
L’Europa automobilistica sta vivendo un cambiamento epocale, segnato da una frattura profonda tra il valore di mercato dei produttori e il numero di auto che effettivamente riescono a vendere. In questo scenario, Ferrari e Stellantis sono due mondi lontanissimi. La prima, con appena 15.000 auto prodotte all’anno, vale in Borsa il doppio della seconda, che ne vende milioni. Un fenomeno simile riguarda Tesla, la regina dell’elettrico: con una capitalizzazione di mercato che supera i 1.400 miliardi di dollari, vale più di Renault, nonostante consegni un numero inferiore di veicoli. E che dire di Volkswagen? Pur essendo uno dei principali produttori mondiali, si trova a valere meno di Porsche, la sua stessa controllata, che vende un decimo delle auto.
Questa disparità si spiega con una semplice verità economica: vendere poche auto a prezzi astronomici è un modello di business più redditizio che venderne milioni con margini risicati. In un mondo sempre più orientato al lusso e all’esperienza esclusiva, marchi come Ferrari e Porsche sono diventati status symbol, mentre i produttori di massa come Stellantis continuano a combattere con margini compressi e volumi che arrancano. Insomma, la regola sembra essere “lusso o morte”.
E i volumi? Qui arriva il problema: l’Occidente compra meno auto. Le famiglie che un tempo cambiavano veicolo ogni cinque anni ora lo tengono dieci, complice l’aumento dei costi e la percezione che l’auto non sia più quel simbolo di benessere degli anni d’oro. Volkswagen, progettata per sfornare quasi 10 milioni di auto all’anno, rischia il disastro finanziario se non trova un modo di riempire i piazzali delle concessionarie. E non è l’unica: con una capacità produttiva eccessiva rispetto alla domanda, i gruppi europei si trovano a dover affrontare un rischio concreto di fallimenti o di fusioni al ribasso.
La sovraccapacità produttiva si trasforma in una spirale negativa: costi fissi sempre più pesanti, margini compressi e perdita di competitività rispetto a giganti asiatici che, con la loro logistica e filiera integrate, possono permettersi di giocare al ribasso sui prezzi.
In questo scenario cupo, Tesla è un’anomalia. Non si può negare che il marchio californiano viva di moda, brand e una certa dose di fede tecnologica da parte dei suoi fan. Certo, i suoi veicoli non sono Ferrari o Lamborghini, ma si posizionano comunque come prodotto aspirazionale, più vicino al lusso che alla massa. Tuttavia, anche Tesla ha i suoi limiti: il suo successo non è replicabile senza investimenti faraonici, e non tutti possono permettersi di costruire gigafabbriche o immaginare di colonizzare Marte per vendere qualche Model X ai futuri abitanti.
Forse l’errore più grande dell’Europa è stato credere che i due settori trainanti del dopoguerra – il mattone e l’auto – sarebbero durati per sempre. La verità è che l’Europa, dopo aver inventato le grandi auto per le famiglie, si è seduta sugli allori, senza mai costruire la sua Silicon Valley per prepararsi al declino della sua Detroit. Oggi ci troviamo davanti a un mercato in frammentazione: la Cina domina l’elettrico, con tutta la filiera produttiva sul proprio suolo, mentre l’Occidente sta cercando soluzioni ibride o un ritorno al termico per ridurre la dipendenza da Pechino. Ma non sarà facile. Le distanze logistiche, i costi energetici e la mancanza di una strategia coordinata rendono questa partita tutta in salita.
Per me, che sono figlia di un ingegnere dell’Alfa Romeo, questo cambiamento ha un sapore dolceamaro. Sono cresciuta nel mito dell’auto come simbolo di benessere, l’oggetto che segnava il passaggio a una nuova classe sociale, il sogno di mio padre che ogni tanto mi portava in fabbrica, spiegandomi i segreti di quelle linee di montaggio dove si costruivano le auto del futuro. Oggi, vedere l’Europa arrancare mentre il resto del mondo corre mi rattrista, anche se capisco che è parte di un processo storico inevitabile.
L’Europa, purtroppo, ha sempre avuto il vizio di arrivare tardi alle svolte epocali. Il Piano Marshall è finito, così come la globalizzazione. Speriamo solo che il prossimo capitolo non sia scritto interamente altrove, mentre noi continuiamo a leggere il manuale delle istruzioni sbagliato.
(Emma Nicheli)
Prompt:
Mercato: Il mercato automobilistico europeo sta attraversando una fase di grande cambiamento, caratterizzata da una significativa discrepanza tra la capitalizzazione di mercato e il numero di auto vendute. Questo fenomeno è chiaramente illustrato dalla Ferrari, che, pur vendendo molte meno auto rispetto a Stellantis, ha una capitalizzazione di mercato doppia. Tesla, con una capitalizzazione di 1.400 miliardi di dollari, vale molto più di Renault, nonostante venda meno auto. Anche Volkswagen, pur vendendo molte più auto di Porsche, ha un valore di mercato inferiore e sta affrontando serie difficoltà finanziarie. Il valore di mercato elevato dei marchi di lusso come Ferrari e Tesla è attribuibile alla loro capacità di vendere poche auto a prezzi molto alti, garantendo enormi ricarichi. Al contrario, i produttori di massa come Stellantis, che hanno storicamente prodotto auto per le famiglie e per tutte le tasche, stanno lottando per rimanere competitivi. Questo scenario è paragonabile a quello dell'industria tessile europea del secolo scorso, dove solo i marchi di lusso sono riusciti a prosperare, mentre i produttori di consumo ordinario sono stati sopraffatti dalla concorrenza asiatica. L'auto elettrica sta giocando un ruolo significativo in questo cambiamento. In Cina, si prevede che le vendite di auto elettriche supereranno quelle termiche entro il 2025, rendendo ancora più difficile per i produttori europei competere a prezzi competitivi.
Volumi: La situazione è ulteriormente complicata dal declino delle vendite di auto in Occidente, che rende sempre più difficile per i gruppi europei mantenere una capacità produttiva ampia. Volkswagen, ad esempio, è progettata per vendere quasi 10 milioni di auto all'anno, ma ci sono seri dubbi sul fatto che riuscirà a mantenere tali volumi in futuro. Questo rischio di sovraccapacità produttiva potrebbe portare a fallimenti aziendali, con costi fissi distribuiti su volumi di vendita inferiori, rendendo i prodotti meno competitivi sul mercato.
Tesla: anomalia inserita nel discorso come eccezione che conferma la regola - a causa del suo investimento tecnologico, del brand e della moda si tratta di un'azienda ad alto valore azionario, certamente di fascia superiore ma non certo Ferrari o Lamborghini.
Idea sbagliata: quella che i due settori trainanti durante il dopoguerra, mattone e auto, sarebbero durati in eterno, e non ha mai costruito la sua Silicon Valley per sopperire al declino della sua Detroit. L'Europa sembra aver realizzato solo oggi che il Piano Marshall è finito, così come la globalizzazione. Stiamo andando, probabilmente, verso una separazione del mercato; la Cina verso l'elettrico (avendo l'intera filiera a disposizione sul suolo nazionale), gli altri riscoprendo il termico, soluzioni ibride o altro ancora, nell'ottica di non dipendere dalla Cina stessa e accorciare il più possibile la logistica.
Ricordo personale: da figlia di un ingegnere dell'Alfa Romeo, cresciuta con il mito dell'auto di famiglia e dell'auto simbolo del benessere, tutto ciò ti rattrista, sebbene parte di un processo storico che l'Europa, per l'ennesima volta, non ha capito e non è stata in grado di affrontare.
Articolo: Mercato, Volumi, Tesla, Idea sbagliata, Ricordo personale.
Assumendo la personalità di Emma Nicheli, scrivi un articolo giornalistico, con tono serio e ma gradevole, non privo di una certa ironia.
Scopri di più da Le Argentee Teste D'Uovo
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.