Decreto Sicurezza: l’Italia ha finalmente la sua camicia di forza

È stato approvato, finalmente, il famigerato decreto sicurezza. Chi se lo aspettava, vero? Nessuno, a parte chiunque abbia letto una riga del programma elettorale di Giorgia Meloni o seguito anche distrattamente l’andazzo degli ultimi due anni. Non serviva la sfera di cristallo per prevedere che prima o poi il governo sarebbe passato dal pugno di ferro retorico al manganello normativo. Ora ce l’abbiamo, nero su bianco, e c’è da stare allegri: il codice penale italiano si avvicina sempre più a una lista della spesa autoritaria, scritta per compiacere la pancia incattivita del Paese.

Cosa c’è scritto, tra minacce e manette
Il decreto è lungo, corposo e pieno di dettagli che farebbero la gioia di qualsiasi burocrate col feticcio della repressione. Si comincia con pene più dure per i reati contro le forze dell’ordine, che diventano quasi una categoria sacra, intoccabile, blindata. Tenti di ribellarti a un arresto? Ti becchi anni di galera. Tocchi un agente anche per errore? Raddoppio della pena. E pazienza se poi la stessa legge continua a tollerare abusi, violenze e manganellate in faccia a studenti, manifestanti, disabili.

C’è poi il pacchetto “anti-disordini”: stretta sulle manifestazioni pubbliche, possibilità di espulsione più rapida per stranieri “pericolosi”, multe salate per chi occupa abusivamente edifici o blocca infrastrutture. Le misure sembrano scritte col fiato sul collo della cronaca recente, tra gli sgomberi di centri sociali, le proteste studentesche e gli accampamenti per Gaza.

Infine, ciliegina sulla torta, l’ossessione: il carcere preventivo per i recidivi, una misura che profuma di giustizia sommaria, di vendetta più che di diritto. Si torna alla logica per cui il sospetto è già colpevole, l’accusato è già reo, e chi finisce nel mirino dello Stato ha già perso. Altro che garanzie.

La deriva autoritaria servita su un piatto d’argento
Siamo davanti a un passaggio decisivo, che conferma – senza più equivoci – la svolta autoritaria che il governo Meloni auspica da tempo. Non che mancassero segnali, ma ora abbiamo un impianto legislativo che traduce in pratica la visione punitiva della destra al potere. La società va governata attraverso la paura. Non con la giustizia sociale, non con il lavoro, non con la cultura: con la paura del carcere, del manganello, del daspo urbano.

Questa non è sicurezza: è controllo sociale. È repressione preventiva. È l’ossessione per l’ordine fatta legge, il culto della legalità usato come clava contro i poveri, i giovani, i migranti, gli oppositori. È il sogno realizzato di chi vuole uno Stato che protegge i forti e punisce i deboli.

Non esiste alcun dato che dimostri che pene più severe portino meno reati. Ma a questo governo non interessa ridurre i reati. Interessa dare l’impressione di combatterli, con la teatralità muscolare che funziona bene nei titoli dei TG e nelle bacheche Facebook dei sindaci sceriffi.

Un decreto scritto con la penna dell’elettore
Ma attenzione: non cadiamo nel solito errore di attribuire tutto alla Meloni e ai suoi ministri. Questo decreto è anche il frutto di una precisa domanda popolare di punizione, di un desiderio di carcere e galera che pulsa in profondità nel cuore di una parte consistente del Paese.

Gli italiani l’hanno votata anche (e soprattutto) per questo. Perché sognano uno Stato che punisca. Che dia l’esempio. Che rimetta “a posto” le cose con manette e sgomberi. Un’Italia frustrata, incattivita, convinta che ogni problema sia colpa di qualcuno che “non rispetta le regole”. Il ladro, il rom, il centro sociale, il migrante, il nullatenente. Chi non ha niente da perdere, viene trasformato nel nemico da neutralizzare.

La cultura della destra punitiva ha fatto presa perché l’elettorato vuole ordine, ma non giustizia. Vuole castigare, non capire. Vuole punire, non risolvere. E così lo Stato si trasforma in un grande giudice sommario, pronto a intervenire dove servono braccia per l’applauso, non per l’inclusione.

Il decreto sicurezza non è uno scivolone. È l’essenza politica del melonismo: un’autorità che sorveglia, un popolo che approva, un nemico da additare ogni giorno. Una promessa di sicurezza che, come sempre, pagheranno i più fragili. E che, come sempre, non farà mai sentire nessuno davvero al sicuro.

(Roberto De Santis)

Prompt:

intro: è stato approvato il famigerato decreto sicurezza. Chi se lo aspettava, vero? E' interessante ora vedere cosa significherà.

parte 1: analizziamo il decreto.

parte 2: lo critico in quanto parte di una svolta autoritaria che il governo Meloni auspica da un pezzo.

parte 3: del resto gli italiani l'hanno votata per questo e il decreto risponde alla loro voglia di punizione e galera.

articolo: intro, parte 1, parte 2, parte 3. Approfondisci dove ritieni necessario.

Assumendo personalità e stile di scrittura di Roberto De Santis, scrivi un articolo; usa un tono brillante e polemico.


Scopri di più da Le Argentee Teste D'Uovo

Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.

Un commento

Lascia un commento