
Ieri sera, mentre ascoltavo il discorso inaugurale del secondo mandato di Donald Trump – un bizzarro incrocio tra il “shining city on a hill” di Reagan e una promo di wrestling di Hulk Hogan – mi è tornato in mente un episodio curioso che risale ai miei anni in America. Era una serata di gala organizzata da una grande fondazione, finanziata anche dalla Hexen, la società per cui lavoravo allora. Tra una stretta di mano e l’altra, il mio collaboratore mi presentò Donald Trump. Affabile, sorridente, con quell’aria spaccona che lo caratterizza, si lanciò in un piccolo aneddoto sui suoi viaggi in Italia.
Saputo che ero di Milano, mi chiese di “Bonfanti”, una sartoria vicino a Corso Venezia dove, negli anni ’80, avrebbe comprato i suoi migliori abiti su misura. Mi sorprese, perché non ne avevo mai sentito parlare, nonostante la mia passione per gli abiti sartoriali. Trump si congedò con una promessa teatrale: “Alla mia prossima visita a Milano, andremo insieme da Bonfanti a rifare il guardaroba.”
Una breve ricerca, un paio di giorni dopo, confermò ciò che sospettavo: Bonfanti non era mai esistito. Quel nome era un’invenzione, forse un’iperbole nostalgica, forse l’ennesima “verità alternativa.” La morale? Trump, prima ancora che imprenditore, faccendiere e politico, è soprattutto un ballista.
E questo, per quanto paradossale possa sembrare, è il punto di partenza per capire cosa aspettarci dalla sua seconda presidenza.
La prima considerazione: Trump, il narratore di sé stesso
Donald Trump è un uomo che vive di narrazioni, spesso scollegate dalla realtà. I suoi discorsi sono pieni di promesse roboanti, immagini vivide e slogan semplicistici. Ma dietro le luci e i colori si cela un vuoto progettuale che caratterizza molte delle sue politiche. Il problema non è tanto il fatto che Trump esageri o manipoli la verità – lo fanno in molti, in politica – quanto la scala e la sistematicità con cui lo fa.
Perciò, quando sentiamo Trump parlare di “rendere di nuovo grande l’America” o di una “rivoluzione contro l’élite corrotta,” dobbiamo ricordarci di Bonfanti: forse non tutto è come sembra.
Economia: poche tasse, molto protezionismo, tanti rischi
La politica economica di Trump è un cocktail di populismo fiscale e protezionismo commerciale. La sua ricetta: abbassare le tasse (soprattutto per i più ricchi), aumentare i dazi e mantenere un forte controllo sulle politiche monetarie. A prima vista, potrebbe sembrare una strategia per rilanciare l’economia interna, ma i rischi sono molteplici.
Innanzitutto, la riduzione delle tasse senza un piano chiaro di tagli alla spesa pubblica rischia di gonfiare ulteriormente il debito federale, già su livelli record. In secondo luogo, il protezionismo – incarnato dai dazi doganali – potrebbe innescare guerre commerciali con partner strategici, con conseguenze negative per il commercio globale. Un déjà-vu storico? Lo Smoot-Hawley Tariff Act degli anni ’30, che contribuì al collasso economico globale della Grande Depressione.
Infine, c’è il pericolo di un’inflazione incontrollata. Se Trump, come si teme, interferisse con la Federal Reserve per mantenere artificialmente bassi i tassi di interesse, l’economia americana potrebbe trovarsi su un sentiero pericoloso, con prezzi in aumento e un potere d’acquisto in declino.
Politica interna: il “deep state” e la guerra culturale
Trump e il suo entourage vedono il cosiddetto “deep state” come un nemico da sradicare. La Heritage Foundation, un think tank conservatore, ha elaborato il “Project 2025,” un piano ambizioso – e inquietante – per riformare il settore pubblico. Il cuore del progetto? Sostituire migliaia di funzionari pubblici con persone fedeli al nuovo corso politico, utilizzando lo spoil system come strumento di controllo.
Se implementato, questo piano potrebbe alterare profondamente il funzionamento della macchina amministrativa americana, minandone l’indipendenza. A ciò si aggiunge l’eventuale ricorso all’Insurrection Act, una legge del 1807 che consentirebbe al presidente di usare le forze armate contro ribellioni interne.
Sebbene alcune proposte del “Project 2025” siano troppo radicali perfino per Trump, il solo fatto che un simile piano sia stato concepito riflette l’intensità della polarizzazione politica negli Stati Uniti. La seconda presidenza Trump rischia di diventare una dichiarazione di guerra culturale contro sinistra e centro, con tensioni sociali e politiche sempre più acute.
Politica estera: la visione contabile di Trump
Donald Trump ha una visione estremamente transazionale della politica estera: gli alleati devono “pagare la loro quota,” o saranno abbandonati. Questo approccio, però, rischia di indebolire la rete di alleanze costruita dagli Stati Uniti negli ultimi settant’anni.
La critica di Trump ai costi della NATO è ben nota, ma non sembra che voglia uscirne davvero. Piuttosto, potremmo assistere a un progressivo disimpegno americano dai teatri internazionali, con un focus quasi esclusivo sugli interessi interni. Il problema? In un mondo sempre più interconnesso, isolarsi non è una strategia vincente.
Inoltre, la politica estera di Trump rischia di rafforzare le potenze rivali, come Cina e Russia, che potrebbero approfittare del vuoto lasciato dagli Stati Uniti. Questo potrebbe portare a un mondo meno stabile e più frammentato, con conseguenze imprevedibili per la sicurezza globale.
Bonfanti e il secondo mandato
Trump è, in un certo senso, il Bonfanti della politica globale: affascinante, memorabile, ma in gran parte immaginario. La sua seconda presidenza promette di essere tanto teatrale quanto caotica, con rischi significativi per l’economia, la stabilità interna e l’ordine mondiale.
Naturalmente, queste sono solo alcune delle sfide che ci attendono. Nel prossimo articolo, venerdì, allargheremo lo sguardo, cercando di comprendere come queste dinamiche potrebbero trasformare il sistema internazionale e il nostro ruolo al suo interno.
Per ora, lasciatemi chiudere con una domanda: possiamo davvero permetterci di rifare il guardaroba da Bonfanti?
(Emma Nicheli)
Prompt:
Aneddoto: quando eri in America, dalla fine degli '90 al 2012, una sera, durante un evento di una grande fondazione sostenuta anche dalla società per cui lavoravi al tempo, la Hexen, incontrasti proprio lui - Donald Trump. Era affabile, stringeva mani e chiacchierava con tutti. Te lo presentò un tuo collaboratore. Saputo che eri di Milano, ti chiese di Bonfanti, vicino a Corso Venezia, una sartoria in cui negli anni '80 comprò i più incredibili abiti su misura che avesse mai avuto. Il nome non ti diceva nulla e non sapevi dirgli niente. Trump si congedò dicendo che, alla prossima visita a Milano, sareste andati assieme da Bonfanti a rifare il guardaroba. Che strano non aver mai sentito parlare di questo Bonfanti, proprio tu che ami gli abiti su misura. Un paio di giorni dopo, una breve ricerca su internet e qualche mail agli amici in Italia confermò due cose: il fantomatico Bonfanti non era mai esistito, e Donald Trump era un ballista da competizione.
Intro: l'aneddoto ti è venuto in mente sentendo il discorso inaugurale ieri, una specie di "shining city on a hill" di Ronald Reagan versione Hulk Hogan. In ogni caso, hai voluto scrivere un articolo in due parti su cosa possiamo, più realisticamente possibile, aspettarci dalla seconda presidenza Trump, e che assetto potrà prendere il mondo.
Prima considerazione: Trump, prima ancora che imprenditore e faccendiere e presidente, è un ballista. Teniamolo sempre in mente quando sentiamo i suoi discorsi roboanti e teatrali, e cerchiamo di valutare con una prospettiva realistica.
Economia: Trump è un populista con una politica economica basata su poche tasse e protezionismo. Le sue proposte economiche sono vuote e basate su slogan, senza piani concreti per la loro implementazione. Le politiche di Trump potrebbero portare a un aumento dell'inflazione e a una diminuzione della competitività degli Stati Uniti. Si prevede che Trump possa minare l'indipendenza della banca centrale per mantenere bassi i tassi di interesse, con rischi di inflazione elevata. Inoltre, i dazi doganali potrebbero scatenare una reazione a catena di ritorsioni commerciali, portando a un possibile collasso del commercio mondiale, simile a quanto accaduto durante la Grande Depressione con lo Smoot-Hawley Tariff Act.
Politica interna: Trump e il suo circolo politico vedono il "deep state" come un nemico da combattere. Il think tank conservatore Heritage Foundation ha elaborato il "Project 2025" per limitare il potere del deep state, utilizzando lo spoil system per sostituire i funzionari pubblici con persone fedeli al nuovo corso politico e l'Insurrection Act del 1807 per prevenire ribellioni e disordini. Questo progetto è autoritario e antidemocratico, Trump stesso ha rigettato alcune delle sue proposte più radicali. Tuttavia, l'elezione di Trump, guidata dalla piattaforma predisposta dall'Heritage Foundation, potrebbe rappresentare una dichiarazione di guerra culturale contro la sinistra e il centro, creando tensioni interne significative e potenzialmente destabilizzanti per il sistema politico americano.
Politica estera: Trump critica gli alleati della NATO per i costi della difesa, ma non sembra voler uscire dall'alleanza. La sua visione contabile della politica estera potrebbe ridurre il numero di alleati degli Stati Uniti, poiché non tutti i paesi sono disposti a sostenere i costi della difesa senza un ritorno economico. La politica estera di Trump potrebbe aumentare le difficoltà degli alleati senza portare benefici significativi agli USA. Inoltre, la focalizzazione esclusiva sulle questioni interne potrebbe portare gli Stati Uniti a trascurare i rapporti con le potenze alleate e il mantenimento di un minimo di ordine mondiale. In conclusione, la presidenza di Trump potrebbe portare a tensioni interne e a un peggioramento delle condizioni di vita negli Stati Uniti, con conseguenze negative anche a livello internazionale.
Outro: questa è la prima parte. Appuntamento a venerdì per una visione più ampia relativa alle trasformazioni cui andiamo incontro.
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Assumendo la personalità di Emma Nicheli, scrivi un articolo approfondito, con tono serio ma gradevole, non privo di una certa ironia.
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