
È bastata una nuova puntata di Report — il salotto buono del giornalismo d’inchiesta, ma con la segreta ambizione di fare lo stesso share di Le Iene — per scatenare un’altra tempesta istituzionale in salsa giudiziaria. Al centro del ciclone, ancora una volta, il generale Mario Mori: nome già da anni iscritto in quella lista nera dove la giustizia italiana mette chi, nel bene o nel male, ha osato mettere mano nei meandri più oscuri della Repubblica.
Questa volta però il pasticcio è ancora più indigesto del solito: secondo quanto rivelato da Report, la Procura di Firenze avrebbe intercettato — e poi lasciato tranquillamente trapelare — conversazioni penalmente irrilevanti tra Mori, il suo avvocato Basilio Milio e il giornalista Damiano Aliprandi. Sì, avete capito bene: intercettazioni tra avvocato e assistito e tra giornalista e fonte. In qualsiasi paese che si dichiari vagamente civile, questi rapporti godono di una protezione quasi sacra, ma in Italia — dove lo Stato di diritto è spesso solo una voce nei libri di scuola — tutto finisce in pasto alla narrazione televisiva.
E non stiamo parlando di voci di corridoio: sono state trasmesse integralmente. Un tripudio di violazioni, di segreti istruttori rovesciati come il secchio dell’umido sul marciapiede. Ne è seguita la comprensibile reazione indignata di figure come la vicepresidente della Commissione Antimafia Chiara Colosimo e l’onorevole Cirielli, che hanno parlato giustamente di una violazione “gravissima” del diritto alla difesa. Ma nel frattempo, il danno era fatto, il fango era già diventato impasto mediatico.
E allora si va avanti, come in una fiction a metà tra Gomorra e Beautiful, con l’inchiesta della Procura fiorentina che riporta in auge i fantasmi delle stragi del ’93-’94 e con un paradosso inquietante: l’accusa a Mori, questa volta, sarebbe quella di “aver brigato” per far inserire nella Commissione Antimafia dei consulenti “a lui vicini”. Sembra una barzelletta da dopolavoro ferroviario, perché nessuno — e ripeto, nessuno — tra i nomi citati (né Aliprandi, né Milio, né Fiandaca, né Cisterna) è stato effettivamente nominato.
Capito l’antifona? Siamo al reato d’intenzione su base vocale. È come se intercettassero uno che dice “mi piacerebbe candidarmi a sindaco” e lo sbattessero in prima pagina con il titolo “Complottava per prendersi il Comune”. Ridicolo, ma pericoloso. Perché mina il senso stesso della legalità.
Damiano Aliprandi, giornalista serio e col vizio — assai raro oggi — di studiare i dossier prima di aprire bocca, si difende affermando di non avere alcun rapporto economico o di potere con le persone coinvolte. Anzi, lui stesso aveva sollevato dubbi sull’ingresso nella Commissione del senatore Scarpinato per potenziale conflitto d’interessi. Ma si sa: in Italia se fai troppe domande, rischi di diventare tu l’indagato. O, peggio ancora, la notizia.
E allora la domanda che va posta è: a che gioco sta giocando la Procura? Quando i magistrati entrano nel campo minato della politica — e peggio ancora della comunicazione — con le scarpe sporche di fango mediatico, si rischia di mandare a monte i pilastri dello Stato di diritto. Il segreto istruttorio diventa carta straccia, il diritto alla difesa un optional, la privacy un concetto da barzelletta.
Ma arriviamo al punto più grottesco della faccenda: il ruolo dell’informazione. Anzi, del suo fantasma postmoderno. Perché a questo punto, tra Report, Le Iene e Striscia la Notizia, chi è ancora in grado di distinguere il giornalismo d’inchiesta dalla tv-sorveglianza con la voce fuori campo?
Report confeziona servizi con musichette ansiogene e linguaggio da processo popolare. Le Iene mascherano l’intimidazione da giustizia comica. Striscia trasforma la denuncia in siparietto. Ma tutti, indistintamente, giocano allo stesso gioco: dare in pasto all’opinione pubblica la suggestione del complotto, dell’intoccabile che trama, del potere marcio da scoperchiare. Senza però mai porsi la domanda fondamentale: chi controlla loro?
La verità è che non si capisce più dove finisce il giornalismo e dove comincia la fiction. E questo è un problema democratico, altro che “appalti e mafia”. Perché mentre il cittadino medio si distrae davanti alla tv credendo di capire qualcosa, il diritto si sfalda, il potere giudiziario diventa spettacolo, e i rapporti di fiducia — quelli veri, tra Stato e cittadino — si spezzano come vecchi elastici.
Così si ammazza la credibilità, non solo degli uomini come Mori, ma delle istituzioni tutte.
E allora viene da chiedersi: chi sarà il prossimo? Magari io, che sto scrivendo queste righe. O tu, che le stai leggendo. Basta una telefonata. Basta una frase decontestualizzata. Basta che serva a qualcuno. E il microfono è già acceso.
(Francesco Cozzolino)
Prompt:
intro: una recente puntata di Report ha sollevato un nuovo scandalo: la Procura di Firenze avrebbe intercettato e diffuso conversazioni tra l’ex comandante del ROS, generale Mario Mori, il suo avvocato Basilio Milio e il giornalista Damiano Aliprandi, tutte coperte da segreto istruttorio e penalmente irrilevanti. Le registrazioni, trasmesse integralmente, hanno alimentato accuse su presunti tentativi di influenzare la Commissione Antimafia sui nomi dei consulenti coinvolti nell’indagine su “mafia-appalti”.
parte 1: L’inchiesta fiorentina su Mori – già indagato nel maggio 2024 per omissione nel prevenire le stragi mafiose del 1993‑94 – ha svelato un aspetto nuovo: le intercettazioni avvocato–assistito e giornalista–fonte, tradizionalmente inviolabili, sono finite nelle carte dei pm e sono state rese pubbliche da Report. La vicepresidente della Commissione, Chiara Colosimo, e l’on. Cirielli hanno denunciato una violazione “gravissima” del segreto professionale e del diritto alla difesa.
parte 2: Secondo Report, Mori avrebbe “brigato” per inserire nella Commissione Antimafia consulenti a lui vicini, ma sembra che nessuno dei nominati da Mori – né Aliprandi né Milio né il giurista Fiandaca o il magistrato Cisterna – sia stato effettivamente nominato. Aliprandi difende il suo ruolo, affermando di non avere legami economici o di potere, avendo anche denunciato un possibile conflitto di interessi legato all'ingresso in Commissione del sen. Scarpinato.
parte 3: andrebbe messa in discussione, a questo punto, la correttezza delle procedure della Procura e il rispetto del segreto istruttorio.
parte 4: Report, Le Iene, Striscia La Notizia... dove inizia uno e dove finisce l'altro? Sembrano sempre di più lo stesso programma confezionato per diversi target.
articolo: intro, parte 1, parte 2, parte 3, parte 4; approfondisci dove ritieni necessario.
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