
È curioso come, in Italia, si continui a parlare di ambiente e crisi ambientale con toni altisonanti, ma spesso guardando alle soluzioni dal punto di vista sbagliato. È un po’ come cercare di curare una frattura con l’omeopatia: c’è tanta buona fede, ma zero risultati. Il dibattito pubblico è intriso di superstizioni travestite da saggezza, di tecnofobia venduta come prudenza, di nostalgia per un passato idealizzato e irraggiungibile. Si parla di “ritorno all’antico” come se fosse una panacea, ignorando che il passato, per la maggior parte delle persone, era fatto di fatica, miseria e mortalità infantile. Insomma, un paradiso rurale che esiste solo nelle brochure delle vacanze green.
Prendiamo un esempio pratico: la Rivoluzione Verde. È stata una delle trasformazioni più importanti della storia umana, eppure se ne parla poco, o peggio, male. Prima di essa, produrre cibo in quantità sufficienti per sfamare miliardi di persone era un’impresa titanica. Pensateci: se oggi coltivassimo grano con le tecnologie di cento anni fa, avremmo bisogno di una superficie pari alla somma di Canada e Messico solo per il frumento. Senza l’introduzione di pratiche agricole moderne e varietà ad alta resa, la popolazione mondiale non sarebbe mai cresciuta oltre i due miliardi, e milioni di persone avrebbero vissuto sotto la costante minaccia di carestie. Oppure, avremmo dovuto arare ogni prateria, abbattere ogni foresta, e distruggere ogni ecosistema naturale. La Rivoluzione Verde ha avuto i suoi eccessi, è vero, ma ci ha salvato da due scenari apocalittici: fame di massa o devastazione ecologica su scala globale. Chi la critica dimentica che senza di essa probabilmente non saremmo qui a discutere di crisi ambientale, semplicemente perché il mondo come lo conosciamo non esisterebbe.
Eppure, i Verdi tradizionali continuano a proporre soluzioni che sembrano uscite da un manuale di sopravvivenza medievale. Ritorno all’agricoltura biologica, abbandono della tecnologia, demonizzazione del nucleare: tutto viene filtrato attraverso un’ideologia che idolatra un passato che, a dirla tutta, era piuttosto brutale. Certo, possiamo romanticizzare i tempi in cui si coltivava con la zappa e i bambini saltavano la scuola per raccogliere patate, ma questo non li renderà meno duri. Il problema di questo approccio è che non solo è irrealistico, ma è anche profondamente pericoloso. Ha bloccato lo sviluppo del nucleare, della biotecnologia, delle infrastrutture energetiche, aumentando la nostra dipendenza dall’estero e, ironicamente, il nostro impatto ambientale. È una fuga dalla realtà, e a pagarne il prezzo è il futuro.
Dall’altro lato dello spettro, però, c’è l’eco-modernismo, un movimento che non si fa incantare da nostalgie inconcludenti e guarda invece alle tecnologie come parte della soluzione. Pensiamo alle Tecniche di Evoluzione Assistita (TEA): grazie a queste, possiamo sviluppare piante più resistenti alle malattie, riducendo l’uso di pesticidi e aumentando la produttività agricola. Non solo: possiamo preservare varietà locali minacciate da malattie globali, salvaguardando la biodiversità in modo attivo e concreto. E poi c’è il nucleare, la fonte di energia che tanti amano odiare senza conoscerla davvero. È stabile, pulita e infinitamente meno devastante, sia per l’ambiente sia per l’economia, rispetto alle energie fossili. L’eco-modernismo non è una pozione magica, ma è un approccio razionale e maturo, che cerca di rispondere alle necessità del presente senza sacrificare il futuro.
E qui arriviamo a una questione cruciale: perché in Italia siamo così restii ad abbracciare il progresso? Perché, di fronte a problemi che richiedono pragmatismo, ci rifugiamo nel mito e nella paura? Forse perché abbiamo una visione distorta della Natura. La immaginiamo come una Madre benevola e accogliente, una dea generosa pronta a proteggerci. Ma la verità è molto diversa: la Natura è spietata, indifferente, darwiniana fino al midollo. Non ha tempo per le nostre esitazioni o per le nostre nostalgie. Se sbagliamo, se non ci adattiamo, la risposta è una sola: “muori.” Il cambiamento climatico non aspetterà che ci decidiamo a mettere da parte le nostre fobie tecnofobiche. Né lo faranno i populisti, che sfruttano il nostro immobilismo e la nostra paura per alimentare un clima di sfiducia che ci rende ancora più vulnerabili.
In definitiva, dobbiamo smettere di guardare al passato con occhiali rosa e cominciare a pensare al futuro con realismo. La tecnologia non è il nemico: è uno strumento, e come ogni strumento dipende da come lo usiamo. La scelta non è tra progresso e tradizione, ma tra sopravvivere e scomparire. Sta a noi decidere.
(Giulia Remedi)
Prompt:
Intro: è singolare come in Italia si parli sempre di ambiente e crisi ambientale, e si guardi alle possibili soluzioni dal punto di vista sbagliato - quello della superstizione e della tecnofobia, del ritorno all'antico e altre impraticabili scemenze.
Rivoluzione Verde: spiega di cosa si tratta. Se oggi producessimo grano con le tecnologie antecedenti ad essa, avremmo bisogno di una superficie coltivabile pari alla somma di Canada e Messico solo per il frumento. Senza la Rivoluzione Verde, che ha avuto i suoi eccessi, ci troveremmo di fronte a due scenari disastrosi: o la popolazione non sarebbe mai cresciuta a causa di insufficienza alimentare, fame e carestie, oppure avremmo distrutto il pianeta arando e coltivando tutte le praterie e le foreste attuali. Inoltre, avremmo emesso milioni di tonnellate in più di CO2 a causa della conversione delle aree naturali in terreni agricoli e dell'uso maggiore di combustibili fossili.
Verdi: I Verdi tradizionali sostengono che la soluzione alle crisi ambientali risieda in un ritorno alle origini, idealizzando un passato pre-industriale. Questa visione ignora le difficoltà reali di quel periodo. I bambini lavoravano nei campi, le famiglie faticavano a garantire il raccolto e l'istruzione avanzata era un privilegio raro. Questo approccio è impraticabile e una fuga dalla realtà, poiché ha portato a una stagnazione in settori cruciali come il nucleare, la biotecnologia e le infrastrutture energetiche, aumentando la dipendenza dell'Italia dall'estero.
Eco-modernismo: l'eco-modernismo, invece, propone di affrontare le crisi ambientali attraverso l'uso sapiente e responsabile della tecnologia. Le Tecniche di Evoluzione Assistita (TEA) permettono di sviluppare piante geneticamente modificate più resistenti alle malattie, riducendo l'uso di pesticidi e fungicidi, aumentando la produttività e la sicurezza alimentare. Questo approccio consente anche di salvare varietà locali minacciate da malattie globali. Inoltre, l'apertura al nucleare rappresenta un cambio di paradigma verso una produzione di energia pulita e sostenibile, riducendo le emissioni di gas serra e garantendo una produzione energetica stabile e abbondante, diminuendo la dipendenza dall'estero. Questo approccio razionale e maturo si contrappone all'ecologismo tradizionale, che viene visto come basato su un approccio precauzionale e ideologico, incapace di rispondere alle necessità del presente.
Articolo: intro, Rivoluzione Verde, Verdi, Eco-modernismo. Fai ulteriori considerazioni sull'arretratezza, che nel clima di sfiducia generale diventa un'arma in più in mano ai populisti. Ricorda come la Natura, immaginata come una Madre affettuosa e benevola, è in realtà la quintessenza della spietatezza, che come risposta ad ogni debolezza o esitazione ha solo "muori."
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