Democratizzazione e pace: la lezione di Pannella

Marco Pannella, anni fa, disse una cosa che mi rimase impressa, ma che venne sorprendentemente ignorata: il pacifismo è un’ideologia dannosa quanto nazismo e comunismo. Una frase che sembra provocatoria, ma che racchiude una verità brutale. La pace non è un’assenza di guerra, ma il risultato di un processo attivo: la democratizzazione. E la democratizzazione, piaccia o meno, non avviene solo con la diplomazia, ma anche con la forza.

Pannella era un radicale nel senso più puro del termine: credeva che la difesa del mondo libero fosse una necessità, che le liberaldemocrazie fossero l’unica condizione possibile per una pace duratura. E la storia gli dà ragione. Non ci sono state guerre tra democrazie nell’ultimo secolo. Il problema è che non si può semplicemente predicare la democrazia sperando che prenda piede da sola, soprattutto di fronte a regimi che considerano la libertà un ostacolo da schiacciare.

Tutto questo dovrebbe essere ovvio per chi si definisce progressista e difensore dei diritti umani. E invece no. Perché davanti all’aggressione russa in Ucraina, la sinistra ha scelto la strada della complessità invece di quella della giustizia. E questo la sta portando alla rovina.

La debacle irreversibile della sinistra

Il conflitto in Ucraina ha segnato un punto di non ritorno per la sinistra, soprattutto quella italiana. Da sempre pronta a scendere in piazza contro gli Stati Uniti e la NATO, questa volta si è trovata a disagio. L’invasione russa non era una guerra condotta da Washington, quindi non si adattava al copione abituale. E così, invece di schierarsi con la vittima – come la sua storia imporrebbe – ha scelto di balbettare sulla complessità della situazione.

Quando l’America invase l’Iraq, la sinistra riempì le piazze. Quando la Russia ha invaso l’Ucraina, il dibattito si è spostato su cosa Kiev avrebbe dovuto concedere per “fermare la guerra”. Non il ritiro immediato delle truppe russe – no, quello non è stato chiesto con la stessa fermezza. Piuttosto, si sono moltiplicati i discorsi sulla necessità di trattare, di mediare, di trovare un compromesso. Cioè: cedere territori e vite umane a Putin.

Una posizione che non solo tradisce il DNA stesso della sinistra, ma che ignora i principi fondamentali sanciti dall’ONU e dalle convenzioni internazionali. Il diritto di un popolo all’autodeterminazione, l’inviolabilità dei confini, la difesa della libertà. Tutti concetti sacrificati sull’altare della realpolitik da divano, quella che scambia l’equidistanza per intelligenza.

Né con la NATO né con Putin? No, grazie

La prima grande manifestazione della sinistra pacifista, dopo l’invasione russa, si svolse sotto uno slogan che dice tutto: “né con la NATO né con Putin”. Un capolavoro di vigliaccheria travestito da neutralità. Non un accenno al ritiro delle truppe russe. Non una richiesta chiara di sostegno a chi si difendeva. Solo un mantra che metteva sullo stesso piano l’aggressore e l’aggredito.

E così, mentre il resto d’Europa si ricompattava nel sostegno all’Ucraina, in Italia la sinistra scivolava verso una posizione pericolosamente simile a quella della destra sovranista. Lo stop all’invio di armi, il ripristino delle relazioni con Mosca, la necessità di una soluzione diplomatica che coincidesse con le richieste del Cremlino.

La sinistra si è trovata più vicina all’oppressore che all’oppresso. Ha assecondato le pretese territoriali di Putin, ha disconosciuto diritti fondamentali, ha trasformato la resistenza ucraina in un fastidio da gestire piuttosto che in una battaglia da sostenere.

Nel frattempo, il mondo andava avanti. E la sinistra italiana? Sempre più frammentata, con gruppi in conflitto tra loro, incapace di trovare una linea comune che non fosse il solito pacifismo da cartolina. Mentre in Ucraina la gente moriva sotto le bombe, qui si discuteva se fosse più importante la difesa della libertà o il rischio di “provocare” la Russia.

Una ricostruzione difficile, forse impossibile

Ricostruire un senso di appartenenza dopo questo disastro sarà arduo. E probabilmente non toccherà alla sinistra di oggi, ma alle prossime generazioni.

Perché i tempi sono duri. Viviamo in un’epoca in cui il pacifismo non è più sinonimo di giustizia, ma di paralisi. Dove il rifiuto della guerra si trasforma in un via libera per chi la guerra la fa senza chiedere permesso.

La sinistra ha dimenticato che la pace non è uno stato naturale, ma un obiettivo da conquistare. E che senza la difesa della libertà, senza la lotta contro le dittature, senza il coraggio di schierarsi apertamente, la pace è solo un’illusione.

Pannella lo aveva capito. Ma chi ha il coraggio di dirlo oggi?

(Serena Russo)

Prompt:

Intro: Marco Pannella, anni fa, disse una cosa che ti rimase molto impressa ma che fu sorprendentemente ignorata: il pacifismo è un'ideologia dannosa quanto nazismo e comunismo. La pace non si ottiene solo con la diplomazia, ma anche con la democratizzazione, un processo lungo e continuo. Pannella credeva che difendere il mondo libero con la guerra fosse necessario per garantire la pace, poiché le liberaldemocrazie sono l'unica condizione possibile per la pace tra le nazioni. Non ci sono state guerre tra democrazie nell'ultimo secolo, e si cerca di espandere la democratizzazione senza imporla dall'esterno. Il pensiero di Pannella dovrebbe ispirare tutte le forze democratiche.

parte 1: Il conflitto in Ucraina ha segnato una debacle irreversibile per la sinistra, soprattutto quella italiana. A differenza di altre situazioni, come il conflitto USA/Iraq, la sinistra non ha manifestato né chiesto il ritiro delle truppe russe, condizione essenziale per la pace. Di fronte all'aggressione russa, ha preferito predicare la complessità senza schierarsi con l'oppresso, contrariamente al suo DNA. Ha auspicato soluzioni che prevedessero la cessione di territori ucraini alla Russia, ignorando i diritti fondamentali sanciti dall'ONU.

parte 2: La prima grande manifestazione dopo l'invasione si è svolta con lo slogan "né con la NATO né con Putin", senza chiedere il ritiro delle truppe russe. In tre anni, non ci sono state manifestazioni a sostegno di questa richiesta, e i discorsi si sono concentrati sulla ricerca di una composizione che favorisse la Russia. La sinistra si è trovata più dalla parte dell'oppressore, assecondandone le pretese territoriali, e ha disconosciuto diritti fondamentali. Parte della sinistra ha assunto posizioni coincidenti con l'estrema destra, come lo stop all'invio di armi in Ucraina e il ripristino delle relazioni con la Russia. Queste richieste sono condivise anche da Putin. La sinistra è frammentata in gruppi con linee diverse, in conflitto tra loro.

parte 3: Ricostituire un'appartenenza dopo questo disastro sarà arduo e spetterà alle prossime generazioni. Sono tempi duri.

Articolo: intro, parte 1, parte 2, parte 3. Approfondisci dove ritieni necessario.

Assumendo la personalità e lo stile di scrittura di Serena Russo, scrivi un articolo tagliente e brillante.


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