
E alla fine pure Metal Machine Music (MMM d’ora in poi), zitto zitto, spegne cinquanta candeline. Cinquant’anni di polemiche, di battute velenose, di toni apocalittici (“il disco peggiore di sempre!”) e dichiarazioni d’amore (“il gesto più radicale nella storia del rock!”). Ne avevo già accennato mesi fa, di sfuggita. Ma oggi, complice l’anniversario, è il momento di guardarlo in faccia e, magari, trovare un modo per conciliare le due visioni.
Il “disco”
Partiamo dall’oggetto del delitto. Metal Machine Music, 1975, doppio LP su etichetta RCA, copertina con Lou Reed in posa da rocker di ordinanza e un titolo che sembra una promessa di elettricità e potenza. All’interno, invece, niente riff, niente strofe, niente ritornelli: solo una coltre ininterrotta di feedback, ronzii, distorsioni e armonici impazziti. Un’ora e mezza di rumore continuo, registrato con la chitarra infilata in un amplificatore e lasciata vibrare in un dialogo amoroso con l’overdrive.
Musicalmente: plastica sprecata
Se ci fermiamo all’aspetto puramente musicale, MMM vale meno del vinile su cui è inciso (e badate, negli anni ’70 la plastica costava meno di oggi). Non c’è “nulla” da ascoltare: nessuna progressione, nessuna melodia, nessun ritmo. È una distesa monolitica di suono sporco, che può incuriosire per un paio di minuti, come quando apri il cofano dell’auto e rimani ad ascoltare il motore che tossisce. Dopodiché, la domanda sorge spontanea: “E adesso, possiamo mettere su un disco vero?”.
Concettualmente: la velleità
Il quadro si fa ancora più tragicomico se passiamo all’idea dietro al disco. Lou Reed, armato di chitarra e amplificatore, decide di percorrere sentieri già battuti da giganti dell’avanguardia come John Cage o La Monte Young. Gente che, attraverso anni di ricerca, ha sviluppato un concetto di musica come pura esperienza del suono. Lou ci arriva tardi, senza la formazione e, soprattutto, senza il lavoro preparatorio che permette a un’idea di diventare linguaggio. È come se uno, dopo aver visto un paio di tele di Pollock, entrasse in casa e decidesse di svuotare il barattolo di vernice sul tappeto: stesso gesto, ma non proprio lo stesso spessore.
Il rock’n’roll della boiata
Eppure, poche cose sono più rock’n’roll di un rocker che fa una boiata inascoltabile credendo di “sfidare” i musicisti d’avanguardia. Anzi, non solo credendolo: dichiarandolo pubblicamente con l’ego di chi, se potesse, brevatterebbe il feedback. Lou Reed non era nuovo a questo tipo di sfide: amava mettersi in posa da intellettuale maledetto e, allo stesso tempo, ridere sotto i baffi per la reazione che avrebbe provocato. In questo senso, MMM è un colpo di teatro.
Il colpo di teatro contro la RCA
Se la musica è nulla, il gesto è tutto. Nel ’75 Lou Reed era legato mani e piedi alla RCA, che si aspettava un seguito del fortunato Sally Can’t Dance — un disco commercialmente redditizio, ma che persino Lou descriveva come “spazzatura fatta per vendere”. Invece, consegna un doppio LP di rumore puro, impossibile da passare in radio, invendibile se non agli appassionati di martelli pneumatici. Lo promuove con interviste deliranti, strafatto e più arrogante che mai. In questo senso, MMM è una dichiarazione di guerra: “Volevate un disco? Eccovelo. Buona fortuna”.
L’influenza e il mito
Certo, “ha influenzato i Sonic Youth, i My Bloody Valentine, e…”, dirà qualcuno. Vero. Ma tutti costoro hanno preso il feedback, lo hanno lavorato, modellato, scolpito, trasformandolo in musica. MMM non prova nemmeno a esserlo. È un gesto, un happening registrato, un dito medio inciso su vinile. La musica è un’altra cosa: qui c’è solo la colonna sonora di un appartamento con i fili elettrici scoperti.
In definitiva, Metal Machine Music è contemporaneamente una delle peggiori esperienze d’ascolto mai pubblicate e una delle più grandi trovate concettuali della storia del rock. È l’opera di un artista che non aveva alcuna intenzione di compiacere il pubblico, l’etichetta o i critici, e che, per una volta, riuscì a essere davvero libero. Un capolavoro di sabotaggio, e una porcheria sonora. La bellezza — se così vogliamo chiamarla — sta proprio lì.
(Luigi Colzi)
Prompt:
Intro: e alla fine pure "Metal Machine Music" (MMM d'ora in poi), zitto zitto, compie cinquant'anni. Un disco su cui si polemizza da cinquant'anni, fra chi lo vede come una porcheria senza senso e chi un'opera geniale. Ne avevo già parlato mesi fa in maniera tangenziale, oggi, complice l'anniversario, vuoi proporre una lettura che concilii entrambe le visioni.
parte 1: comincio con una piccola panoramica sull'album.
parte 2: se ci soffermiamo semplicemente sull'aspetto musicale, MMM vale meno della plastica su cui è inciso. Non c'è letteralmente nulla da ascoltare, se non una coltre di feedback stratificato. Che può andar bene per un paio di minuti, come curiosità.
parte 3: concettualmente, la questione si fa ancora più ridicola. Lou Reed, con amplificatore e chitarra, vuole attraversare i terreni battuti da musicisti come John Cage e La Monte Young - che però dopo un lungo lavoro arrivano ad un concetto di musica come esperienza del suono. Lou Reed ci arriva in ritardo e senza avere le minime capacità per affrontare un discorso del genere.
parte 4: volendo vedere, poche cose sono rock'n'roll quanto un musicista rock'n'roll che fa una boiata inascoltabile per "sfidare" i musicisti d'avanguardia credendosi un genio.
parte 5: fino a qui sembrerebbe una stroncatura. E se ci limitiamo alla musica, lo è. Ma la genialità è nel gesto: Lou Reed al tempo era vincolato alla RCA, cui doveva per contratto un disco. La RCA avrebbe tanto voluto un altro "Sally Can't Dance", disco di grande successo commerciale ma invero bruttarello. E si trovò per le mani MMM, un doppio vinile di puro casino, promosso da un Lou Reed perennemente strafatto e più arrogante del solito.
parte 6: "certo ma ha influenzato i Sonic Youth, i My Bloody Valentine, i...", direte. Certo, ma ciascuno di loro ha incorporato quel feedback, o se volete lo ha scolpito, creando musica. MMM non prova nemmeno a essere musica, se non nelle parole di chi associa alla musica la validazione personale e la definizione di sé stessi, e ci tiene a essere definito intellettuale.
Articolo: intro, parte 1, parte 2, parte 3, parte 4, parte 5, parte 6; esplora approfonditamente tutto quanto è emerso.
Assumendo la personalità di Luigi Colzi, scrivi un articolo, usando un tono sarcastico e arguto.
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