Europa, riarmo e assemblee d’istituto permanenti

La domanda mi ha colta a guardia abbassata:
“Non sei preoccupata per il riarmo dell’Europa?”
Maledetto espresso macchiato! Ma non la canzone (che pure, ammettiamolo, ha il suo perché), quello buonissimo che stavo sorseggiando da Marchesi, pregustando un momento di puro edonismo pre-prandiale. E invece niente. Sorseggio interrotto. Sguardo perplesso. Tasto pausa sul piacere della caffeina e via con l’ennesima discussione su “cosa ne sarà di noi”, a metà tra il convegno di geopolitica e un post di Facebook del 2013.

Assemblea d’istituto permanente: edizione riarmo

Dunque, ricapitoliamo il format. Ogni volta che il tema sicurezza torna in agenda, parte la playlist automatica, la stessa dal G8 di Genova in poi:

🔹 “Spendiamoli nella scuola e nella sanità!”
🔹 “Perché non tassiamo i super-ricchi?” (Variante: “Noi siamo il 99 per cento!”, che ormai suona come un pezzo vintage di Occupy Wall Street)
🔹 “Siamo per l’Europa della cultura, non per l’Europa degli eserciti!”
🔹 “Vacci tu, sul fronte!” (Questa è evergreen, la sentivano anche i crociati in partenza per Gerusalemme)
🔹 “Il neoliberismo ha bisogno della guèra per sopravvivere!” (Scritto rigorosamente con la “e” aperta, altrimenti non vale)
🔹 “Di quelli con la divisa non c’è da fidarsi mai” (Né del controllore dell’ATM, né del vigile urbano, figurarsi di un generale della NATO)
🔹 “La pace si costruisce col welfare!” (E pure con un bel caminetto, della cioccolata calda e un libro di Amartya Sen)
🔹 “Chi compra le armi vuole fare la guèra!” (Come dire che chi compra un preservativo vuole per forza ripopolare la Terra)
🔹 “I signori della guèra vogliono tagliare la spesa sociale col pretesto della guèra per privatizzare tutto!” (Argomentazione un po’ sovraccarica, ma sempre di sicuro effetto)

Fin qui, tutto prevedibile. La verità è che per alcuni l’assemblea d’istituto non è mai finita. C’è gente che continua a vivere nella perenne illusione che il mondo sia regolato da mozioni votate per alzata di mano, con l’opzione “mettiamoci tutti seduti in cerchio e troviamo un’alternativa al capitalismo”. Un’intera generazione è rimasta bloccata in uno stato mentale da corteo studentesco, con le stesse identiche parole d’ordine, solo con più filtri Instagram e un’abbonamento al New Yorker per darsi un tono.

Riarmo, ma con criterio (si spera)

Il problema, semmai, è come ci riarmiamo, perché come al solito l’Europa non riesce a fare nulla senza somigliare a una commedia degli equivoci. Abbiamo 27 paesi, 27 eserciti, 27 politiche di difesa, 27 ego diplomatici da gestire e, ovviamente, zero voglia di risolvere il problema alla radice.

Dunque, il piano RiarmEurope è questo: 800 miliardi di euro che saranno distribuiti ad minchiam, con ogni stato che li spenderà per favorire le proprie imprese, gonfiare la propria economia e, incidentalmente, rafforzare le proprie forze armate in ordine sparso. Un po’ come se in un condominio ciascuno decidesse di comprare l’antifurto che preferisce, senza pensare che magari sarebbe utile avere una portineria decente.

Di esercito comune, ovviamente, non si parla nemmeno. Perché per averlo bisognerebbe anche decidere chi lo comanda e in base a quali direttive. E qui cascano tutti gli asini: francesi, tedeschi, polacchi, italiani, tutti convinti di avere la strategia migliore e nessuno disposto a cedere sovranità. Alla fine, l’Europa è come quei gruppi di amici che parlano per settimane di fare un viaggio insieme ma non trovano mai l’accordo su date, destinazioni e budget. E alla fine ognuno parte per conto suo.

Risultato?
Un’Europa che si riarma, sì, ma a compartimenti stagni, senza una visione unitaria e con un sacco di soldi pubblici che finiscono nel solito vortice di inefficienza, sprechi e commesse assegnate con lo stesso rigore morale con cui si scelgono i vincitori di Sanremo.

Insomma, il solito capolavoro europeo: o l’assemblea d’istituto o il caos burocratico. E nessuno che provi a immaginare qualcosa di nuovo.

(Margherita Nanni)

Prompt:

Intro: la domanda mi ha colta a guardia abbassata: "non sei preoccupata per il riarmo dell'Europa?". Maledetto espresso macchiato! Ma non la canzone, quello, buonissimo, che stavo sorseggiando da Marchesi.

Parte 1: "Spendiamoli nella scuola e nella sanità!"; "Perché non ricaviamo i soldi tassando i super-ricchi? Noi siamo il 99 per cento!"; "Siamo per l'Europa della cultura, non per l'Europa degli eserciti!"; "No agli intellettuali con l'elmetto!"; "Vacci tu, sul fronte!"; "Not in my name!"; "Il neoliberismo ha bisogno della guèra per sopravvivere!"; "Facciamo solo un favore all'industria bellica!"; "Sì all'internazionalismo dei popoli, no a quello degli stati maggiori"; "Di quelli con la divisa non c'è da fidarsi mai"; "L'unico antidoto alla guèra è la cultura!"; "La pace si costruisce col welfare!"; "La guèra è un rituale primitivo tra maschi tossici, se governassero le donne non ci sarebbe!"; "Chi compra le armi vuole fare la guèra!"; "Ci vuole un movimento pacifista dal basso!"; "I signori della guèra vogliono tagliare la spesa sociale col pretesto della guèra per privatizzare tutto!"

Parte 2: suona la campanella, tutti fuori. Ovvero: l'assemblea d'istituto è uno stato mentale permanente e pochi ne escono davvero.

Parte 3: semmai il problema è come ci riarmiamo. L'Europa ha solo 27 punti di vista, altrettante politiche e altrrttante forze armate. Difatti RiarmEurope segue questa linea: 800 miliardi che saranno distribuiti ad minchiam, e che ogni stato spenderà a vantaggio delle proprie imprese, per sostenere la propria economia. Di esercito comune non si parla, perché bisognerebbe anche specificare chi lo comanda e secondo quale indirizzo. E qui cascano tutti gli asini.

Articolo: intro, parte 1, parte 2, parte 3.

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