Il ritorno di Donald Trump e il mondo che ci aspetta – parte 3

Gli ultimissimi sviluppi mi spingono a tornare ancora una volta sul tema Donald Trump e il futuro che ci attende. Per chi volesse recuperare il filo del discorso, qui ci sono il primo e il secondo articolo.

Oggi parleremo di tariffe doganali, il concetto che Trump stesso ha definito la sua “parola preferita” e che rappresenta la manifestazione più pura della sua mentalità da bullo di provincia. Quel tipo di bullo che, non sapendo come migliorare la propria situazione, si limita a rendere la vita impossibile agli altri.

Le tariffe doganali, nel disegno trumpiano, dovrebbero essere un’arma di pressione sugli altri paesi per costringerli a piegarsi ai voleri di Washington. Il problema? Finiscono sempre per colpire anche gli Stati Uniti, scatenando reazioni a catena che impoveriscono tutti, un po’ come darsi una martellata in testa per far dispetto al vicino.

E lo scenario peggiore, come spesso accade, sembra essere già realtà.

L’apocalisse commerciale è già qui

Trump ha alzato i dazi doganali del 25% su Canada, Messico e Cina, scatenando quella che ormai possiamo definire una guerra commerciale globale. La risposta? Canada e Messico hanno adottato misure speculari, mentre Pechino si prepara a farlo. E l’Europa? Probabilmente è il prossimo bersaglio.

Solo qualche mese fa, si poteva ancora immaginare un equilibrio tra il protezionismo trumpiano e gli investimenti privati nell’alta tecnologia. L’idea era che, anche con qualche barriera commerciale, l’innovazione avrebbe comunque tenuto a galla gli Stati Uniti. Ma un conto è una politica daziaria “moderata”, un altro è un’escalation che distrugge la fiducia nei mercati e rallenta la crescita globale.

Ci troviamo di fronte a un bivio: se il protezionismo dilaga, possiamo dire addio a decenni di progresso economico basato sulla globalizzazione. E il peggio? Potrebbe essere solo l’inizio.

Ricardo aveva ragione (e Trump non lo sa)

Per capire perché tutto questo è disastroso, dobbiamo fare un salto nella teoria economica. Chiunque abbia aperto un libro di economia sa che David Ricardo, nel XIX secolo, formulò la teoria dei vantaggi comparati. Il concetto è semplice: ogni paese dovrebbe specializzarsi in ciò che sa fare meglio, per poi commerciare con gli altri.

Facciamo un esempio pratico: supponiamo che gli Stati Uniti siano bravissimi a produrre microchip e pessimi a fare scarpe. La Cina, invece, è più efficiente nella produzione di calzature rispetto agli USA. Secondo Ricardo, gli Stati Uniti dovrebbero concentrarsi sui microchip e importare scarpe dalla Cina. Se invece provassero a produrle in casa, sprecherebbero risorse e finirebbero con scarpe scadenti e costose.

Trump, però, vuole riportare tutto in patria, ignorando questa legge fondamentale dell’economia. Il risultato? Gli Stati Uniti finiranno per produrre beni a basso valore aggiunto o addirittura a costo negativo, riducendo la produttività e aumentando i prezzi.

I dazi, quindi, non renderanno l’America “great again”, ma semplicemente più povera e meno efficiente.

Protezionismo: la ricetta perfetta per il disastro

A livello teorico, proteggere le industrie nazionali suona bene. In pratica, però, è il modo più sicuro per creare meno lavoro e abbassare i redditi.

Perché?

  1. Aumento dei costi per i consumatori – Se le imprese americane devono pagare di più per importare materie prime o prodotti semilavorati, finiranno per alzare i prezzi. Chi ci rimette? Il consumatore.
  2. Meno competitività – Se un’azienda sa che è protetta da dazi, non avrà incentivi a innovare o a migliorare la qualità dei prodotti. Il rischio è che l’industria americana diventi sempre meno competitiva.
  3. Ritorsioni – Se gli Stati Uniti impongono dazi, gli altri paesi rispondono allo stesso modo. Questo significa che le aziende americane troveranno sempre più difficile esportare i loro prodotti all’estero, riducendo le opportunità di crescita.
  4. Effetto domino globale – Se tutti adottano il protezionismo, il commercio mondiale collassa. E sappiamo già cosa succede in questi casi: crisi economica, disoccupazione e tensioni geopolitiche.

L’ultima volta che il mondo ha provato questa ricetta, negli anni ’30, si è arrivati alla Grande Depressione. Ma evidentemente la storia non è il punto forte del nuovo presidente.

E l’Italia? Uno scenario catastrofico

Se il protezionismo è dannoso per gli Stati Uniti, per un paese come l’Italia è un suicidio economico.

Perché? Perché l’Italia vive di export. Abbiamo un mercato interno di 60 milioni di consumatori, ma il nostro vero punto di forza è la possibilità di vendere prodotti di alta qualità in tutto il mondo. Dalla moda alla meccanica, dal vino alle macchine industriali, l’Italia esporta ovunque.

Se il commercio globale si restringe, il nostro paese viene colpito più di altri. Le piccole e medie imprese, spina dorsale dell’economia italiana, soffrirebbero enormemente.

Pensateci: preferireste vendere il vostro vino e il vostro olio solo a Napoli e a Bologna, o poter raggiungere New York, Pechino e Tokyo?

Chiunque capisca di economia sa che l’unico modo per far prosperare un paese piccolo è aprire i mercati, non chiuderli.

Una lezione mai imparata

In definitiva, la politica economica di Trump è la dimostrazione pratica che la storia è destinata a ripetersi quando non si impara nulla dai propri errori.

Il protezionismo ha già fallito nel passato e fallirà di nuovo. Ma la domanda è: quanto ci costerà stavolta?

Abbiamo di fronte due possibilità:

  • Se il mondo resiste alla tentazione protezionista, il danno sarà limitato e potremo tornare a crescere.
  • Se invece altri paesi seguiranno l’esempio di Trump, ci aspetta un periodo di recessione globale che potrebbe durare anni.

In ogni caso, una cosa è certa: il mondo che ci aspetta non sarà né semplice né privo di turbolenze. E Trump, con il suo entusiasmo daziario, sta facendo il possibile per renderlo ancora più caotico.

Alla prossima puntata.

(Emma Nicheli)

Prompt:

Intro: gli ultimissimi sviluppi ti spingono a scrivere un terzo articolo su Donald Trump e il mondo che ci aspetta. Per chi volesse recuperate, qui ci sono il primo e il secondo articolo. Qui parleremo essenzialmente delle tariffe doganali, la parola preferita da Trump (parole sue) nonché la dimostrazione pratica della sua mentalità da bullo di provincia.

Scenario peggiore: lo scenario peggiore possibile, sembra diventare sempre più spesso la realtà. Questo è esattamente ciò che sta accadendo con la politica economica di Trump, in particolare con l'aumento delle tariffe doganali del 25% per Canada, Messico e Cina, che ha scatenato una vera e propria guerra commerciale mondiale. Canada e Messico hanno risposto con misure simili contro le esportazioni statunitensi, e la Cina si prepara a fare lo stesso. L'Europa è vista come il prossimo bersaglio delle politiche protezionistiche di Trump. In precedenza, avevamo analizzato una parte della politica economica di Trump, trovando che gli incentivi agli investimenti privati in alta tecnologia fossero perfetti per stimolare la crescita a lungo termine degli Stati Uniti. Tuttavia, avevamo avvertito che questi effetti positivi potrebbero essere annullati dalla politica daziaria del nuovo governo americano. L'ipotesi iniziale era che dazi relativamente bassi avrebbero avuto un impatto negativo compensato dagli investimenti in high-tech. Tuttavia, con l'aumento delle tariffe doganali, questa ipotesi non è più valida.

Ricardo: Per comprendere le implicazioni di questa politica, dobbiamo fare riferimento alla teoria ricardiana dei vantaggi comparati. Questa teoria economica spiega che i paesi traggono beneficio dalla specializzazione nella produzione di beni in cui hanno un vantaggio comparato e dal commercio con altri paesi - fai un esempio.

Protezionismo: La politica protezionista di Trump porterà a una riduzione della specializzazione produttiva negli Stati Uniti, costringendo il paese a produrre beni a basso valore aggiunto o addirittura a guadagno negativo. Questo comporterà una diminuzione della produttività e un aumento dei prezzi dei beni tassati, con conseguente impoverimento della popolazione. Il protezionismo è la via più sicura per avere meno lavoro complessivo e redditi più bassi. Inoltre, se tutto il mondo risponderà in modo simile alla politica protezionista di Trump, si verificherà una diminuzione del commercio mondiale, accompagnata da una crisi economica globale.

Italia: Per l'Italia, una piccola economia, il protezionismo sarebbe ancora più dannoso. Limiterebbe il mercato a 60 milioni di consumatori rispetto agli 8 miliardi attuali, portando a un suicidio economico.

Articolo: intro, scenario peggiore, Ricardo, protezionismo, Italia. Aggiungi tue considerazioni e speculazioni sullo scenario.


Assumendo la personalità di Emma Nicheli, scrivi un articolo approfondito, con tono serio ma gradevole, non privo di una certa ironia.

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