
I programmi ambassador stanno spopolando sui social come l’ultima grande trovata di marketing virale. Funzionano così: ti promettono prodotti gratuiti, visibilità e l’esclusiva opportunità di far parte di un’élite di influencer selezionati. In cambio, basta qualche repost, un po’ di entusiasmo sui social e, a volte, un piccolo contributo per “spese di spedizione” o altri costi nascosti.
Tutto suona piuttosto allettante, no? Ricevere gioielli di lusso senza sborsare un centesimo, fare sfoggio di stile e magari anche guadagnare qualcosa con codici sconto personalizzati. Ma c’è un problema: dietro questa patina di esclusività si nasconde spesso una strategia di marketing poco trasparente, un gioco in cui il vero protagonista non è il prestigio, ma il portafogli degli stessi ambassador.
Proprio per questo ho deciso di infilarmi nella tana del coniglio e scoprire cosa si cela dietro queste offerte scintillanti. Ed è qui che entra in scena Lella Di Nosauro.
Chi è Lella Di Nosauro?
Lella Di Nosauro non esiste. O meglio, esiste solo nella mia indagine. È il profilo fake che ho creato per infiltrarmi in uno di questi programmi ambassador e testarne il funzionamento. Nome d’arte volutamente improbabile, profilo social appena creato, zero post e nemmeno un’ombra di credibilità come influencer.
Se questi programmi fossero davvero selettivi, Lella sarebbe stata ignorata come un piccione a un matrimonio. Ma come vedremo, è stata accolta a braccia aperte.
Benvenuta, Lella! (E porta il portafogli)
Dopo aver scovato su TikTok un noto micro-brand di gioielli che promuoveva il suo esclusivo “Programma Ambassador VIP”, ho deciso di provare. Bastava compilare un modulo con i dati di Lella e attendere una selezione rigorosa… che, sorpresa sorpresa, non c’è mai stata.
Dopo appena pochi minuti, una mail trionfale annunciava che Lella era stata accettata nel programma. Nessun controllo, nessuna verifica del profilo, nessuna domanda su competenze o pubblico. Il che già lasciava intuire che la qualità degli ambassador non fosse esattamente la priorità del brand.
A questo punto, Lella ha ricevuto il link per il suo “ordine gratuito”. Già pregustava l’arrivo del suo scintillante pacco omaggio, quando ecco la sorpresa: per ricevere i gioielli, avrebbe dovuto pagare 19,90 euro di spese di spedizione.
Ora, non serve un genio della finanza per capire che “gratuito” e “19,90 euro” nella stessa frase non funzionano benissimo. Ma era solo l’inizio.
Lusso low-cost (che puoi trovare su AliExpress a due spicci)
A questo punto, la curiosità ha preso il sopravvento. Che valore avevano davvero questi gioielli? Per scoprirlo, ho fatto una rapida ricerca per immagini e ho trovato una sorpresa ancora più brillante dei bijoux in questione: gli stessi identici prodotti erano venduti su AliExpress e Alibaba per cifre irrisorie.
Esempio pratico:
- Collana “Luxury Elegance” sul sito del brand: 30 euro
- Stesso identico prodotto su AliExpress: 2,50 euro
A questo punto il puzzle era quasi completo: i gioielli non erano “esclusivi” né “di lusso”, ma prodotti di massa acquistabili all’ingrosso per pochi euro. Il brand non faceva altro che rivenderli a prezzo gonfiato, mascherandoli da articoli di alta qualità.
E quel piccolo contributo per la spedizione? Probabilmente era già sufficiente a coprire il costo del prodotto stesso, con tanto di margine di guadagno.
Il trucco del dropshipping
Qui entra in gioco il modello di business noto come dropshipping. In poche parole, il brand non possiede fisicamente i prodotti, non ha magazzini né produzione diretta. Si limita a fare da intermediario tra fornitori cinesi e clienti occidentali, rivendendo gli articoli con un ricarico che spesso supera il 1000%.
Non c’è nulla di illegale nel dropshipping in sé, ma il problema sta nella falsa narrazione che viene costruita intorno a questi prodotti. L’utente viene convinto di entrare in un circolo esclusivo, mentre in realtà sta semplicemente acquistando merce industriale a prezzo maggiorato.
L’illusione del club VIP (e la strategia psicologica dietro)
Ma se il programma ambassador non offre veri vantaggi, perché così tanti utenti ci cascano? Semplice: gioca su due elementi psicologici molto potenti.
- L’illusione di esclusività – Ricevere un’email che ti definisce “VIP” fa sentire speciali. Anche se migliaia di altre persone ricevono lo stesso trattamento, il cervello interpreta l’esperienza come un riconoscimento.
- La pressione sociale – Gli ambassador, per sentirsi parte di questa “élite”, iniziano a condividere i loro acquisti e a pubblicizzare i prodotti. Il passaparola fa il resto, attirando nuove persone nel ciclo.
Risultato? Gli utenti finiscono per pagare per sentirsi privilegiati, senza rendersi conto che il vero VIP in questa storia è solo il brand, che incassa senza sforzo.
Come evitare di farsi abbindolare
Se c’è una lezione da imparare, è questa: prima di aderire a un programma ambassador, fate qualche ricerca.
- Cercate i prodotti online: usate la ricerca per immagini per verificare se sono disponibili su altri siti a prezzi più bassi.
- Controllate le recensioni indipendenti: spesso si trovano segnalazioni di esperienze negative da parte di altri utenti.
- Diffidate delle spese di spedizione elevate per articoli “gratuiti”: è un trucco classico per mascherare un acquisto vero e proprio.
- Ricordate che la vera esclusività non si regala a chiunque: se siete stati accettati senza alcuna selezione, non siete ambasciatori. Siete clienti.
I programmi ambassador possono sembrare una scorciatoia per ottenere prodotti gratis e sentirsi parte di un mondo glamour, ma spesso sono solo un’abile strategia per far pagare ai clienti l’illusione del prestigio.
Alla fine, il vero ambassador VIP di questa storia è stato Lella Di Nosauro, che ci ha ricordato una cosa fondamentale: se una cosa sembra troppo bella per essere vera, probabilmente lo è.
(Giancarlo Salvetti)
Prompt:
Intro: I programmi ambassador stanno spopolando sui social, attirando utenti con la promessa di prodotti gratuiti in cambio di qualche repost. Ma dietro questa tendenza si nasconde spesso una strategia di marketing poco trasparente. Proprio per questo ho deciso di dare un'occhiata da vicino.
parte 1: dopo aver creato un profilo falso a nome Lella Di Nosauro, hai provato a iscriversi al programma Ambassador VIP di un micro-brand di gioielli molto popolare su TikTok. Senza alcuna selezione, è stata accettata immediatamente, segno che l'interesse del brand non era sulla qualità degli ambassador, ma sui numeri. Dopo essere stata accettata, ha ricevuto un link per il suo “ordine gratuito”. Tuttavia, i gioielli non erano realmente gratis: servivano 19,90 euro di spese di spedizione.
parte 2: Curioso sulla qualità dei prodotti, ho fatto una ricerca per immagini e ha scoperto che gli stessi gioielli erano in vendita su AliExpress e Alibaba a prezzi irrisori (es. 2,50€ contro i 30€ dello shop del brand).
parte 3: Questa strategia segue il modello del dropshipping: il brand non possiede fisicamente i prodotti, ma li acquista da fornitori terzi, rivendendoli a prezzi maggiorati. Gli utenti vengono attirati dalla promessa di esclusività, ma in realtà ricevono articoli di produzione industriale facilmente reperibili online.
parte 4: Il programma ambassador non offre veri vantaggi, ma sfrutta l’illusione di essere parte di un club esclusivo per spingere i partecipanti a pagare per prodotti di scarso valore. La vera strategia è convincere i partecipanti a coprire le spese e magari acquistare altri articoli a prezzi gonfiati.
parte 5: Prima di aderire a un programma ambassador, è fondamentale fare una ricerca sui prodotti offerti. Dietro la promessa di gioielli gratuiti, si nascondono spesso strategie di marketing discutibili che sfruttano il desiderio di apparire e ottenere visibilità online.
Articolo: intro, bio1, parte 1, parte 2, parte 3, parte 4, parte 5. Approfondisci dove necessario.
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