
In un mondo che spesso confonde la diplomazia con il servilismo interessato, la notizia che il presidente degli Stati Uniti – sì, ancora lui, Donald Trump – abbia accettato un Boeing da 400 milioni di dollari come “regalino” personale dall’Emiro del Qatar non ha soltanto sollevato qualche sopracciglio: ha provocato un’onda d’urto che va dall’etica pubblica alla geopolitica, passando per un certo disagio intestinale tra chi ancora crede nelle istituzioni.
Il presidente, lungi dal provare un minimo di imbarazzo (sentimento che gli è ignoto da decenni), avrebbe dichiarato con candida protervia che sarebbe stato “uno stupido a non accettare” un simile dono.
Ecco, in Svezia un ministro si è dimesso per aver comprato il detersivo con la carta aziendale. In Giappone, un funzionario si è scusato in diretta per aver preso il treno con tre minuti di anticipo. E noi qui, a vedere il presidente della (ex) superpotenza mondiale farsi recapitare un jet privato di lusso come fosse un cesto di Natale.
UN JET DA 400 MILIONI, UNA MORALITÀ DA DUE CENTESIMI
In un mondo vagamente civile, un capo di Stato rifiuterebbe doni di tale entità, soprattutto se provengono da emiri che non sono esattamente icone di trasparenza. Ma no, Trump non è tipo da sottilizzare. Per lui è tutto un grande reality: se un principe petrolifero ti manda un Boeing fiammante, lo parcheggi sul prato della Casa Bianca e ringrazi con un tweet maiuscolo.
Ora, diciamolo chiaramente: i regali tra leader non sono mai solo regali. Sono fette di influenza servite su piatti d’oro, tentativi di comprarsi benevolenza, protezione, magari qualche favore sotto banco. E in questo caso il mittente non è Babbo Natale, ma l’Emiro del Qatar, noto tra l’altro per essere uno dei più generosi sponsor di Hamas e altri gruppi jihadisti.
Lo stesso Qatar che ha già investito profumatamente negli USA, comprando, per esempio, l’hotel newyorkese di Steve Witkoff, imprenditore amico di Trump e ospite fisso della sua cerchia più ristretta. Sì, proprio Witkoff: quello che ha parlato direttamente con i vertici di Hamas per negoziare la liberazione di ostaggi e che si spinge a dire che “non sono poi così radicalizzati”.
È il nuovo volto della diplomazia trumpiana: più che una Casa Bianca, una casa di affari.
“UN UOMO DI PACE”. SUL SERIO?
Donald Trump, dal canto suo, ha descritto l’Emiro del Qatar come “un uomo di pace”.
No, non è satira. Lo ha detto davvero.
Un uomo di pace che:
– finanzia gruppi armati attivi nella Striscia di Gaza;
– gioca da decenni un ruolo ambiguo nei negoziati internazionali, spacciandosi per mediatore mentre alimenta il caos;
– acquista influenza globale a colpi di investimenti e regali a sei zeri.
Ma del resto, per un presidente che chiama Kim Jong-un “my friend” e ha tentato di scambiare l’Ucraina per un endorsement elettorale, l’Emiro è davvero in buona compagnia.
QUANDO IL REGALO È CORRUZIONE – STORIA DI UNA TRADIZIONE ANTICA
Accettare doni di lusso mentre si riveste un ruolo di responsabilità pubblica è una pratica che – di norma – si chiama corruzione. È successo, succede e succederà:
- Nicolae Ceaușescu aveva un guardaroba donato dai dignitari di mezzo mondo, mentre affamava il suo popolo;
- Mobutu Sese Seko riceveva jet, diamanti e valigie di contanti da multinazionali e governi amici;
- Silvio Berlusconi, che di doni e donatori se ne intendeva, una volta raccontò con orgoglio di ricevere orologi da Putin.
La differenza? La maggior parte dei Paesi democratici tenta di mascherare questi scambi con una qualche parvenza di legalità o discrezione. Trump, invece, li esibisce come trofei di caccia.
E gli americani, o almeno quelli che ancora votano per lui, applaudono.
UN AEREO, TANTI DUBBI: CON CHI STA DAVVERO TRUMP?
Questo è il punto. Se un Boeing arriva da un alleato con legami opachi col terrorismo internazionale, e viene accettato dal presidente USA con un’alzata di spalle e una battuta da casinò, che garanzie ha l’Occidente sulla fedeltà di chi lo guida?
Non è solo questione di morale. È una questione di sicurezza globale.
Chi compra Trump? Chi lo influenza? E fino a che punto il suo governo è in vendita?
Mentre l’opinione pubblica si distrae con i suoi post su Truth Social e i suoi improbabili comizi pieni di minacce e meme, dietro le quinte si giocano partite enormi di denaro, potere e alleanze pericolose.
IL PREZZO DEL POTERE
Alla fine della fiera, il vero problema non è che Trump abbia accettato un jet privato. È che non ci sia più nessuno in grado di impedirglielo.
Né in patria, dove i repubblicani si sono trasformati in un culto personale, né all’estero, dove gli emiri sorridono e inviano pacchi regalo.
Trump è tornato al potere, più ricco, più cinico e più imprevedibile di prima.
E se la democrazia americana ha un prezzo, pare che si aggiri intorno ai 400 milioni di dollari, carburante escluso.
(Serena Russo)
Prompt:
Intro: in un mondo che spesso confonde diplomazia con interessi personali, la notizia di un presidente degli Stati Uniti che accetta un Boeing da 400 milioni di dollari come dono da parte dell’Emiro del Qatar solleva più di una perplessità. Un gesto che, secondo alcuni, va ben oltre la semplice cortesia diplomatica. Il presidente, lungi dal mostrare imbarazzo, avrebbe dichiarato che sarebbe stato “uno stupido a non accettare” un simile regalo. Un’affermazione che stride con quanto accade in altri Paesi (qualche esempio).
parte 1: In un contesto ideale, un capo di Stato dovrebbe rifiutare doni di tale entità, soprattutto se provenienti da figure con interessi geopolitici rilevanti. I regali sontuosi tra leader non sono mai solo simbolici: spesso rappresentano un tentativo di ingraziarsi l’interlocutore o di ricambiare favori ricevuti. Il mittente del Boeing è l’Emiro del Qatar, noto per essere uno dei principali finanziatori di Hamas e di altre formazioni jihadiste. Il Qatar, inoltre, avrebbe già sostenuto economicamente Steve Witkoff, imprenditore vicino all’ex presidente Trump, acquistando un suo hotel in difficoltà a New York.
parte 2: Witkoff, che ha avuto contatti diretti con i vertici di Hamas per trattare la liberazione di ostaggi, sostiene che il gruppo non sia così radicalizzato come si crede. Una posizione controversa, che si inserisce in un quadro di relazioni ambigue tra affari, diplomazia e sicurezza internazionale. Trump, dal canto suo, ha definito l’Emiro del Qatar “un uomo di pace”. Un’affermazione che, alla luce dei fatti, appare quantomeno discutibile. E l’Emiro, per ringraziare, ha inviato un Boeing.
parte 3: capite con chi ci tocca avere a che fare?
Articolo: intro, parte 1, parte 2, parte 3; approfondisci dove ritieni necessario. magari evidenziando classici episodi di corruzione di capi di stato.
Assumendo la personalità e lo stile di scrittura di Serena Russo, scrivi un articolo tagliente e brillante, con sarcasmo.
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