
Quando si parla delle nuove generazioni, si riciclano sempre le stesse lamentele: apatici, distratti, incapaci di leggere due righe senza perdersi. E giù con le soluzioni da parrucconi: “Rimettiamo il latino alle medie!”, “Più temi in classe!”, “Meno TikTok, più Manzoni!”. Tutto sbagliato. Se questi discorsi avessero senso, oggi saremmo circondati da giovanissimi filosofi capaci di analizzare la Critica della ragion pura con la stessa scioltezza con cui scrollano Instagram. E invece no. Perché la domanda di partenza è sbagliata. Non è che i ragazzi “non leggono”. Il problema è che nessuno gli ha mai spiegato perché dovrebbero farlo.
L’attenzione: il vero capitale dell’era digitale
Chi è cresciuto negli anni Ottanta e Novanta sa che l’informazione aveva una certa stabilità. La televisione era onnipresente, ma costruiva un immaginario collettivo, offriva narrazioni lunghe, inchieste approfondite, programmi che formavano uno spettatore paziente. Oggi è cambiato tutto: l’attenzione è diventata una valuta più preziosa dell’oro.
Due secondi. Questo è il tempo medio in cui un post su un social media ha per catturare l’interesse. Se non funziona, si scorre oltre. Gli editori possono disperarsi, i nostalgici possono piangere sulle pagine dei libri polverosi, ma questa è la realtà. E ignorarla, o peggio demonizzarla, è il modo perfetto per rendere ancora più stupido il dibattito.
Stampa e podcast: ancora vivi, ma di nicchia
Eppure, in questo marasma di contenuti mordi e fuggi, la carta stampata non è morta. È diventata di nicchia, sì, ma non è scomparsa. Anzi, chi legge libri e giornali oggi lo fa con una consapevolezza maggiore. Non è più un’abitudine passiva, è una scelta attiva.
I podcast, poi, hanno segnato una rivoluzione silenziosa. Mentre tutti parlano di video brevi e post virali, milioni di persone scelgono di dedicare un’ora della loro giornata ad ascoltare una voce che racconta storie complesse, inchieste giornalistiche o interviste con esperti. Chi ascolta un podcast non è un consumatore distratto: è uno che vuole approfondire.
Quindi no, il problema non è che “i giovani non leggono”. Il problema è che nessuno ha spiegato loro il valore della profondità.
Visibilità: il paradosso dell’algoritmo
Nel frattempo, chi crea contenuti deve fare i conti con un meccanismo impazzito. Gli algoritmi amplificano i messaggi più efficaci, ma questa efficacia si misura sulla base di una regola crudele: se non sei immediato, non esisti. Un giornalista può passare settimane a scrivere un’inchiesta straordinaria, ma se il titolo non è accattivante, se la prima frase non spacca, se il post non è confezionato nel modo giusto, quella storia muore prima di nascere.
Allo stesso tempo, una boiata qualsiasi – un titolo sensazionalistico, un video montato ad arte, una frase ad effetto priva di contenuto – può diventare virale in poche ore. La visibilità non premia la qualità, premia la capacità di infilarsi nei meccanismi di attenzione del pubblico. Non è un caso che molti creator intelligenti abbiano capito il trucco: attirano con la viralità, ma poi spostano il loro pubblico su spazi più strutturati, dai blog ai podcast.
Velocità contro profondità
Ogni medium ha la sua natura. I social media funzionano per catturare l’attenzione e diffondere informazioni rapidamente. La televisione e la carta stampata permettono di approfondire. Blog e articoli online, se fatti bene, creano un ponte tra i due mondi.
Il problema è che la scuola e il dibattito pubblico fingono che questo non sia vero. Continuano a trattare i social come una piaga e i libri come un feticcio. Ma se si vuole educare i ragazzi a capire davvero l’informazione, bisogna insegnargli a usare tutti i mezzi, a riconoscerne i limiti e a sfruttarne le potenzialità.
Il contenuto è ancora re
Indipendentemente dal mezzo, una cosa non è cambiata: se il contenuto è valido, rimane. Non importa se stai scrivendo un articolo di 10.000 battute, girando un video di 30 secondi o registrando un podcast di due ore. Se il messaggio è forte, trova il suo pubblico.
Certo, la battaglia per l’attenzione è feroce. Certo, il rischio è che tutto si riduca a una guerra di click. Ma se si ha qualcosa di interessante da dire, si troverà il modo di dirlo. Anche nell’era dei tre secondi.
Dobbiamo spiegare ai ragazzi come funzionano i media
E qui torniamo al punto di partenza. Invece di continuare a piagnucolare su come “i giovani non leggono”, bisognerebbe insegnargli a decifrare i media.
Marshall McLuhan, quello che diceva che “il medium è il messaggio”, non era un cretino. Capì mezzo secolo fa che non è solo il contenuto a influenzare la società, ma il modo in cui quel contenuto viene trasmesso. Se il dibattito pubblico vuole davvero affrontare la questione dell’informazione nelle nuove generazioni, deve partire da qui.
Dobbiamo spiegare ai ragazzi come funziona un algoritmo, perché un post diventa virale, che differenza c’è tra un’inchiesta giornalistica e una catena di Telegram. Dobbiamo dargli gli strumenti per capire, non costringerli a leggere Manzoni come una punizione divina.
Perché il vero problema non è che “i ragazzi non leggono”. Il problema è che nessuno gli ha mai insegnato come pensare nel mondo dell’informazione di oggi.
(Roberto De Santis)
Prompt:
Intro: quando parliamo dei ragazzi di oggi, si parla spesso della loro apatia, dei crescenti problemi ad affrontare la lettura di testi tutto sommato banali, e la conseguente povertà nell'argomentare un qualsiasi pensiero. Politici e ministeri, ma pure intellettuali da salotto televisivo, periodicamente escono con soluzioni ridicole tipo "latino alle medie!" E se fosse sbagliata la domanda?
L'attenzione: il vero bene di questa era. Per chi è cresciuto negli anni ottanta, la televisione rimane un punto di riferimento per la sua capacità di intrattenere e informare a lungo termine, ideale per narrare storie complesse e approfondire temi di attualità. I social media, invece, richiedono velocità e sintesi, con una soglia di attenzione di soli due secondi per contenuto. I messaggi devono essere immediati, visivamente accattivanti e capaci di emozionare rapidamente.
Stampa e podcast: Nonostante la trasformazione digitale, la carta stampata conserva un valore intrinseco, offrendo un'esperienza tattile e visiva insostituibile, soprattutto per le generazioni più anziane. Giornali, riviste e libri permettono un'analisi approfondita e una divulgazione dettagliata delle informazioni, anche se sono diventati strumenti di nicchia. I podcast, invece, hanno visto una crescita esponenziale grazie alla loro versatilità e alla possibilità di essere ascoltati in qualsiasi momento della giornata, raggiungendo un pubblico già profilato e mantenendo una durata nel tempo praticamente infinita.
Visibilità: Gli algoritmi dei social media possono amplificare enormemente la portata di un messaggio, ma la lotta per catturare l'attenzione è ardua. La creazione di contenuti di qualità, l'interazione con il pubblico e l'uso di strategie adeguate possono rendere un contenuto virale o marginale a costi sensibilmente inferiori rispetto ai media tradizionali.
Contenuto: I social media favoriscono l'interazione e la diffusione rapida, spesso a scapito della profondità. Molti creator utilizzano i social per catturare l'attenzione e portare i propri follower a seguirli su piattaforme diverse dove è possibile approfondire meglio un argomento. La televisione e la carta stampata offrono spazio per l'esplorazione approfondita dei temi, con documentari, inchieste giornalistiche e saggi che permettono di analizzare problemi complessi e offrire diverse interpretazioni. I contenuti digitali, come blog e articoli online, sono estremamente flessibili e permettono di creare articoli dettagliati, video tutorial, webinar e corsi online per approfondire qualsiasi argomento.
Punti forti: Indipendentemente dallo strumento utilizzato, è fondamentale definire chiaramente gli obiettivi, identificare il pubblico di riferimento e creare contenuti di qualità, anche se richiede più tempo. Come diceva Andy Warhol, "in futuro ognuno sarà celebre per quindici minuti". Oggi, sembra che la celebrità si sia ridotta a tre minuti, o forse è solo una visione pessimistica.
Oggi: dobbiamo proprio ripartire da qui e spiegare i media ai ragazzi, dare loro la consapevolezza del mezzo, farne un'importante corso di studio. Marshall McLuhan non era un cretino (approfondisci).
Articolo: intro, L'attenzione, stampa e podcast, visibilità, contenuto, punti forti, oggi. Prosegui poi sulla linea tracciata dall'articolo.
Assumendo personalità e stile di scrittura di Roberto De Santis, scrivi un articolo; usa un tono polemico.
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