Pianoforti per Tutti: Matthew Shipp, André 3000 e l’Arte dell’Imbarazzo

Il nome di Matthew Shipp, probabilmente, non vi dirà nulla. Non è una colpa grave: il jazz, dopotutto, è ormai diventato un genere più citato che ascoltato, e i suoi maestri, quando non finiscono nei liner notes delle ristampe in vinile, vengono snobbati dal mondo patinato degli influencer culturali. Eppure Shipp, per chi ha ancora le orecchie aperte e una minima familiarità con il pianoforte che va oltre le stories su Instagram, è uno dei più importanti musicisti degli ultimi quarant’anni. Non “jazzisti”. Musicisti. Punto.

Diverso il caso di André 3000. Il suo nome lo conoscono tutti: è l’anima più inquieta e geniale degli OutKast, gruppo che ha riscritto il canone hip-hop tra gli anni ’90 e 2000. Poliedrico, carismatico, imprevedibile. Poi, dopo un silenzio lungo quanto un’era geologica, André ha deciso che non voleva più rappare. Nel 2023 ha inciso New Blue Sun, un’opera flautistica ambient new age da centro yoga deluxe, accolta con un entusiasmo francamente inspiegabile. Ma si sa, se sei una leggenda del rap e ti metti a suonare il flauto traverso come un monaco zen smarrito in Oregon, sei “coraggioso”. E ora eccoci con il secondo capitolo: 7 Piano Sketches, in cui il buon André siede al pianoforte e… suona.

È a questo punto che entra in scena Matthew Shipp, visibilmente scocciato. “Spazzatura insipida”, ha dichiarato a proposito del disco, accusando André 3000 di mancare di rispetto alla disciplina musicale. E se lo dice Shipp, uno che sul pianoforte ci ha lasciato sudore, tempo e probabilmente anche qualche relazione sentimentale, vale la pena ascoltarlo. Non si tratta solo del livore dell’artista frustrato che vede un altro ottenere attenzioni immeritate. No. È l’urlo, composto ma viscerale, di chi si chiede perché il talento autentico debba vivere ai margini, mentre l’arte naïf dell’ex rapper venga celebrata come avanguardia.

Ora, diciamolo chiaramente: 7 Piano Sketches è semplicemente imbarazzante. Una collezione di bozzetti sbiaditi, minimalismo svogliato, pianismo da playlist lo-fi, e quel senso pericolosamente vago di “profondità” che oggi basta per ingannare mezzo mondo. Non si tratta di “difendere l’élite colta contro i barbari analfabeti”, come qualcuno proverà inevitabilmente a sostenere. Anche perché — e qui apro una parentesi per chi non ha mai sfogliato un libro di storia del jazz — Erroll Garner, uno dei più grandi pianisti di sempre, era autodidatta. Non aveva nemmeno imparato a leggere la musica, eppure ha creato un linguaggio pianistico che ancora oggi sfida i virtuosismi accademici. Shipp stesso non solo rispetta Garner, lo venera. Il problema, quindi, non è il diploma.

Il problema è la sostanza. O, meglio, la sua assenza.

La vera domanda da farsi è: la critica musicale, oggi, capisce davvero quello che ascolta? Oppure è diventata una sorta di clero laico, pronta a benedire qualsiasi esperimento che porti la firma giusta, indipendentemente dal risultato? I dischi solisti di André 3000 sono stati accolti come opere coraggiose, autentiche, libere. E lo capisco: l’idea di un artista che abbandona il successo facile per esplorare territori sconosciuti è affascinante. Ma la fascinazione per l’atto, per l’intenzione, non può sostituire l’analisi del contenuto.

Perché qui non si tratta di cercare nuove vie, ma di camminare a caso in un parcheggio vuoto credendo sia il deserto del Nevada. 7 Piano Sketches non è musica difficile, non è musica scomoda. È musica irrilevante. È l’arte che si nasconde dietro l’alibi della sincerità, come se bastasse “essere se stessi” per rendere valido qualunque scarabocchio. È la malattia estetica del nostro tempo: il feticismo per l’intenzione a scapito della forma.

E sì, tutto questo precede — e supera — l’ormai insopportabile dibattito su intelligenza artificiale e creatività. Perché la questione non è se l’arte possa essere prodotta da un algoritmo o da un umano, ma se sappiamo ancora distinguere l’arte dalla noia. Se la sensibilità critica è ancora in grado di dire: “questo è bello, questo no”, senza temere l’anatema del progressismo culturale.

In fondo, la rabbia di Shipp non è solo quella dell’artista ignorato. È quella del mondo musicale che ancora crede nella profondità, nello studio, nell’espressività autentica — e che si vede liquidato come “vecchio”, “snob”, “elitario”. Come se il valore fosse un concetto retrò, da sostituire con l’hype del momento.

Ma la musica, quella vera, è spietata. Non guarda i followers, non legge le recensioni benevoli. La musica, quella vera, ti smaschera. E quando ascolti 7 Piano Sketches, il bluff diventa evidente. Più che un viaggio interiore, sembra una coda d’attesa in ascensore. Senza neanche la consolazione di una buona colonna sonora.

(Luigi Colzi)

Prompt:

Intro: il nome di Matthew Shipp, probabilmente, non dirà nulla alla maggior parte di voi. Si tratta di uno dei più importanti pianisti jazz (o, in generale, musicisti) degli ultimi quarant'anni. Diverso il caso di André 3000, musicista hip-hop assurto a fama mondiale con gli OutKast. André ha pubblicato un secondo album solista, 7 Piano Sketches, in cui suona il piano; è il seguito di New Blue Sun del 2023, in cui si dedicava al flauto. Qui arriva Shipp e la polemica.

parte 1: Matthew Shipp ha criticato duramente Andre 3000, definendo il suo lavoro “spazzatura insipida” e accusandolo di mancare di rispetto alla disciplina musicale. Shipp, che ha dedicato decenni allo studio del pianoforte, si sente frustrato dal fatto che l’arte “non addestrata” riceva più attenzione della maestria di chi, come lui, ha passato una vita sullo strumento, studiando intensamente.

parte 2: ho ascoltato il disco di André 3000. E' semplicemente imbarazzante, una tenue, scipita ambient pianistica da due soldi. E' comprensibile la rabbia di Shipp, ma bisogna fare una precisazione: non bisogna banalizzare in un confronto stile "lo studiato" vs "l'analfabeta", perché il punto non è il diploma: Erroll Garner (lo so, nemmeno lui sapete chi è: è "solo" uno dei maggiori pianisti jazz di ogni tempo) studiò completamente da autodidatta elaborando uno stile estremamente complesso, ed è certamente rispettato e amato da Shipp.

parte 3: il punto vero e proprio è: ma la critica, siamo sicuri che capisca? I dischi solisti di André 3000 sono apprezzabili come tentativi di espressione personale cercando una nuova via, e certamente non una via facile, soprattutto da parte di un musicista famoso per tutt'altro. Ma sono due esercizi di banalità tali che sollevano più di un dubbio su chi li elogia. E' una questione addirittura preesistente al già noiosissimo dibattito su arte e intelligenza artificiale.

Articolo: intro, parte 1, parte 2, parte 3; esplora approfonditamente tutto quanto è emerso.

Assumendo la personalità di Luigi Colzi, scrivi un articolo, usando un tono sarcastico e arguto.

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3 commenti

  1. “La vera domanda da farsi è: la critica musicale, oggi, capisce davvero quello che ascolta?”

    No.
    La carta stampata accoglie quasi esclusivamente soggetti che non capiscono quello di cui scrivono, ma da buoni professionisti scrivono conformandosi all'”house style”, senza rompere i coglioni al caporedattore.

    Quando Repubblica o chi per esso parla di qualunque, dico QUALUNQUE disciplina di cui io mastichi qualcosa, o fatto di cronaca su cui io sia edotto (perché magari accade nel mio quartiere) prende dei granchi colossali. Sistematicamente.

    Due ipotesi: o lo fanno per tutti e soli gli argomenti che io posso confutare (improbabile) o lo fanno uniformemente (probabile).

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  2. “La vera domanda da farsi è: la critica musicale, oggi, capisce davvero quello che ascolta?”

    No.
    La carta stampata accoglie quasi esclusivamente soggetti che non capiscono quello di cui scrivono, ma da buoni professionisti scrivono conformandosi all'”house style”, senza rompere i coglioni al caporedattore.

    Quando Repubblica o chi per esso parla di qualunque, dico QUALUNQUE disciplina di cui io mastichi qualcosa, o fatto di cronaca su cui io sia edotto (perché magari accade nel mio quartiere) prende dei granchi colossali. Sistematicamente.

    Due ipotesi: o lo fanno per tutti e soli gli argomenti che io posso confutare (improbabile) o lo fanno uniformemente (probabile).

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