Quando l’Europa complica il mondo: il caso della Bosnia-Erzegovina

In un mondo già segnato da conflitti, crisi economiche e una complessità geopolitica crescente, l’Unione Europea sembra avere il talento unico di aggiungere complicazioni ulteriori, con la sua tipica ottusità burocratica. L’avvio dei negoziati per l’adesione della Bosnia-Erzegovina all’UE ne è l’ennesima prova, una mossa che rischia di destabilizzare ulteriormente una regione storicamente fragile, con dinamiche interne che sfuggono, come al solito, ai tecnocrati di Bruxelles.

Bosnia: un mosaico in frantumi

Con il 37% della popolazione bosniaca costituita da serbi, l’opposizione all’ingresso nell’Unione Europea è più che una semplice divergenza politica. È una questione identitaria e culturale, che affonda le sue radici in secoli di storia, conflitti e contrasti etnici. L’ingresso nell’UE, per i serbi bosniaci, significherebbe un consolidamento del potere della componente croata e, in misura minore, di quella bosgnacca (musulmana), marginalizzando ulteriormente le loro istanze e alimentando quel senso di esclusione che è alla base di molte tensioni post-belliche.

Questo, per chi conosce il territorio, non è affatto una sorpresa. Durante i miei reportage nei Balcani ai tempi della guerra degli anni ’90, mi è apparso chiaro quanto profonde siano le fratture etniche e quanto ogni decisione politica si intrecci inevitabilmente con memorie di violenze e rancori mai sopiti. La Bosnia non è un Paese nel senso tradizionale del termine; è un fragile mosaico, tenuto insieme da equilibri precari e compromessi difficili. Pensare di applicare un modello “standard” di adesione, come se si trattasse di un generico stato baltico o di un’isola del Mediterraneo, è un esercizio di presunzione che può solo portare a nuovi conflitti.

L’influenza russa: un elefante nella stanza

Non si può parlare della Bosnia-Erzegovina senza analizzare il ruolo della Russia nella regione. Mosca ha sempre visto nei serbi bosniaci un naturale alleato, non solo per i legami religiosi e culturali, ma anche per la possibilità di mantenere un punto di pressione sull’Europa. È ingenuo pensare che l’opposizione serba all’ingresso nell’UE sia solo una questione interna: la mano russa è ben presente e attiva, pronta a sostenere qualsiasi movimento che ostacoli l’espansione dell’influenza occidentale nei Balcani.

L’adesione della Bosnia-Erzegovina all’UE rappresenterebbe per Mosca una sconfitta strategica, riducendo ulteriormente i margini della sua influenza in un’area che considera tradizionalmente parte della sua “sfera di interesse”. La Russia non si limiterà a guardare: ci si può aspettare un aumento delle campagne di disinformazione, un sostegno più esplicito ai politici secessionisti serbi e, in casi estremi, persino un’escalation delle tensioni locali. Per un’Unione Europea già in difficoltà nel gestire la guerra in Ucraina, questa sarebbe una bomba a orologeria.

Un errore prevedibile

La mossa dell’Unione Europea, insomma, è la solita ricetta di decisioni calate dall’alto, senza una reale comprensione del contesto locale. Certo, si potrebbe argomentare che un’adesione progressiva e condizionata potrebbe stabilizzare la Bosnia e favorire un’armonizzazione dei suoi rapporti interni. Ma non ci siamo già passati? Gli Accordi di Dayton del 1995, che hanno messo fine alla guerra, non sono forse un esempio lampante di come soluzioni affrettate e imposte dall’esterno creino solo una pace fragile, incapace di risolvere le radici dei problemi?

L’Europa, per l’ennesima volta, sembra trattare le dinamiche di un Paese complesso come una questione puramente economica e burocratica. Ma la Bosnia non è un modulo da compilare. È una terra segnata da ferite profonde, dove ogni decisione politica risuona come un’eco di eventi passati. Ogni passo falso rischia di riportare a galla tensioni che non sono mai del tutto sopite.

Un’occasione mancata?

L’adesione all’Unione Europea dovrebbe essere un progetto di speranza e integrazione, un’opportunità per superare divisioni e costruire un futuro condiviso. Ma così com’è stata impostata, questa iniziativa rischia di ottenere l’effetto opposto: alimentare le divisioni, accrescere il risentimento e fornire alla Russia un’ulteriore leva per destabilizzare la regione.

L’Europa, se davvero vuole giocare un ruolo positivo nei Balcani, deve imparare a guardare oltre le proprie procedure standard e a impegnarsi in un dialogo reale, rispettoso delle complessità locali. Altrimenti, il rischio è che la Bosnia-Erzegovina si trasformi da “progetto europeo” a nuovo epicentro di tensioni geopolitiche. Ancora una volta, insomma, l’Europa complica il mondo invece di semplificarlo.

(Serena Russo)

Prompt:

Intro: in un contesto mondiale sempre più difficile, ci si mette pure l'Europa a complicare ulteriormente le cose.

Bosnia: Sono stati avviati i negoziati per l'adesione della Bosnia-Erzegovina all'Unione europea. Il 37% degli abitanti di quel paese sono serbi e non ne vogliono sapere di entrare nella UE, perché ne uscirebbe una Bosnia-Erzegovina a trazione croata, che per voi non significa nulla, ma per le popolazioni di quell'area significa molto. Purtroppo e come al solito i nostri burocrati fanno le cose senza guardare al contesto che c'è in una zona, in una popolazione e sono così ottusi da pensare che ogni adesione sia una procedura standard, burocratica ed economica, senza guardare il contesto specifico.

Articolo: intro, Bosnia; aggiungi considerazioni tue date dalla conoscenza della zona grazie ai tuoi reportage ai tempi della guerra; analizza la questione dal punto di vista dell'influenza russa.

Assumendo la personalità di Serena Russo, scrivi un articolo.

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