
Qualunque sia la posizione che si assume rispetto agli eventi in Medio Oriente — e ce ne sono tante, più o meno urlate, più o meno documentate — una verità scomoda emerge con chiarezza: l’opinione pubblica occidentale, e in particolare quella europea, pare spesso più interessata a scegliere una postura ideologica che a capire davvero ciò che accade tra Teheran e Tel Aviv, tra Gaza e Gerusalemme, tra Ankara e Ramallah.
La postura, oggi, vale più della comprensione. E così, nella recita globale delle buone coscienze, il Medio Oriente diventa uno sfondo esotico e drammatico su cui proiettare la propria identità politica. Il problema? Che mentre qui si gioca al tifo ideologico, là si muore davvero.
Antisionismo facile, verità difficili
La distanza si manifesta in modo evidente nei movimenti filopalestinesi più radicali. C’è chi, nella foga di denunciare i crimini (reali) di Israele, finisce per sdoganare retoriche antisioniste che, guarda un po’, assomigliano parecchio a quelle care agli antisemiti di professione.
E nel fervore di scendere in piazza con kefiah e slogan prefabbricati, si dimentica che in Israele esiste una società civile viva, combattiva, spesso ostile a Netanyahu quanto (e più di) molti europei da tastiera. Cittadini israeliani che si oppongono apertamente all’ultra-destra di governo, che manifestano, che denunciano. Una pluralità che semplicemente… non fa comodo raccontare.
Così come non si racconta mai che a Gaza, chi dissente da Hamas finisce spesso in prigione, o peggio. Della libertà di stampa nei territori, del pluralismo, della repressione interna, non frega nulla a nessuno. I diritti umani, pare, sono selettivi: valgono solo quando aiutano il nostro racconto.
L’arte di riscrivere la storia (male)
Ma non basta la rimozione della complessità. A volte si passa direttamente alla riscrittura. Come quando si cerca di far ricadere su Israele responsabilità che, per logica storica e geopolitica, appartengono ad attori ben diversi. Ad esempio l’Egitto — che controlla il valico di Rafah e ha i suoi motivi per tenere Gaza sotto controllo — è misteriosamente scomparso dal dibattito.
Del resto, dire che anche altri stati arabi hanno contribuito alla ghettizzazione della Palestina è troppo complicato per una narrazione binaria. Meglio la favola del “cattivo unico” e del “buono assoluto”. Una favola in bianco e nero, dove però chi vive nei territori grigi — quelli veri, quelli fatti di contraddizioni, paure, tentativi — continua a soccombere.
Un po’ di umiltà, grazie
Forse è arrivato il momento di mettere da parte l’eurocentrismo moralista e guardare al Medio Oriente con la complessità che merita. Non come un palcoscenico per le battaglie identitarie occidentali, ma come un insieme di società diverse, piene di contraddizioni, che chiedono dignità, libertà e sicurezza.
E questo vale anche per Israele, che non è solo “un regime coloniale” — come va di moda dire — ma anche un paese pieno di tensioni interne, di sfide democratiche, di voci critiche. Così come vale per i palestinesi, che non sono solo vittime passive ma anche soggetti politici, spesso usati come pedine da regimi che della loro liberazione non hanno mai fatto una priorità.
Stanotte, l’Iran ha perso la testa. Letteralmente.
Tutta questa premessa non è un’esercitazione accademica. Serve a dire una cosa scomoda: stanotte, le infrastrutture centrali dell’esercito iraniano sono state decapitate. Un’operazione chirurgica, brutale, decisiva. E no, non è stato un fulmine a ciel sereno. Era nell’aria.
Ma secondo le anime belle — quelle del “cessate il fuoco” a prescindere, quelle del “dialogo con chiunque, anche con chi ti vuole morto” — Israele avrebbe dovuto incassare l’atomica su Tel Aviv, farsi radere al suolo e poi, gentilmente, arrendersi.
Non è andata così. È andata che Israele, piaccia o no, ha reagito. Come ogni stato che non ha firmato la propria condanna a morte.
Due popoli, due stati, ma anche due democrazie
Infine, un promemoria per chi ha la memoria corta: dalla Seconda guerra mondiale a oggi, l’Europa ha conosciuto il suo periodo più lungo di pace. Perché? Perché da allora è composta da democrazie.
La democrazia non è una garanzia assoluta, ma è la migliore assicurazione contro la barbarie. Quando si parla di “due popoli, due stati”, sarebbe il caso di specificare “due popoli, due democrazie”. Israele lo è — imperfetta, travagliata, accesa — ma lo è. La sfida è portare anche il futuro Stato palestinese su quella strada.
Perché due stati possono convivere solo se riconoscono il dissenso, la critica, il pluralismo. Altrimenti, siamo solo di fronte all’ennesimo miraggio disegnato su un manifesto. E i miraggi, in Medio Oriente, hanno un difetto fatale: prima o poi, si infrangono contro il muro della realtà.
E spesso, quel muro è di cemento armato.
(Serena Russo)
Prompt:
Intro: Qualunque sia la posizione che si assume rispetto agli eventi in Medio Oriente, emerge con chiarezza una verità scomoda: l'opinione pubblica occidentale, e in particolare quella europea, sembra spesso più interessata a collocarsi ideologicamente che a comprendere le reali esigenze e le complesse dinamiche che attraversano i popoli di Iran, Palestina, Turchia e Israele.
parte 1: Questa distanza si manifesta in modo particolarmente evidente nei movimenti occidentali filopalestinesi più radicali, che, nella loro opposizione a Israele, spesso scivolano in una retorica antisionista che sfiora, e talvolta oltrepassa, i confini dell’antisemitismo. In questo contesto, si tende a ignorare volutamente la pluralità interna alla società israeliana, dove esiste una componente democratica e progressista fortemente critica nei confronti del governo Netanyahu. Allo stesso modo, si tace sulle voci dissidenti palestinesi, spesso represse con violenza da Hamas.
parte 2: In alcuni casi, si arriva persino a distorcere la realtà storica, come quando si tenta di attribuire a Israele responsabilità che spettano ad altri attori regionali, come l’Egitto, in un esercizio retorico che sfida ogni logica storica.
parte 3: Forse è giunto il momento di mettere da parte l’eurocentrismo e provare a guardare al Medio Oriente con maggiore umiltà e complessità, ascoltando le voci che da quei territori chiedono dignità, diritti e libertà, al di là delle nostre categorie ideologiche.
parte 4: tutto questo lo dico perché la catena di comando dell'esercito iraniano e molte sue infrastrutture centrali sono state decapitate stanotte; per le anime belle, Israele doveva accettare l'atomica su Tel Aviv e poi arrendersi. Non è andata così.
parte 5: dalla WW2 a oggi, l'Europa ha attraversato il suo più lungo periodo di pace. Questo perché tutte le nazioni europee da allora sono democrazie (sebbene qualcuna oggi cerchi di tornare indietro). Tenetelo presente: quando si parla, per la questione Israele-Palestina, di "due popoli, due stati", sarebbe il caso di specificare "due popoli, due democrazie". Israele lo è, il salto in avanti sta alla Palestina.
Articolo: intro, parte 1, parte 2, parte 3, parte 4, parte 5; approfondisci dove ritieni necessario.
Assumendo la personalità e lo stile di scrittura di Serena Russo, scrivi un articolo tagliente e brillante, con sarcasmo.
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