
Quando non si ha nulla da dire, ma qualcosa si deve pur dire, avanti con le dichiarazioni a effetto. E no, per una volta non sto parlando di Donald Trump.
Il protagonista del giorno è Emmanuel Macron, che, in una performance da palcoscenico, ha annunciato che la Francia potrebbe riconoscere lo Stato palestinese già a giugno. Applausi a scena aperta. Poi però cala il sipario, e ci si accorge che il palco è vuoto. Nessuna proposta concreta, nessuna iniziativa diplomatica reale, nessuna strategia. Solo una frase a effetto pensata per fare titoli e contentini.
LA FRANCIA E IL SUO STORICO BRIVIDO ANTISIONISTA
La reazione di Israele è stata immediata, e non certo sorprendente. Perché dietro le parole di Macron non si cela alcun piano pratico, ma solo ideologia e calcolo politico. La Francia ha un’antica e robusta inclinazione alla diffidenza – per non dire ostilità – verso Israele. Non è una novità.
Basti ricordare Charles de Gaulle, che nel bel mezzo della Guerra dei Sei Giorni non solo condannò Israele, ma bloccò anche l’invio di armi già pagate. Un gesto che nel gergo tecnico si chiama “pugnalata alla schiena”, e che ha segnato i rapporti tra i due paesi fino a oggi.
Macron conosce benissimo il valore (o meglio, l’inconsistenza) del suo annuncio. Ma serviva un titolo, una posizione da sbandierare nei salotti progressisti d’Europa. E poco importa se, nella sostanza, quel riconoscimento non sposta nulla.
BISOGNO DI REALTÀ, NON DI SIMBOLISMI
Nel frattempo, però, Gaza brucia. E non da ieri. Sono passati ormai quasi diciotto mesi dall’inizio del conflitto, e il punto è sempre lo stesso: Hamas non è stato sconfitto.
Una guerra infinita, che logora tutti – israeliani, palestinesi, osservatori e commentatori. E che rischia, tra sei mesi esatti, di trovarci al punto di partenza. Ottobre 2025: anniversario del massacro del 7 ottobre. Pochi giorni prima delle elezioni israeliane. Tutto ancora in bilico. Nessuna soluzione sul tavolo. Solo il caos.
Macron, anziché giocare con dichiarazioni simboliche, dovrebbe preoccuparsi di un risultato chiaro e definitivo: la sconfitta totale di Hamas. Perché questo è il nodo politico, morale e strategico.
UN RICONOSCIMENTO CHE SERVIREBBE DAVVERO
Il vero riconoscimento di cui si sente un disperato bisogno, invece, è di un’entità palestinese che non sia Hamas. Che non si ispiri a un’ideologia islamista, misogina e repressiva. Un’entità che possa davvero rappresentare i palestinesi, senza minacciarne i vicini e senza usare i bambini come scudi umani.
Perché Hamas non è “la resistenza”. Hamas è un’organizzazione terroristica che ha reso la Striscia di Gaza un laboratorio dell’orrore. E come ISIS e Al Qaeda, merita lo stesso destino: la dissoluzione politica, il discredito storico, la totale scomparsa.
E qui arriva la parte più interessante – e più ignorata. Perché in questi giorni in Palestina si protesta contro Hamas. Non contro Israele, non contro l’Occidente, ma contro quel regime che ha ridotto la popolazione a ostaggio permanente di un’agenda suicida.
Ora, uno si aspetterebbe che proprio Macron, tanto sensibile ai diritti, cogliesse la palla al balzo. Che dicesse: “Ecco, noi siamo pronti a riconoscere uno Stato palestinese guidato da una leadership nuova, moderata, espressione delle piazze, non delle milizie”.
Invece nulla. Silenzio. Perché riconoscere chi contesta Hamas significherebbe sporcarsi le mani con la realtà. Sarebbe troppo complicato. Troppo concreto. Meglio restare nel mondo delle frasi a effetto.
IL GRAN TEATRO DELL’OCCIDENTE
Così continua il grande spettacolo della diplomazia europea, dove si recita senza copione ma con grande convinzione. Il dramma? Che mentre a Parigi si fanno dichiarazioni inutili, a Gaza e Tel Aviv si continua a morire.
Ma tranquilli: a giugno ci sarà forse un bel riconoscimento simbolico. Con tanto di tweet, conferenza stampa e applausi automatici.
Per tutto il resto, ci si aggiorna alla prossima tragedia.
(Serena Russo)
Prompt:
Intro: quando non si ha nulla da dire, ma qualcosa si deve pur dire, avanti con le dichiarazioni a effetto. E non sto parlando di Donald Trump.
parte 1: L'annuncio di Macron che la Francia potrebbe riconoscere lo Stato palestinese a giugno ha provocato una reazione immediata da parte di Israele. Questa dichiarazione è puramente ideologica e politica, senza effetti pratici, e Macron ne è ben consapevole. Tuttavia, non è sorprendente, dato che la Francia ha sempre mostrato ostilità verso Israele, sin dai tempi di De Gaulle, che durante la Guerra dei Sei Giorni bloccò l'invio di armi già pagate da Israele.
parte 2: Detto ciò, è urgente che la guerra a Gaza finisca e che Hamas venga sconfitto. Dopo un anno e mezzo di conflitto, ottenere un risultato chiaro sarebbe auspicabile e stabilirebbe un punto fermo. Più passa il tempo, più la situazione peggiora. Il prossimo ottobre, a due anni dall'eccidio del 7, c'è il rischio concreto di trovarci nella stessa situazione attuale, poco prima delle elezioni israeliane del 27 - ancora più caos.
parte 3: il riconoscimento di cui ci sarebbe bisogno è di altro tipo - il riconoscimento di un'entità palestinese che NON sia Hamas che, politicamente, non può e non deve essere legittimata. Hamas deve fare la stessa fine dell'ISIS e Al Qaeda, la cui fine nessuno rimpiange. E siccome adesso in Palestina ci sono le manifestazioni contro Hamas, forse sarebbe il caso che Macron e altri lo evidenziassero, dichiarandosi pronti a legittimare un governo palestinese in sintonia con queste manifestazioni. Ma tranquilli, non succederà.
Articolo: intro, parte 1, parte 2, parte 3; approfondisci dove ritieni necessario.
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