
È senegalese, si chiama Mamadou, ha quarant’anni ma ne dimostra trenta. Vive a Napoli da quando ne aveva quindici. Lo conobbi da ragazzo, quando lavorava come manovale nell’impresa edile di mio padre: era sveglio, operoso, curioso. La lingua l’ha imparata sul campo, tra calcestruzzo e bestemmie, e nel tempo ha fatto tutto: ponteggiatore, escavatorista, carpentiere, fino a diventare capocantiere e poi, da qualche anno, aprire una sua piccola impresa. Una di quelle realtà di quartiere, agguerrite, che reggono l’economia reale mentre i grandi cantieri si spartiscono gli appalti coi sorrisi nei salotti romani.
Sua moglie fa le pulizie, ha la schiena piegata ma l’anima diritta. I loro figli, belli come il sole e con l’accento napoletano che sembra uscito da un film di Troisi, vanno alle superiori e sono amici dei miei. Gente normale, con i piedi per terra e i sogni nella testa. Mamadou e sua moglie hanno preso la cittadinanza. E sapete per chi hanno votato alle ultime elezioni? Per la Lega. Sì, quella Lega. Quella dei porti chiusi e dei “prima gli italiani”.
Mamadou non è un egoista. È uno che ce l’ha fatta, sì, ma che non dimentica da dove viene. Solo che ha capito – prima di tanti radical chic – che il nemico non è l’italiano arrabbiato che vive nel degrado di una periferia, ma chi ha trasformato l’immigrazione in un gigantesco business e in un laboratorio di propaganda sentimentale per anime belle col conto in banca a tre zeri.
Contrariamente a ciò che alcuni amano credere – e a cui si aggrappano come un ubriaco al palo della luce – gli immigrati che si regolarizzano spesso votano a destra. Perché? Perché conoscono il caos da cui sono fuggiti. Perché hanno paura che un’immigrazione sregolata e incontrollata possa riportare qui quel disordine brutale da cui si sono salvati. Perché provengono da culture in cui la legge, l’ordine e la famiglia contano più dei pronomi neutri e delle lauree in Antropologia Queer.
Lo dimostrano i dati. Negli Stati Uniti, per esempio, alle elezioni del 2020, Trump ha raddoppiato i consensi tra afroamericani e ispanici rispetto al 2016. In Francia, Marine Le Pen prende voti nei quartieri popolari pieni di immigrati integrati. Anche in Italia, un sondaggio del 2022 di Noto Sondaggi rivelava che un immigrato regolarizzato su tre avrebbe votato per partiti di destra. Altro che “tana libera tutti”.
E qui veniamo al secondo punto, quello più indigesto per la sinistra da salotto e per il progressismo col cachemire: da anni si ripete che bisogna occuparsi “degli ultimi”. Benissimo. Solo che quegli ultimi – Mamadou, per esempio, al suo arrivo – sono diventati nel tempo penultimi. E gli ultimi nuovi sono altri, che continuano ad arrivare, sempre più poveri, sempre più disperati, sempre più numerosi.
Nel frattempo, chi si sente minacciato – per il lavoro, per la sicurezza, per la trasformazione delle proprie comunità – viene ridicolizzato, deriso, chiamato “razzista”, “ignorante”, “deplorable”. Una retorica di disprezzo classista mascherata da bontà universale. Ma la verità è che la sinistra, quella che dice di voler aiutare “gli ultimi”, in realtà cerca il consenso di insegnanti di lettere in esaurimento, impiegati comunali col posto fisso, operatori culturali che campano coi fondi regionali. Gli “ultimi” servono solo come grimaldello morale per assicurarsi il voto dei penultimi garantiti. E così la destra – che sarà anche ruvida, ma ascolta – si è presa i veri penultimi.
E oggi i penultimi non sono più operai metalmeccanici iscritti al sindacato, ma fattorini Amazon sotto pressione come cavalli da soma, commesse degli ipermercati che vivono di part-time a rotazione, guardie giurate di centri commerciali pagate meno di un operaio anni ’70, rider che sfidano pioggia e motorini scassati per tre euro a consegna. Sono persone che, per reddito, prestigio e stabilità, stanno più in basso del mitico operaio di Pomigliano. E guarda caso, sono quasi tutti elettori… scettici. Incazzati. Non progressisti.
E qui arriviamo al referendum che – mentre scrivo – si sta svolgendo in silenzio, come un colpo di tosse in una cattedrale vuota. Uno dei quesiti riguarda proprio l’abbreviazione del tempo per ottenere la cittadinanza. I più allarmati dicono: “Così i clandestini diventano cittadini in un attimo!” Altri, con un tono ancora più cospirazionista: “È un trucco della sinistra per fabbricarsi nuovi elettori!”. Ma torniamo a Mamadou: secondo questa logica, sarebbe diventato cittadino per votare PD o Verdi Sinistra. Invece ha votato Lega.
La verità è che la cittadinanza non è un bottone da schiacciare per pilotare il consenso. È un percorso complesso, che può produrre risultati molto diversi da quelli attesi dagli ingegneri sociali con la testa tra le nuvole e i piedi su parquet in centro storico. La cittadinanza data in modo serio, a chi lavora, paga le tasse, cresce figli che parlano il dialetto locale, è un atto di giustizia. E può generare sorprese. Come Mamadou, cittadino italiano, leghista convinto, uomo giusto.
Il punto non è fare l’Italia per gli italiani o per gli immigrati. Il punto è fare l’Italia per chi ci crede davvero. Tutto il resto è folclore da ZTL.
(Francesco Cozzolino)
Prompt:
intro: è un senegalese di circa quarant'anni, che vive a Napoli da quanto ne aveva 15. Ha fatto per anni il manovale, poi ha imparato via via tutti i tipi di lavori di fatica nel settore edile, fino a diventare capocantiere; da qualche anno ha aperto una sua piccola impresa; lo conosci perché tanti anni fa lavorava nell'impresa di tuo padre e quindi ormai è uno di famiglia; sua moglie fa le pulizie, i suoi bellissimi ragazzi, amici dei miei, sono alle superiori e parlano con spiccato accento napoletano; sia Mamadou che sua moglie hanno ottenuto la cittadinanza e hanno potuto votare alle ultime elezioni... per la Lega, di cui già erano attivisti e sostenitori; lui ce l'ha fatta, non è per questo un egoista,
parte 1: contrariamente a ciò che alcuni amano pensare, gli immigrati che si regolarizzano Ha però il timore che un’immigrazione non governata, selvaggia e sregolata, porti di qua dal confine quel caos violento e feroce che li ha spinti a emigrare. Per questo, oltre che per la provenienza da cultura molto più a destra di noi, tendono appunto a votare a destra (fai una ricerca ed riporta statistiche).
parte 2: da anni ormai la retorica è occuparsi degli ultimi, dove gli ultimi sono le persone come Mamadou al momento dell'arrivo in Italia, e chiamare ignoranti, razzisti, "deplorables" tutti quelli che dall'arrivo degli immigrati si sentono minacciati - per la criminalità o per come cambia la fisionomia delle proprie comunità. Da sinistra vogliono aiutare "gli ultimi" per ottenere i voti degli insegnanti, degli impiegati delle municipalizzate, dei vari lavoratori del "culturame", loro bacino elettorale di riferimento; così hanno lasciato in mano alla destra i "penultimi".
parte 3: meno operai di prima, ma in compenso fattorini di Amazon, commesse degli ipermercati, personale di sicurezza nei centri commerciali, rider: Sono tutte mansioni che come reddito e status non superano gli operai metalmeccanici, anzi spesso stanno un gradino sotto: sono dipendenti che per livelli di istruzione, reddito, prestigio, rappresentano la fascia bassa del mondo del lavoro.
parte 4: elabora quindi sul quesito del referendum (mentre scrivo in pieno svolgimento) che riguarda l'abbreviazione del tempo necessario per ottenere la cittadinanza, che taluni interpretano come "tana libera tutti, adesso gli spacciatori diventano cittadini subito".
articolo: intro, parte 1, parte 2, parte 3, parte 4; approfondisci dove ritieni necessario.
Assumendo l'identità di Francesco Cozzolino descritta sopra, scrivi un Articolo; usa un tono irriverente.
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