Network State: Il Futuro del Potere oltre la Democrazia

Ogni volta che si solleva un dubbio, anche timido, anche solo teorico, sulla tenuta della democrazia rappresentativa, qualcuno tira fuori il solito aforisma attribuito a Churchill: “La democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte le altre.” A forza di ripeterlo, è diventato una cantilena, una coperta di Linus per moderati annoiati e progressisti rassegnati. Ma siamo sicuri che sia ancora un argomento solido? Davvero vogliamo continuare a paragonare le democrazie contemporanee a teocrazie, monarchie assolute, dittature latinoamericane, e chiamarla vittoria? O forse la realtà è che questa democrazia, così come la pratichiamo oggi, è un modello vecchio, esangue, pieno di crepe — e che qualcuno, negli ultimi anni, si è preso la briga di immaginare qualcosa di radicalmente diverso. E no, non parliamo di Marx o Bakunin, ma di ultraliberisti visionari in camicia hawaiana e investitori della Silicon Valley.

Il Dark Enlightenment – l’Illuminismo al contrario
Curtis Yarvin, ex programmatore e teorico dell’ideologia nota come Dark Enlightenment, è un nome poco noto fuori da certi ambienti nerd-messianici della West Coast, ma fondamentale per capire l’aria che tira nel pensiero post-democratico contemporaneo. La sua proposta è chiara e spietata: la democrazia ha fallito. Punto. I suoi meccanismi sono corrotti, i suoi riti inefficaci, le sue élite deboli e ricattabili. Serve un’alternativa, e secondo Yarvin il modello è l’azienda tech, il CEO, il comando verticale. Non una dittatura in senso classico, ma un sistema “efficiente”, retto da un sovrano illuminato con pieni poteri esecutivi.

Un’idea assurda? Forse. Ma Yarvin non scrive per convincere il grande pubblico: scrive per i miliardari. E a leggerlo e a citarlo, tra gli altri, ci sono Peter Thiel, guru dell’investimento ideologico, e il più erratico ma ugualmente influente Elon Musk. Thiel, che da sempre disprezza la democrazia (“non funziona con chi ha diritto di voto ma non possiede nulla”, disse), è il volto sobrio di questa ideologia. Musk, invece, ne è la versione da meme: un demiurgo autoproclamato, pronto a lanciare razzi nello spazio e giudizi sulla civiltà con la stessa approssimazione.

Dall’algoritmo al territorio: nasce il Network State
Da queste premesse non poteva che nascere l’utopia — o meglio, la distopia — del Network State: un’entità statuale liquida, fondata non su un territorio fisico ma su una rete di individui connessi da un’ideologia comune e da una piattaforma tecnologica condivisa. L’idea è di Balaji Srinivasan, ex CTO di Coinbase, un altro profeta del pensiero anarco-tecnocratico.

Il Network State non ha confini, governi eletti, rappresentanza: ha un founder, una vision, degli investitori. È uno Stato-azienda, in cui la cittadinanza è una sottoscrizione, i diritti sono condizioni d’uso, la legge è un codice informatico.

In questa visione, il vecchio Stato-nazione è un ferrovecchio. Lo scontro fra governi e piattaforme private non è una crisi temporanea: è una transizione. E le democrazie liberali, coi loro parlamenti che balbettano, coi loro partiti che agonizzano, non stanno perdendo solo consenso. Stanno perdendo la guerra.

Trump: non il leader, ma la porta d’accesso
E qui arriva Donald Trump. Non come ideologo, non come visionario — non ne ha né la statura né la lucidità — ma come Cavallo di Troia perfetto. Un uomo che parla come un meme, si muove come una celebrità televisiva e governa come un amministratore fallimentare.

Trump non ha costruito nulla, ma ha spalancato le porte a un’idea: che il potere può essere preso senza pudore, senza competenza, senza vincoli. Che la democrazia può essere derisa, sfiancata, sabotata dall’interno. E molti ci si sono infilati: ci si sono infilati i fondi d’investimento, gli ideologi del caos, gli startupper della geopolitica.

Non è lui il protagonista di questa storia, ma è stato l’innesco. Attorno a lui si sono mossi attori ben più agguerriti: quelli che hanno capito che il futuro non sarà deciso da urne e costituzioni, ma da codici, server e capitali mobili.

Il progresso non è una linea retta
È un vecchio riflesso di chi crede ancora nell’illuminismo quello di pensare che la storia sia una progressione inevitabile verso una maggiore razionalità, libertà, giustizia. Ma il progresso non è mai stato lineare. E oggi, più che mai, non c’è niente di scontato.

Chi crede che certi valori siano garantiti dalla Costituzione non ha capito che le Costituzioni, oggi, valgono meno di una policy di X. Chi crede che basti difendere la democrazia dai sovranismi populisti non ha visto cosa bolle sotto la superficie: un nuovo ordine, fluido, disintermediato, post-statale. Non più l’uomo forte al potere, ma l’algoritmo proprietario. Non più la propaganda militare, ma l’informazione virale. Non più la conquista dei territori, ma la conquista delle menti.

E mentre noi continuiamo a ripetere Churchill come un mantra, loro scrivono il codice che ci governerà domani. Non sarà un ritorno al fascismo. Sarà qualcosa di molto più nuovo, molto più subdolo, e infinitamente più efficace.

(Roberto De Santis)

Prompt:

intro: il noto aforisma di Winston Churchill sulla democrazia viene sempre riportato quando qualcuno avanza dubbi sulla democrazia rappresentativa moderna. Da un lato pare buonsenso, dall'altro retorica - vogliamo davvero paragonare una moderna democrazia a dittature, monarchie assolute, teocrazie, autocrazie o all'incompiuto socialismo reale? Ma qualcuno, negli anni, si è messo davvero a pensare ad un'alternativa.

parte 1: parlo del Dark Elinghtment, di Curtis Yarvin, del loro pensiero, e delle figure che a loro si sono ispirate, come Peter Thiel e il più folkloristico Elon Musk.

parte 2: da qui arriva la concezione del Network State.

parte 3: in tutto ciò, la figura di Donald Trump è più che altro quella del Cavallo di Troia; è un imbroglione vecchio stampo in cui tanti opportunisti, alcuni particolarmente agguerriti e visionari, hanno visto l'opportunità.

parte 4: mai dare per scontata la direzione del progresso.

articolo: intro, parte 1, parte 2, parte 3, parte 4. Approfondisci dove ritieni necessario.

Assumendo personalità e stile di scrittura di Roberto De Santis, scrivi un articolo; usa un tono brillante e polemico.

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