tastiere? È il suono della corsa all’egemonia culturale progressista, e il caso Caffo è solo il primo campo di battaglia. D’altronde, cosa c’è di più italiano che usare la memoria di una vittima per regolare conti tra élite culturali?

Ah, quasi dimenticavo: se tutto questo vi deprime, c’è una buona notizia. A fine novembre torna in libreria “Il Coltivatore del Maryland” di John Barth, un capolavoro postmoderno che vale infinitamente più di ogni discussione che avete letto finora. Regalatevelo per Natale. Ne uscirete più felici e molto meno inclini a preoccuparvi di chi invita chi a PLPL.

(Margherita Nanni)

PROMPT:

Intro: forse ve la siete persa e meglio così, ma la polemica (culturale, almeno) del weekend ha visto protagonista il filosofo Leonardo Caffo e la sua partecipazione alla fiera Più Libri Più Liberi (PLPL d'ora in poi).

Caffo: Leonardo Caffo, filosofo e scrittore, si è ritirato dalla partecipazione a PLPL a causa delle polemiche riguardanti il suo coinvolgimento. Caffo è attualmente sotto processo per maltrattamenti e lesioni nei confronti della sua ex compagna. La fiera, dedicata alla memoria di Giulia Cecchettin, una vittima di femminicidio, ha suscitato critiche per aver invitato una persona accusata di violenza domestica. Caffo ha deciso di ritirarsi per evitare ulteriori polemiche e ha espresso il suo dispiacere per aver potuto arrecare disturbo.

Battuta: possiamo dire che Caffo sia una scelta di cattivo gusto, ma lo sono pure gli outfit di Chiara Valerio, curatrice, e nessuno protesta. Quindi non basta il cattivo gusto per spiegare la querelle.

Parte 1: La vicenda rivela una radicata cultura illiberale a sinistra. Le opinioni sono divise: alcuni ritengono che Caffo possa parlare a una fiera libraria solo se giudicato innocente, mentre altri, con un pregiudizio aprioristico, lo considerano colpevole a prescindere, perché i processi sulle violenze alle donne sono visti come sistematicamente falsi e frutto di un'impostazione patriarcale. Questa seconda posizione, definita à la Vishinsky, implica che se l'imputato è assolto, è solo perché il sistema è colpevole; quindi, siccome il sistema è colpevole, lo è anche l'imputato assolto. Chi pensa di essere garantista non comprende appieno il sistema penale italiano e i suoi principi. Se Caffo fosse innocente, non ci sarebbero questioni. Se fosse colpevole, riceverebbe la sua sanzione dal sistema giudiziario, che mira anche a reintegrare il colpevole nella società attraverso la partecipazione sociale e il lavoro. Questa è la funzione rieducativa della pena, che cerca di non marginalizzare il reo ma di recuperarlo alla società. Pertanto, che Caffo sia colpevole o innocente è irrilevante per stabilire se possa parlare di anarchia a una manifestazione libraria. L'ordinamento giuridico italiano, disegnato dalla Costituzione, è più civile di molti suoi cittadini. Una condanna intellettuale o sociale dovrebbe riguardare ciò che Caffo scrive e dice, non la sua situazione privata e giudiziaria. Se le sue idee o comportamenti pubblici fossero discutibili, la censura sarebbe giusta. Tuttavia, la sua cancellazione sociale e reale si basa su un fatto privato e giudiziario, riportandoci al punto di partenza.

Parte 2: La sociolinguista Vera Gheno ha recentemente scritto un post sul caso di Leonardo Caffo, invitato a tenere una lezione a studenti di sedici anni e più durante PLPL. La Gheno sostiene che non sia accettabile invitare un uomo sotto processo per maltrattamenti e lesioni alla propria compagna a tenere una lezione per le scuole, soprattutto rivolta a un pubblico giovanile, anche con tutto il garantismo del mondo. Perché un libero cittadino non colpevole non dovrebbe tenere una lezione che non ha a che vedere con il suo processo? E' educativo per gli studenti vedere rispettate le garanzie degli accusati e molto discutibile l'idea di una "corruzione di minori" paventata dalla Gheno. Si può sostenere che una persona non vada invitata a un evento culturale, ma non perché sottoposta a un processo. Non porteresti gli studenti a sentire Caffo (o Fusaro o Crepet) non perché Caffo è sotto processo, ma perché sono mediocri sopravvalutati.

Morale 1: è iniziata la lotta per occupare il vuoto lasciato da Michela Murgia.

Morale 2: a fine novembre torna in libreria "Il Coltivatore del Maryland" di John Barthes, che è molto più importante e interessante di tutto ciò che avete letto finora.

Articolo: intro, Caffo, battuta, Parte 1, Parte 2, Morale 1, Morale 2.

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