Le contraddizioni di Trump: mancano le basi dell’economia

“The most economically illiterate speech I have ever heard”, ovvero “Il discorso economicamente più analfabeta che abbia mai sentito”: così qualcuno ha commentato l’ultima trovata di Donald Trump durante il suo “Liberation Day”. Dopo averlo ascoltato, non posso fare a meno di concordare.

Nella sua eterna crociata contro il libero mercato – un concetto che, ironicamente, dovrebbe essere caro ai repubblicani – Trump ha annunciato nuovi dazi su una lunga lista di prodotti stranieri. La retorica è la solita: proteggere l’industria americana, punire i paesi “sleali” e, soprattutto, dimostrare agli elettori che lui è l’uomo forte che tiene testa al mondo intero. Il problema? Ogni frase del suo discorso è una contraddizione.

Il “Giorno della Liberazione” e l’illusione protezionista

Trump ha proclamato l’introduzione di nuovi dazi sulle importazioni, che si aggiungono a quelli già in essere. L’idea di fondo è chiara: se tassiamo i prodotti esteri, la produzione tornerà negli Stati Uniti e i lavoratori americani ne beneficeranno.

Ora, chiunque abbia una minima conoscenza di economia sa che i dazi non sono una bacchetta magica. Certo, possono scoraggiare le importazioni, ma spesso il loro effetto è un aumento dei prezzi per i consumatori, non un’improvvisa rinascita industriale. Ma Trump non sembra preoccuparsene: la sua narrazione è semplice e binaria, un noi contro loro che ignora qualsiasi complessità.

“I prezzi non aumenteranno, ma la domanda si sposterà”: quale delle due?

Uno dei momenti più assurdi del discorso di Trump è stato quando ha affermato che i nuovi dazi non causeranno un aumento dei prezzi perché i produttori stranieri assorbiranno i costi. Ma, nello stesso discorso, ha anche detto che i dazi sposteranno la domanda verso la produzione americana.

Ora, fermiamoci un momento e analizziamo questa logica. Se i prezzi delle importazioni non aumentano, perché mai i consumatori dovrebbero smettere di comprarle e passare ai prodotti americani? Se invece i prezzi aumentano, allora è chiaro che il costo verrà scaricato sui consumatori, contraddicendo la prima affermazione. Insomma, o i produttori stranieri subiscono il colpo, oppure i consumatori americani pagano di più. Le due cose non possono essere vere contemporaneamente.

“I dazi porteranno grandi entrate (a patto che le importazioni non crollino)”

Un’altra perla: Trump ha dichiarato che i dazi genereranno enormi entrate per lo Stato. Peccato che, se il suo piano funzionasse davvero e le importazioni diminuissero drasticamente, non ci sarebbe poi molto da tassare.

L’idea che si possano fare soldi con i dazi e allo stesso tempo eliminare le importazioni è una contraddizione palese. Se si tassano molte importazioni, allora sì, le entrate aumentano. Ma se le importazioni si riducono a causa dei dazi, allora le entrate si ridurranno di conseguenza. È una semplice equazione che non richiede un Nobel per l’economia per essere compresa.

L’era della fedeltà personale (e dell’incompetenza)

Di solito, i governi e i partiti cercano di circondarsi di persone competenti, anche quando queste non sono perfettamente allineate con la leadership. La ragione è ovvia: chiunque si occupi di politiche economiche serie sa che servono esperti con esperienza nel settore, non solo persone che annuiscono entusiasticamente a ogni decisione del capo.

Nell’amministrazione Trump, però, funziona diversamente. La competenza è un optional, la fedeltà è tutto. Questo spiega perché nel suo governo abbiano trovato spazio così tanti personaggi improbabili, spesso privi di una vera preparazione in materia, economica e non. Il risultato è un processo decisionale in cui non conta il rigore analitico, ma solo l’umore del presidente. E così si finisce con una politica commerciale fatta più di istinti e slogan che di strategia.

La guerra commerciale è inevitabile (e Trump non cambierà mai idea)

Non c’è un piano segreto dietro i dazi di Trump. Non c’è un disegno più ampio, una strategia sottile. Tutto si basa sulla sua convinzione personale che l’America possa “intimidire” il resto del mondo affinché si pieghi alle sue richieste.

Il problema è che la maggior parte dei partner commerciali degli Stati Uniti non è disposta a cedere. L’Unione Europea, la Cina e molti altri paesi hanno già dimostrato in passato di essere pronti a rispondere colpo su colpo. Il risultato? Una guerra commerciale che rischia di danneggiare proprio gli stessi settori americani che Trump afferma di voler proteggere.

E qui arriva il vero nodo della questione: anche se la strategia dei dazi dovesse rivelarsi fallimentare, Trump non cambierà rotta. Perché? Perché i suoi consiglieri non lo contraddiranno mai. Gli diranno che tutto sta andando alla grande, che i dazi stanno funzionando, che l’economia americana è più forte che mai. E lui continuerà a crederci, indipendentemente dalla realtà dei fatti.

Il protezionismo emotivo di Trump

In teoria, il protezionismo ha una logica. Può essere usato in modo strategico, con obiettivi chiari e misurabili. Ma quello di Trump non è protezionismo strategico: è protezionismo emotivo. È una reazione istintiva, un riflesso di diffidenza verso il mondo esterno, una nostalgia per un passato industriale che non può più tornare nelle stesse forme.

I dazi non sono un rimedio miracoloso, e non basta ripetere slogan sulla “grandezza dell’America” per far tornare le fabbriche degli anni ’50. Le economie moderne sono interconnesse, e pensare di risolvere le sfide del commercio globale con soluzioni semplicistiche è un errore che costerà caro agli Stati Uniti.

Ma forse il punto è proprio questo: non si tratta di politiche economiche razionali, si tratta di una narrazione elettorale. La realtà, come spesso accade, verrà dopo. E quando i danni si faranno sentire, probabilmente la colpa verrà data a qualcun altro.

(Emma Nicheli)

Prompt:

Intro: 'The most economically illiterate speech I have ever heard": così qualcuno ha commentato il discorso tenuto ieri da Donald Trump per il suo "Liberation Day". Dopo averlo ascoltato, non posso fare a meno di concordare.

parte 1: nel "Giorno della Liberazione" Trump ha annunciato nuovi dazi, che si aggiungono a quelli già in essere. Le contraddizioni sono tante.

parte 2: Trump sostiene che i dazi non aumenteranno i prezzi perché i produttori stranieri assorbiranno i costi. Allo stesso tempo, afferma che i dazi sposteranno la domanda verso la produzione interna. Tuttavia, se i prezzi delle importazioni non aumentano, i consumatori non avrebbero motivo di passare ai prodotti domestici. Questa incoerenza mette in dubbio l'efficacia della politica tariffaria.

parte 3: Trump afferma che i dazi genereranno grandi entrate. Tuttavia, se le importazioni diminuiscono significativamente, non ci saranno molte entrate da tassare. Questa seconda contraddizione evidenzia ulteriormente l'incoerenza della strategia tariffaria.

parte 4: la logica dietro i dazi di Trump è completamente insensata. In genere i governi e i partiti tendono a reclutare persone con una certa reputazione professionale, anche se ciò significa ascoltare opinioni contrarie. Ma nell'amministrazione Trump la lealtà personale è più importante della competenza, come dimostra l'elevato numero di incompetenti nelle posizioni chiave. La mancanza di esperti indipendenti e competenti porta a politiche basate sui sentimenti personali di Trump piuttosto che su analisi informate.

parte 5: non c'è un'agenda segreta dietro i dazi di Trump, perché non ci sono persone con la conoscenza o l'indipendenza necessarie per elaborare un tale piano. Tutto si basa sui sentimenti di Trump, che preferisce spaventare perché i paesi si pieghino alle sue richieste. Poiché la maggior parte dei partner commerciali non è disposta a cedere, una guerra commerciale sembra inevitabile. Anche se la strategia dei dazi dovesse fallire, Trump probabilmente non cambierà rotta, poiché i suoi consiglieri continueranno a dirgli che tutto sta andando bene.

Articolo: intro, parte 1, parte 2, parte 3, parte 4, parte 5; approfondisci dove ritieni necessario.

Assumendo la personalità di Emma Nicheli, scrivi un articolo approfondito, con tono serio ma gradevole, non privo di una certa ironia.

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