
Il nuovo Superman firmato James Gunn è finalmente atterrato in sala. Era prevedibile che, con un personaggio così carico di storia, simbolismo e impatto culturale, si scatenasse una tempesta mediatica. E così è stato. Solo che — come sempre più spesso accade — la tempesta non è fatta di critica cinematografica, ma di schiuma ideologica. Mi riservo di scrivere sul film in sé più avanti: oggi voglio soffermarmi sulle polemiche, che nel panorama attuale sono diventate più interessanti (e tragicamente rivelatrici) del contenuto stesso.
La Boravia e il cortocircuito identitario
Partiamo dal bersaglio grosso. Una fetta consistente del mondo filo-israeliano, soprattutto di destra, ha deciso che Superman sarebbe da boicottare. Il motivo? Una nazione fittizia chiamata “Boravia” — alleata degli Stati Uniti e rifornita militarmente da Washington — massacra brutalmente civili disarmati in un’area rurale. Superman interviene per fermare il genocidio. Apriti cielo.
La macchina dell’indignazione si è messa in moto: “Attacco implicito a Israele!”, “Allegoria velenosa!”, “Antisemitismo mascherato da supereroismo!”. Il problema? La Boravia non l’ha inventata James Gunn, né qualche stagista radicalizzato su TikTok. Boravia è una creazione originale del 1939, firmata da due autori ebrei, Jerry Siegel e Joe Shuster — ovvero i creatori stessi di Superman. Era una nazione immaginaria modellata sull’Europa centrale prebellica, pensata per riflettere la minaccia nazista. Non uno strale antisemita, ma una dichiarazione d’allarme partorita dentro l’identità ebraica.
Che oggi venga trasformata in un pretesto per gridare alla delegittimazione d’Israele è il sintomo perfetto del cortocircuito culturale contemporaneo: l’identità come scudo, sempre, anche quando si spara a salve contro le proprie stesse radici.
I cattivi con l’accento russo, e il solito specchio deformante
Ma non finisce qui. Altro filone di indignazione: i cattivi parlano con accento russo. E allora, via con la sfilata degli opinionisti filo-Cremlino: “E l’Ucraina allora?”, “La NATO provoca!”, “Putin non aveva scelta!” — sempre la solita litania.
È interessante vedere come questa gente, spesso la stessa che per anni ha gridato “l’Occidente è debole!”, ora si accartocci sul proprio risentimento infantile appena una produzione americana osa rappresentare la Russia come forza aggressiva. Come se non avessimo un’invasione in corso, centinaia di migliaia di morti, deportazioni e bambini strappati alle famiglie. Ma guai a dirlo nel film di Superman: c’è il rischio che si offenda qualche influencer con il busto di Lenin in camera.
Il cretinismo ha cambiato bandiera
Ma il punto centrale è questo: il backlash anti-woke è arrivato. L’onda lunga dell’indignazione reazionaria ha superato l’oceano e ora travolge tutto. Solo che — ed è qui che la cosa diventa tragicomica — la cultura che produce è speculare a quella che pretende di combattere.
Stessa fragilità, stesso moralismo, stessa fame di censura. Cambiano solo le parole d’ordine. Prima era “inclusività forzata!”, ora è “attacco all’Occidente!”. Prima ci si indignava per l’assenza di minoranze, ora per la presenza di minoranze “sbagliate”. È una partita a specchi tra due infantilismi ideologici. Ma soprattutto, è un suicidio culturale: perché se a sinistra ci si è persi tra i pronomi, a destra ci si è persi tra i meme di propaganda russa.
Il risultato è che Superman, simbolo di idealismo, forza morale e senso del dovere, viene risucchiato dentro un’arena di strilli isterici dove nessuno ha più il coraggio — né l’intelligenza — di valutare l’opera per quello che è. C’è solo tribalismo, identità, appartenenza. Come se il valore di un film non dipendesse dalla sua qualità, ma dalla lista di hashtag che riesce a irritare.
E allora sapete cosa? Se Superman fa infuriare tutti — da sinistra, da destra, dai fan di Putin, dai falchi israeliani e dai piagnoni wokisti — vuol dire una cosa sola: probabilmente è un buon film. O quantomeno, un film che ha avuto il coraggio di fare ciò che l’arte dovrebbe sempre fare: sfidare.
Il resto è rumore di fondo.
(Giovanni Sarpi)
Prompt:
Intro: il nuovo "Superman" di James Gunn, appena uscito in sala, sta scatenando una bella ondata di polemiche, molte delle quali davvero stupide - non una novità. Mi riservo di scrivere sul film più avanti, oggi voglio evidenziare le polemiche principali.
parte 1: Molti israeliani e sostenitori filo-israeliani di destra invitano al boicottaggio del film, accusandolo di rappresentare Israele in modo negativo. Nel film, una nazione fittizia chiamata "Boravia" — alleata degli USA e armata dagli americani — opprime e massacra contadini indifesi, finché Superman non interviene per fermare il genocidio. Ma la Boravia è in realtà un'invenzione originale degli autori ebrei di Superman, Jerry Siegel e Joe Shuster, risalente al 1939. Era pensata per rappresentare una regione dell’Europa centrale sotto minaccia nazista.
parte 2: I “cattivi” del film parlano con accento russo: da notare come tanti critici del film siano del tipo "eh però la NATO, eh però l'Ucraina, eh però Putin che doveva fare".
parte 3: più in generale, il cretinismo sta cambiando di segno. Il backlash anti-woke è arrivato, ma, da come stiamo vedendo, è solo di segno contrario, ma culturalmente rasoterra.
articolo: intro, parte 1, parte 2, parte 3.
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