
Da qualche tempo tengo d’occhio il curioso ecosistema della trap italiana. Non per amore della musica – un genere che considero un déjà-vu di basi scialbe e auto-tune abusato – ma per ciò che rappresenta a livello culturale. È un fenomeno che non si limita a invadere le playlist di Spotify ma che occupa il centro del discorso pubblico, spesso tra polemiche infuocate e indignazione assortita. Insomma, pure i miei genitori odiavano i Grateful Dead e Jimi Hendrix, ma qui la questione sembra un tantino più complicata. Scontro generazionale? Può darsi. Ma c’è dell’altro.
Il “forum” trap: benvenuti nell’arena digitale
Un esempio lampante di questa dimensione culturale è Trap Italy, pagina Instagram con quasi 350.000 follower, che funge da specchio (deformante) della mentalità giovanile. Accanto ai meme su rapper del momento, emergono post dal taglio pseudo-politico che sembrano usciti dal peggior incubo di un sociologo. Qui trovate un trionfo di ideologie estremiste: fascismo vecchio stile, omofobia, razzismo, sessismo e perfino nostalgie mafiose. La figura del narco boss viene glorificata come un’icona di potere e successo, mentre chiunque osi difendere umanità e giustizia è immediatamente bollato come “comunista” – l’equivalente moderno di “rompicoglioni”.
Per chi crede che i social siano il terreno fertile per una società più equa, la realtà di queste community è una doccia gelata: il valore cardine sembra essere l’esaltazione della forza bruta e del denaro. Se i meme sono il linguaggio del futuro, quello della trap è un lessico di distruzione e rancore.
Distruggere per non costruire
Ciò che unifica queste nicchie non è una ribellione in senso classico. Non c’è una visione alternativa o una proposta culturale, neanche balorda. Nulla che richiami l’anarchia creativa delle jam band o il rifugio esoterico del neo-folk. Al contrario, il loro è un rafforzamento dello status quo: la perfetta incarnazione della “chiacchiera da bar” elevata a ideologia. La parola d’ordine non è “cambiare il mondo” ma “mettere in riga i rompicoglioni”. È la mentalità del branco, per cui chiunque metta in discussione il dogma del denaro o dell’omologazione è un nemico da abbattere.
E qui mi torna in mente Jack Womack e il suo romanzo Atti Casuali di Violenza Insensata. Un futuro distopico dove i giovani, abbandonati a un mondo senza prospettive, si uniscono in bande violente, prive di un vero scopo se non la sopravvivenza. Se non l’avete letto, fatelo. Vi sembrerà un manuale di sociologia contemporanea.
Il linguaggio del rancore
Secondo alcuni, la trap è responsabile della distruzione del linguaggio condiviso. Parole che prima veicolavano valori e idee oggi sono vuote o distorte, mentre il pensiero critico è stato sostituito da meme e complottismo. Siamo davvero sicuri? È troppo facile dare tutta la colpa ai social o alla musica. La trap e il suo linguaggio non creano la realtà, la riflettono. Piuttosto, mettono in mostra un rancore diffuso, un desiderio di annientare tutto ciò che rappresenta civiltà e cultura.
Ma perché tanto odio? La gioventù trap non cerca redenzione o rivoluzione. Non sogna un mondo migliore, come hanno fatto le sottoculture che l’hanno preceduta. Qui non c’è il romanticismo degli hippie, la rabbia politicizzata del punk o la disperazione poetica del grunge. C’è solo un senso di vuoto, riempito a suon di banconote false nei videoclip e una dose massiccia di nichilismo.
Che adulti diventeranno?
La domanda resta: che adulti saranno questi ragazzi? Leoni da tastiera o futuri leader di una società che andrà ancora peggio? Forse la verità è più banale. Molti di loro cresceranno, metteranno da parte le scarpe griffate, abbandoneranno i meme tossici e si adatteranno. Per ora, però, siamo di fronte a una gioventù che non si ribella davvero, ma che preferisce bruciare i ponti verso un futuro che non immagina nemmeno.
In fondo, tutto questo fa pensare. Non alla “fine della cultura” – siamo sopravvissuti alla disco music, sopravviveremo anche alla trap – ma al bisogno urgente di un antidoto al rancore. Che sia un libro, un’idea o persino un meme migliore, qualcosa dovrà pur arrivare. Speriamo solo che non sia peggio di quello che abbiamo adesso.
(Luigi Colzi)
Prompt:
Intro: da qualche tempo tieni d'occhio il mondo online della temutissima trap in Italia. Questo perché sei da sempre affascinato dalle sottoculture e dai movimenti controculturali. La trap in sé ti sembra talmente evanescente da non meritare analisi, e comunque questo c'entra poco, ti interessa come questa musica occupi il centro del discorso e delle polemiche. Ma non basta. Pure i tuoi genitori odiavano i tuoi idoli come Jimi Hendrix e i Grateful Dead e ti vedevano sulla via della droga e della delinquenza. La domanda però è: si tratta dell'ennesima riproposizione dello scontro generazionale o c'è dell'altro?
Forum: ci sono tante impressioni che hai colto, osservando pagine/community Instagram come Trap Italy. Con i suoi quasi 350 mila follower, offre uno spaccato trasversale della mentalità giovanile, soprattutto nei post di tipo "politico" (virgolette d'obbligo: si tratta di clickbait come lo potete trovare nella pagina "gientista" media, con un buon tasso di complottismo incorporato). Ciò che emerge è un trionfo di ideologie estremiste: trumpismo, fascismo vecchio e nuovo, omofobia, razzismo, sessismo, transfobia, disumanità e mentalità mafiosa. La figura del narco boss è esaltata, mentre chiunque mostri sentimenti di umanità e giustizia è etichettato come "comunista" e disprezzato.
Distruzione: il tratto unificante di questa comunità ti sembra volontà di distruggere tutto ciò che abbiamo amato e ritenuto importante, inclusi i diritti civili e le lotte sociali. Per i giovani influenzati da questa cultura, il denaro e l'identità del branco sono gli unici valori, e chiunque metta in discussione questi valori è visto come un nemico da eliminare.
Linguaggio: secondo alcuni la trap ha contribuito a distruggere il linguaggio condiviso dalle generazioni precedenti, insieme alle idee e ai valori che vivevano nelle parole, mentre La manipolazione dei social media avrebbe azzerato il pensiero critico, sostituendolo con un rancore indefinito e una pulsione di distruzione verso tutto ciò che rappresenta civiltà e cultura. E' una tesi che non ti convince del tutto.
Odio: difficile dire cosa possa aver dato vita ad una gioventù tanto rancorosa. Rispetto a qualsiasi altra sottocultura, ti colpisce la mancanza di qualsiasi tentativo di creare una propria comunità con un proprio orizzonte culturale, in opposizione o alternativa allo status quo (dall'anarchia delle jam band alle visioni reazionarie del neo-folk e tutto quello che c'è in mezzo); il sentire di questa particolare tribù è più un rafforzamento dello status quo, una violenta espressione della peggior chiacchiera da bar, senza alcun costrutto particolare se non il desiderio di punire, mettere in riga, zittire chiunque possa essere definito "rompicoglioni". In linea perfetta col pensiero della nuova destra rancorosa che prende piede in tutto l'occidente, quindi.
Consolazioni: da un lato ti viene da pensare ad un bel libro di Jack Womack, "Atti Casuali di Violenza Insensata" (fai il parallelo e spiega). Dall'altro ti dici che i social abbondano di leoni da tastiera e molti di questi ragazzi probabilmente sono innocui. Che adulti diventeranno?
Articolo: intro, forum, distruzione, linguaggio, odio, consolazioni.
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