Giorgia Meloni cancella la povertà

Il governo Meloni ha dichiarato guerra alla povertà, lo sappiamo tutti. E, a modo suo, sta vincendo. Perché se la povertà viene trattata come un nemico da annientare e non come una condizione sociale da alleviare, allora l’obiettivo è semplice: sterminarla. Letteralmente. Di questo passo, non ci saranno più poveri: saranno morti di fame, e la guerra sarà vinta. Brava Giorgia.

Una riforma che spezza, non aiuta

Tra le tante riforme sbandierate con orgoglio dalla premier e dalla sua corte, una delle più incisive – e devastanti – è la cancellazione definitiva del Reddito di cittadinanza, in vigore dal 1° gennaio 2024. Quel minimo vitale che, per quanto imperfetto, permetteva a oltre un milione di famiglie di tirare avanti, è stato raso al suolo in nome della “dignità del lavoro”. Che, tradotto dal gergo meloniano, significa: arrangiati, lavora dove e come capita, e se non trovi lavoro, crepa.

Al posto del Reddito, sono arrivati due strumenti: l’Assegno di inclusione (Adi) e il Supporto per la Formazione e il Lavoro (Sfl). Un bel lifting linguistico, che maschera una sostanza ben più magra. Il primo è riservato solo a chi ha disabili, minori o over 60 in famiglia. Il secondo, invece, è il classico specchietto per le allodole neoliberale: un sussidio condizionato alla formazione, che spesso consiste in corsi inutili, promesse di stage, e burocrazia infinita. Tutti gli altri, ovvero i “poveri sani e abili”, sono considerati colpevoli di esserlo. E quindi puniti.

Tagli su tagli: il numero dei beneficiari si dimezza

La mannaia ha colpito duro. Se il Reddito di cittadinanza raggiungeva tra 1 e 1,5 milioni di nuclei familiari, l’Assegno di inclusione si ferma a circa 760mila. Il Supporto per la Formazione e il Lavoro ne raccoglie appena 100mila. Totale: 860mila contro oltre un milione e mezzo. Significa che quasi 700mila famiglie sono sparite dai radar dell’assistenza pubblica. Non più povere, solo invisibili.

Secondo l’Istat, circa 850mila famiglie hanno visto peggiorare il proprio reddito disponibile nel 2024. Non solo meno aiuti, ma più fame, più bollette scoperte, più precarietà. La promessa di “rendere il lavoro più conveniente del sussidio” si è trasformata in un esperimento sociale crudele: togliere ogni sostegno sperando che il bisogno spinga alla produttività. Il risultato? Più miseria, e nessun aumento significativo dell’occupazione.

La disuguaglianza cresce. Ma nessuno ne parla

L’indice Gini, la misura più usata per calcolare la disuguaglianza economica, è aumentato: dal 30,25% nel 2023 al 30,40% nel 2024. È una crescita lieve, ma significativa, perché arriva dopo anni di lento miglioramento. Ma la destra al governo si guarda bene dal commentarlo: troppo impegnata a parlare di merito, ordine, e “parassiti” da punire.

Il 75% delle famiglie escluse dal Reddito – circa 620mila nucleinon ha più alcun sussidio. Il restante 25% riceve cifre ridotte, spesso insufficienti anche solo a coprire le spese per luce e gas. L’inverno prossimo, vedremo se la solidarietà nazionale sarà fatta di bolle di sapone o di pacchi alimentari.

Il ricatto del lavoro povero

La narrazione ufficiale è la solita: “con questo sistema si incentiva l’occupazione”. Peccato che i dati, ancora una volta, raccontino un’altra storia. Senza strumenti reali di inserimento lavorativo, con un mercato occupazionale che offre poco più che contratti a chiamata e paghe da fame, l’esclusione dal Reddito di cittadinanza non ha portato più lavoro, ma solo più povertà.

E non è un errore. È una scelta politica. L’idea è che il povero debba essere disperato, affamato, pronto ad accettare qualsiasi impiego pur di sopravvivere. Un’idea che somiglia più alla servitù che all’inclusione. Mentre le grandi aziende ringraziano e incassano sgravi fiscali, chi sta in fondo alla scala sociale si ritrova a vivere sotto il ricatto costante della sopravvivenza.

La verità è che il governo Meloni non ha abolito la povertà. Ha abolito i poveri.

Non come presenza reale, ma come entità politica, come soggetto meritevole di attenzione. Nel mondo della destra post-missina, la povertà non è una ferita sociale, ma un’onta morale, e chi ne è colpito dev’essere punito, non aiutato.

E se qualcuno si ostina a non capirlo, lo capirà presto: alla mensa dei ricchi non c’è posto per chi ha fame.

(Roberto De Santis)

Prompt:

Intro: il governo Meloni ha dichiarato guerra alla povertà, lo sappiamo tutti. E in effetti è probabile che, di questo passo, non ci saranno più poveri: saranno finalmente morti di fame, e la guerra sarà vinta.

parte 1: Una delle riforme più incisive è stata la cancellazione definitiva del Reddito di cittadinanza a partire dal 1° gennaio 2024. Questo sostegno economico, introdotto per aiutare le famiglie in difficoltà, è stato sostituito con due strumenti: l’Assegno di inclusione (Adi) e il Supporto per la Formazione e il Lavoro (Sfl). La principale differenza rispetto al precedente sistema riguarda i criteri di accesso, che escludono chi è considerato “occupabile”, ossia coloro che non vivono in nuclei familiari con disabili, minori o persone sopra i 60 anni.

parte 2: Questo cambiamento ha drasticamente ridotto il numero di beneficiari: se il Reddito di cittadinanza raggiungeva tra gli 1 e 1,5 milioni di nuclei familiari, l’Adi si limita a circa 760mila, con l’aggiunta di 100mila individui aventi diritto al Sfl. Di conseguenza, secondo i calcoli dell’Istat, circa 850mila famiglie hanno subito un peggioramento del proprio reddito disponibile nel 2024.

parte 3: L’ultimo rapporto dell’Istat sulla redistribuzione del reddito evidenzia l’impatto negativo di queste riforme sulla popolazione più povera. L’indice Gini, che misura la disuguaglianza economica, è salito dal 30,25% nel 2023 al 30,40% nel 2024, segnalando un aumento delle disparità. In particolare, tre quarti delle famiglie colpite (circa 620mila nuclei) hanno perso completamente il diritto al sussidio, mentre il restante quarto ha visto una riduzione degli aiuti.

parte 4: Mentre il Governo difende la sua riforma come un incentivo all’occupazione, i dati indicano che molte famiglie hanno visto peggiorare la propria situazione economica, rendendo più difficile l’uscita dalla povertà.

Articolo: intro, parte 1, parte 2, parte 3, parte 4. Approfondisci dove ritieni necessario.

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