Supereroi in coma farmacologico

Torniamo a parlare di supereroi. Spinto da quella forma di ossessione selettiva che solo chi è cresciuto con i fumetti sotto il cuscino può capire, sono andato a vedere Superman di James Gunn e il nuovo I Fantastici Quattro. Due film molto diversi, entrambi interessanti, entrambi sintomatici. Ma se il paziente dà qualche segno di vita, non significa che sia guarito. Magari ha solo smesso di peggiorare.

Superman e i Quattro amici al bar

Il Superman di Gunn è un film fatto bene. Regia solida, scrittura calibrata, ritmo che tiene. Ma soprattutto: umorismo dosato. Finalmente. Non quella diarrea di battutine stile Thor: Love and Thunder, che sembrava scritta da un adolescente con l’ADHD. Gunn, va detto, è uno dei pochi registi che riesce a maneggiare l’ironia senza distruggere l’epica. E infatti, il suo Superman è credibile. Non indimenticabile, ma credibile.

Diverso il caso de I Fantastici Quattro, un film dalla facciata rétro anni ’60 che nella prima mezz’ora è anche divertente, poi diventa una lunga puntata di Friends, solo con più raggi cosmici e meno Ross. La leggerezza è piacevole, il ritmo c’è, ma alla fine esci dalla sala con la stessa soddisfazione che ti lascia una margherita da asporto: non male, ma neanche memorabile.

Il ritorno dei “divertentisti”

Questi timidi segnali di miglioramento hanno fatto esplodere l’entusiasmo online. I fan dei cinecomic, che da anni difendono anche l’indifendibile (vedi Morbius), hanno iniziato a lanciare fuochi d’artificio digitali. Secondo questa narrazione, chi ha criticato il genere negli ultimi tempi sarebbe un “hater reazionario”, mentre chi ha sempre trovato questi film “carini e divertenti” sarebbe il vero campione dell’apertura mentale, della tolleranza, dell’ottimismo e — ovviamente — dell’inclusività.

È il solito meccanismo binario da social: o sei con noi o sei un fascista. La sfumatura non è contemplata, e chi osa dire che un film può essere inclusivo ma anche una noia mortale viene immediatamente bollato come “boomer” o “gatekeeper del mito virilistico”. Argomenti da circolo della Playstation.

Il vero problema dei cinecomic

Ma la crisi dei supereroi non si spiega con il “woke” e basta. Sarebbe troppo comodo. Il problema è più tecnico e più profondo. Primo: il controllo crescente dei produttori, che hanno svuotato i film di qualsiasi visione autoriale. I registi sono diventati marionette con la sedia firmata. Tutto è testato, calcolato, addomesticato. Secondo: l’abuso dell’umorismo, che ha fatto evaporare la componente tragica e mitologica del genere. E senza tragedia, il supereroe è solo uno in costume che fa parkour tra le esplosioni.

Nei due film citati si vede qualche tentativo di inversione. Gunn ci prova davvero, e va riconosciuto. Ma resta un problema di fondo: non raccontano più nulla. L’industria ha smesso di osare, smesso di prendere posizione. Teme di offendere, teme di spaccare, e allora sorride a tutti. Ma chi cerca di piacere a tutti, finisce per non dire niente a nessuno.

Oggi i supereroi sembrano fuori posto in un’America sempre più polarizzata, dove da un lato c’è il radicalismo woke che vorrebbe riscrivere Dante in linguaggio neutro, e dall’altro il populismo MAGA che sogna di tornare ai tempi in cui si mangiavano hamburger a colazione e si bombardava il Medio Oriente a cena. In mezzo: il vuoto. Nessuna mitologia condivisa, nessun racconto universale. E i supereroi — spiace ricordarlo — sono mitologia moderna. Se non parlano a tutti, non parlano a nessuno.

Il mondo non li ascolta più

Il vero segnale d’allarme? Gli incassi. Superman ha fatto bene negli USA, ma fuori ha zoppicato. Gunn ha parlato di un sentimento antiamericano diffuso. Ed è vero: oggi l’America è più vista come un esportatore di caos che come un faro. Ma c’è di più. C’è un’ipocrisia sistemica: una società che da un lato vuole cancellare Omero perché non gender-neutral, e dall’altro lascia morire i poveri perché non hanno l’assicurazione sanitaria, non ha più niente da raccontare.

In questo contesto, un film che dipinge l’America come il regno dei buoni sentimenti sembra un prodotto vintage, scollegato dalla realtà, privo di risonanza. È come vendere un walkman nel 2025: magari qualche nostalgico lo compra, ma il mondo è già andato altrove.

Il cinecomic non è morto. Sta dormendo. È in coma farmacologico, alimentato da qualche scintilla tecnica e da un pubblico che ha smesso di credere ma non ha ancora smesso di pagare. Eppure, se vuole sopravvivere, deve tornare a fare quello per cui è nato: raccontare il mondo. Con coraggio, con epica, con senso tragico. E magari — ogni tanto — anche con una risata. Ma non solo con quella.

(Giovanni Sarpi)

Prompt:

Intro: torniamo a parlare di supereroi. Spinto da una curiosità che solo chi ama i fumetti può capire, sono andato a vedere Superman e I Fantastici Quattro.

parte 1: Il film di Superman, diretto da James Gunn, è tecnicamente molto ben fatto e usa l’umorismo con misura, senza scadere nella farsa come accade spesso nei cinecomic recenti. I Fantastici Quattro, invece, ha un’estetica rétro anni ’60 che diverte, ma alla lunga sembra una lunghissima puntata di "Friends". Nonostante tutto, il film ha ritmo e si esce dalla sala moderatamente soddisfatti.

parte 2: Questi segnali di miglioramento hanno scatenato online un entusiasmo eccessivo, quasi trionfalistico, da parte di chi da anni difende i cinecomic. Secondo questa narrativa, chi li ha criticati negli ultimi anni sarebbe un hater reazionario, mentre chi li ha sempre trovati “carini e divertenti” sarebbe una persona aperta, inclusiva e ottimista.

parte 3: Ma il vero problema dei cinecomic non è l’ideologia “woke”, che pure ha avuto un ruolo, bensì due fattori principali: Il crescente controllo dei produttori sui registi, che ha annullato la visione artistica e la coerenza narrativa. L’eccesso di umorismo, che ha cancellato la componente tragica e mitologica del genere, rendendo i supereroi sempre meno rilevanti nell’immaginario collettivo.
I due film migliorano sul piano tecnico, soprattutto Superman, ma non dicono nulla di significativo sul mondo di oggi. L’industria ha smesso di prendere posizione, temendo di scontentare qualcuno, e così ha perso la capacità di raccontare qualcosa di vero. I supereroi sembrano fuori posto in un’America spaccata tra estremismi opposti – da una parte il “woke” radicale, dall’altra il populismo MAGA – e incapace di costruire una mitologia condivisa. E i supereroi, non lo invento io, sono mitologia moderna.

parte 4: Il segnale d’allarme è già arrivato: Superman ha incassato bene negli USA, ma ha deluso nel resto del mondo. Gunn ha parlato di un sentimento antiamericano diffuso, e in parte è vero. Ma c’è anche dell’altro: una società che da un lato vuole cancellare Dante e Omero perché non inclusivi, e dall’altro lascia morire chi non può permettersi le cure, non ha più nulla da dire. E i film che raccontano un’America dei buoni sentimenti che non esiste più, finiscono per parlare nel vuoto.

articolo: intro, parte 1, parte 2, parte 3, parte 4.

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