La Strategia di Putin: Vincere Senza Combattere

Alla faccia di Francis Fukuyama e della sua “fine della storia”. Da quando Donald Trump è tornato alla Casa Bianca, la storia è ripartita a tutta velocità, e difficilmente in senso positivo. Il mondo sta assistendo a un evento che ha pochi precedenti: una superpotenza che non solo si autodistrugge, ma lo fa volontariamente, quasi con entusiasmo, sotto l’influenza di una potenza rivale. Se i greci parlavano di hybris, qui siamo direttamente alla vendita promozionale di fine impero.

La disfatta americana: quando il nemico è in casa

Le grandi potenze non collassano mai per caso. Roma, l’Impero Ottomano, l’Unione Sovietica: nessuna di queste è crollata senza una lunga fase di declino, guerre devastanti o rivoluzioni interne. Ma gli Stati Uniti sembrano decisi a battere ogni record storico di autodistruzione pacifica. E non si tratta solo di decadenza economica o di crisi politica: il problema è che questa implosione sembra orchestrata dall’interno, con Trump e i suoi che giocano il ruolo di inconsapevoli (forse?) agenti di un piano magistrale.

Non è un’esagerazione dire che Washington è oggi più vulnerabile all’influenza russa di quanto non lo fosse durante la Guerra Fredda. All’epoca, il Cremlino poteva al massimo infilare qualche spia nei corridoi della CIA o cercare di sovvertire i governi latinoamericani. Oggi, invece, ha visto il suo uomo entrare per la seconda volta nello Studio Ovale, con metà del Paese pronto a seguire ciecamente la sua agenda, anche a costo di smantellare la democrazia americana.

Non è un’occupazione militare. Non ci sono truppe russe a Washington. Ma la logica è simile a quella di un’infezione virale: il corpo ospite non si accorge nemmeno di essere stato infiltrato finché non è troppo tardi.

La vittoria di Sun Tzu: come vincere senza combattere

Per chi ha letto L’arte della guerra, questa è una lezione applicata alla perfezione: la vittoria più grande è quella ottenuta senza combattere. Putin ha giocato la partita con un’abilità strategica senza precedenti, trasformando le elezioni americane in un campo di battaglia silenzioso e facendo leva sulle fratture interne degli Stati Uniti.

Le tensioni razziali, il declino economico della classe media, la radicalizzazione del dibattito politico: tutto materiale già esistente, ma che Mosca ha saputo sfruttare meglio di chiunque altro. Il caos generato da Trump e dai suoi seguaci ha reso l’America una nazione più debole, più divisa e più facile da manovrare.

Chi vuole minimizzare questo quadro potrebbe citare la fine dell’Unione Sovietica come paragone, ma l’analogia non regge. L’URSS, nel 1989, era già economicamente allo stremo. Non è stata una strategia brillante a piegarla, ma la realtà dei fatti: un’economia pianificata che non poteva reggere il confronto con il capitalismo occidentale e una leadership incapace di trovare soluzioni rapide. Gli Stati Uniti, invece, non sono una nazione sull’orlo del collasso finanziario. Sono una superpotenza che si sta infliggendo da sola un colpo mortale.

E c’è un altro dettaglio da non trascurare: Gorbaciov, per quanto ingenuo nelle sue riforme, non era intenzionato a trasformare l’URSS in una democrazia liberale. La sua idea era quella di una modernizzazione guidata, un’evoluzione del socialismo sovietico, più simile ai piani di Beria che a una conversione al liberalismo occidentale. Trump, invece, sta portando l’America dritta nelle mani di un’autoritarismo di stampo putiniano, mentre i suoi sostenitori esultano senza nemmeno capire cosa stanno applaudendo.

La lezione cinese: come si fa una transizione senza autodistruggersi

Se proprio dobbiamo trovare un paragone più sensato, meglio guardare alla Cina. Quando Pechino ha deciso di riformare la propria economia, lo ha fatto con una strategia chirurgica, senza perdere il controllo del potere politico. Deng Xiaoping ha aperto il mercato, ma senza rinunciare alla stabilità interna.

La Cina ha capito che la forza di una nazione sta nella sua capacità di adattarsi senza perdere il controllo. Gli Stati Uniti, al contrario, stanno permettendo a un’intera fazione politica di spingere per il caos, come se il crollo del sistema fosse una vittoria invece che una sconfitta.

Il contrasto è evidente: mentre Pechino costruisce pazientemente la sua supremazia economica e tecnologica, Washington è impegnata in lotte intestine che non fanno altro che indebolirla.

L’operazione Trump: la grande vittoria di Putin

La strategia di Putin è chiara. Non ha bisogno di carri armati, né di una nuova corsa agli armamenti. Ha semplicemente piazzato la pedina giusta al posto giusto e ha lasciato che l’America facesse tutto da sola.

Il risultato è che oggi gli Stati Uniti sono più isolati di quanto non lo siano mai stati. Le alleanze tradizionali sono in crisi, la NATO è meno stabile, l’Unione Europea guarda con sospetto a Washington e i leader mondiali si chiedono fino a che punto si possa ancora considerare gli americani un punto di riferimento affidabile.

Questa non è una guerra tradizionale. Ma è una guerra. E il primo round lo ha vinto Putin.

(Serena Russo)

Prompt: 

Intro: alla faccia di Francis Fukuyama e la fine della storia, in un paio di mesi dall'insediamento di Donald Trump di storia ne stiamo vedendo pure troppa. E difficilmente in senso positivo.

Parte 1: Storicamente, è raro vedere una grande potenza autodistruggersi pacificamente senza entrare in conflitti disastrosi, e ancor più raro è vederla svendersi a un rivale che desidera distruggerla. Questo è esattamente ciò che sembra stia accadendo con gli Stati Uniti sotto l'influenza di Trump e dei suoi seguaci, che possono essere visti come i "pod people" della Russia, un riferimento al film "L'Invasione degli Ultracorpi" di Don Siegel. Indipendentemente dal significato attribuito al film, che può essere interpretato come una critica al maccartismo o al comunismo, la strategia di Putin ricorda quella delle cellule tumorali o dei virus che si infiltrano nel genoma della cellula ospite.

PArte 2: Da un punto di vista strategico, questa rappresenta una delle vittorie più spettacolari nella storia della politica internazionale, incarnando perfettamente il concetto di Sun Tzu di sconfiggere il nemico senza combattere. Nonostante qualcuno possa citare il caso dell'URSS dopo la caduta del Muro di Berlino, la situazione non è esattamente comparabile. L'Unione Sovietica, infatti, era in condizioni economiche disastrose nel 1989, a differenza degli Stati Uniti contemporanei. Inoltre, Gorbaciov non mirava a trasformare l'URSS in una democrazia liberale, ma piuttosto in qualcosa di simile ai piani di Beria durante il suo breve interregno dopo la morte di Stalin, prima di essere giustiziato a seguito del golpe di Krusciov e Zhukov.

Parte 3: Un esempio più pertinente potrebbe essere la Cina, che ha effettuato una transizione da un'economia pianificata a una di mercato in modo molto accorto.

Parte 4: la strategia di Putin di infiltrarsi e influenzare gli Stati Uniti attraverso figure come Trump rappresenta una vittoria strategica senza precedenti, dimostrando come sia possibile sconfiggere un nemico senza ricorrere alla guerra tradizionale.

Articolo: intro, parte 1, parte 2, parte 3, parte 4. Approfondisci dove ritieni necessario.

Assumendo la personalità e lo stile di scrittura di Serena Russo, scrivi un articolo tagliente e brillante.

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