
Morto un Papa, se ne fa un altro. E giù fiumi d’inchiostro, tweet, post, stories e perfino TikTok con analisi teologiche da barbiere e commenti ecclesiali da pizzicagnolo. Oggi che tutti si scoprono vaticanisti, sull’onda dell’elezione di Leone XIV – un nome che sa di antico ma che già qualcuno vorrebbe interpretare in chiave “rivoluzionaria” – val la pena di fare un po’ di ordine. Perché, come sempre, quando la realtà si complica, i media semplificano. E lo fanno male.
Il Papa secondo Instagram (e secondo chi non ha mai letto neanche un Vangelo)
Nei media tradizionali e, peggio ancora, nei salotti digitali dei social network, si è diffusa una visione tragicomicamente distorta del ruolo del Pontefice. Leggo titoli da capogiro: “Sarà un Papa pro o anti-Trump?”, “Un progressista come Francesco o un conservatore in stile Ratzinger?”. Come se stessimo scegliendo il nuovo amministratore delegato della multinazionale del cattolicesimo, oppure il frontman di una band ideologica.
Ma attenzione: questa visione è non solo sbagliata, è pericolosamente fuorviante. Il Papa non è né un influencer con la talare né un commissario europeo. Non deve conquistare consensi, piazzare like o rispondere ai sondaggi. Il Papa è, innanzitutto, il Vescovo di Roma e successore di Pietro, guida spirituale di un popolo che, piaccia o no, non ha bisogno di un programma politico, ma di una luce nell’oscurità. Quella luce, oggi come duemila anni fa, è Cristo.
Il Papa non è un parlamentare con la mitra
Siamo giunti al paradosso per cui l’uomo che dovrebbe indicare la via della salvezza è giudicato sulla base delle sue prese di posizione su temi mondani. E allora ci si indigna se non approva l’eutanasia, o se difende la famiglia tradizionale. Ci si entusiasma se parla di ambiente, ma ci si scandalizza se ricorda che l’aborto è peccato mortale. C’è chi vorrebbe un Papa “verde”, chi lo preferirebbe “sovranista”, chi lo sogna “femminista”, chi lo pretende “inclusivo” secondo l’agenda LGBTQ+.
Ma la Chiesa non è una succursale dell’ONU, né un’appendice della Commissione Europea o del Congresso americano. Il Papa non è chiamato a soddisfare le aspettative ideologiche dei fedeli o dei giornalisti. Il suo compito non è fare opposizione a Trump o blandire Biden, né contrastare Meloni o benedire Macron. Il Pontefice, nella sua essenza, non propone modelli economici, ma propone Cristo. Non scrive piani industriali, ma proclama il Vangelo.
Gli uni delusi, gli altri infuriati: e il Papa continua a pregare
I cattolici “progressisti” sognano un Pontefice che apra all’ordinazione femminile, che benedica le unioni omosessuali, che abolisca il celibato e magari, perché no, riscriva il Catechismo con l’hashtag. I conservatori, dal canto loro, vorrebbero un crociato che tuoni contro l’immigrazione, scagli anatemi sull’ideologia woke e magari imponga il latino obbligatorio in tutte le messe.
Ma entrambi dimenticano che il Papa, per come è stato pensato e voluto dalla Tradizione, non può (né deve) essere il portavoce delle loro nostalgie o delle loro battaglie. Il Santo Padre sarà sempre, per vocazione, vicino ai poveri, attento agli ultimi, promotore della pace, della carità e della vita. Non è cambiato con Francesco, non cambierà con Leone XIV. I toni possono variare, lo stile anche, ma la sostanza della dottrina cattolica – che è fede, e non ideologia – resta immutata.
Ecco perché, anche quando Papa Francesco parlava di “ponti” e di “periferie”, non ha mai benedetto le nozze gay, né ha autorizzato il sacerdozio femminile. Chi oggi si aspetta che il nuovo Papa rivoluzioni la dottrina dovrebbe rivedere il proprio concetto di cattolicesimo. E magari tornare a sfogliare il Vangelo, ché a volte – incredibile ma vero – aiuta.
Il Regno dei Cieli non ha una sede a Bruxelles
Qui sta l’errore più antico di tutti: pretendere che il cristianesimo sia un progetto politico. È un malinteso che risale ai tempi di Gesù, quando molti si aspettavano che liberasse Israele dai Romani. Ma Lui, con tutta la forza del Verbo fatto carne, li spiazzò: “Il mio Regno non è di questo mondo”. Che tradotto in termini moderni significa: non cercate nei Papi quello che dovreste trovare nei parlamenti.
Il Papa non è venuto per risolvere le crisi bancarie, né per riscrivere la geopolitica. Non è un presidente, non è un giudice costituzionale, non è un opinionista da talk show. È un pastore. E il pastore non si adegua alla moda del momento. Conduce il gregge verso il bene eterno, anche a costo di sembrare anacronistico, anche se il mondo – e anche molti fedeli – vorrebbero un altro tipo di pastore. Magari uno più “inclusivo”, uno che non parli di peccato, uno che dica che tutto va bene, basta volersi bene.
Ma la verità – quella vera, non quella algoritmica – è un’altra. E il Papa, se è Papa davvero, non può che indicarla. Anche quando brucia.
Meno hashtag, più catechismo
Certo, viviamo tempi confusi, dove perfino una funzione religiosa viene interpretata in chiave elettorale. Ma se c’è una cosa che dovrebbe insegnarci l’elezione di un Papa è proprio questa: non tutto è politica. Alcune cose – poche ma decisive – sono eternità. Chi oggi pretende che Leone XIV faccia il Premier o il Presidente della Commissione Ue, ha sbagliato porta. Forse ha fatto il catechismo, ma non ha imparato nulla. E se non ha imparato nulla, non è colpa del Papa. È colpa nostra. Anche mia. Anche tua.
Ora basta con gli editoriali. Andate in chiesa. E magari confessatevi.
(Francesco Cozzolino)
Prompt:
Intro: Morto un papa, se ne fa un'altro - certe cose non cambiano mai! Oggi che sono tutti improvvisamente vaticanisti sull'onda dell'elezione di Leone XIV, val la pena di spendere qualche parola sull'elezione di un nuovo papa all'interno dell'agone culturale e politico odierno.
parte 1: sia nei media tradizionali che sui social, si è diffusa una visione distorta del ruolo del Pontefice. L’attenzione si è concentrata su etichette politiche – “pro o anti Trump”, “progressista o conservatore” – come se il Papa fosse un leader di partito o un influencer globale. Ma questa prospettiva è profondamente fuorviante.
parte 2: Il Papa non è chiamato a soddisfare le aspettative ideologiche dei fedeli, né a prendere posizione su temi politici secondo le logiche della destra o della sinistra. È il capo spirituale della Chiesa Cattolica, e il suo compito è guidare i credenti nella fede, non proporre programmi politici o economici.
parte 3: Le aspettative dei cattolici “progressisti” e “conservatori” sono spesso inconciliabili e destinate alla delusione. I primi vorrebbero un Papa che abbracci valori laici come l’eutanasia o i diritti LGBTQ+, mentre i secondi auspicano una figura che combatta l’immigrazione e l’ideologia “woke”. Ma il Papa, per la sua funzione e per la dottrina che rappresenta, non può né vuole essere un attore politico in senso stretto. Il Pontefice sarà sempre favorevole all’accoglienza degli immigrati, contrario all’aborto, pacifista, vicino ai poveri e ai malati, e promotore della preghiera e della carità. Ma non potrà mai benedire i matrimoni omosessuali, né sostenere l’ordinazione femminile o la libertà sessuale come valore in sé. Anche Papa Francesco, spesso considerato “progressista”, ha modificato più i toni che la sostanza della dottrina.
parte 4: il cristianesimo non è un progetto politico, ma un messaggio spirituale: l’annuncio del Regno dei Cieli e la salvezza dell’anima. Pretendere che il Papa si comporti come uno statista è un errore antico, già commesso ai tempi di Gesù, quando molti si aspettavano che liberasse Israele dai Romani. Ma Cristo non era venuto per cambiare le istituzioni, bensì per salvare le anime. Avete fatto tutti catechismo senza imparare nulla!
Articolo: intro, parte 1, parte 2, parte 3, parte 4. Approfondisci dove ritieni necessario.
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