A Londra marcia l’“Uomo Nuovo”

A volte il passato non ritorna in sordina, ma con tanto di tamburi, bandiere e influencer pronti a fare da cassa di risonanza. È accaduto a Londra, dove la marcia “Unite the Kingdom”, convocata dal leader dell’estrema destra Tommy Robinson, ha radunato oltre 110.000 persone. Numeri impressionanti, certo, soprattutto se pensiamo che non si trattava di un concerto, ma di una parata di nazionalismo rancoroso. C’erano le Union Jack sventolate con un fervore che più che patriottico sembrava ossessivo, slogan identitari urlati con il tono dei crociati, e immancabili scontri con la polizia, che ha dovuto contenere la furia “democratica” di chi dice di difendere la libertà.

Sul palco, come in un circo globale, non potevano mancare le guest star: Elon Musk, sempre pronto a infilare un tweet infiammato tra una spedizione spaziale e un’auto che si guida da sola, ed Éric Zemmour, il polemista francese che da anni vive di revisionismo e nostalgia imperiale. L’immagine è quella di un’Internazionale del risentimento, più rumorosa e interconnessa che mai.

Il sintomo di una crisi più profonda

Chi pensa che questa marcia sia stata un episodio folkloristico, si illude. “Unite the Kingdom” non è solo un evento di piazza, ma un termometro della febbre che attraversa l’Occidente. Dietro la retorica del “popolo tradito”, c’è una crisi delle democrazie liberali che non sanno più convincere, né includere. E in questo vuoto tornano a farsi largo i vecchi fantasmi: l’“Uomo Nuovo”, figura mitologica che il Novecento ha già conosciuto nelle varianti fascista, nazista e comunista. Sempre lo stesso copione: l’individuo da sacrificare, il leader da idolatrare, la violenza come strumento di redenzione.

La differenza è che oggi questo “Uomo Nuovo” porta lo smartphone in mano, twitta indignazione e fa dirette Instagram mentre canta slogan identitari. Ma la sostanza resta quella: odio travestito da rinascita.

Il gioco sporco della comunicazione

Qui entra in scena la grande regia comunicativa della destra radicale, che ormai ha imparato a parlare due lingue. La prima è quella del whitewashing volgare: i media scandalistici che titolano su “patrioti in piazza”, minimizzando gli episodi di violenza e trasformando una marcia di estremisti in un raduno di famiglie felici con panini e bandierine. La seconda è quella del whitewashing “colto“, più sottile e pericolosa: i media moderati, liberali, che si affrettano a garantire il diritto di parola a tutti, anche a chi usa quella parola per invocare la distruzione dell’altro. La logica della falsa equivalenza: “Diamo spazio a tutte le opinioni”, come se dire “aboliamo le tasse” e dire “aboliamo gli immigrati” fossero entrambe legittime sfumature del dibattito democratico.

Così, pezzo dopo pezzo, la violenza viene normalizzata, sdoganata, quasi nobilitata. Fino a quando il confine tra il patriottismo e il fanatismo diventa talmente sottile da non essere più visibile.

Le Fosse Ardeatine come specchio deformante

Per capire questa dinamica basta osservare il modo in cui la storia viene manipolata. Prendiamo il revisionismo sulle Fosse Ardeatine: invece di ricordare l’eccidio nazista come la prova più brutale della ferocia fascista e hitleriana, qualcuno continua a insinuare che la colpa sia stata dei partigiani, “provocatori” irresponsabili. Ecco la chiave: la colpa non è mai dell’oppressore, ma di chi si oppone. È lo stesso schema che oggi si ripropone nelle piazze occidentali: non sono gli estremisti a preoccupare, ma i “radical chic” che li contestano; non è Robinson con i suoi slogan violenti a destabilizzare la democrazia, ma chi denuncia la pericolosità di questo linguaggio.

L’illusione dei moderati

La parte più inquietante è che questo meccanismo non funziona solo grazie agli ultras del nazionalismo, ma soprattutto per colpa dei cosiddetti moderati. Quelli che invitano alla calma, che dicono “parliamone”, che fanno finta di non vedere la ferocia sotto il trucco della rispettabilità. Sono loro, con la complicità silenziosa, a garantire la legittimazione dell’odio.

Il pericolo non è tanto il grido sguaiato delle piazze di Robinson, ma il mormorio complice dei salotti liberal che trasformano l’intolleranza in una voce “legittima del dibattito”. È da lì che passa la vera normalizzazione, quella che corrode le democrazie dall’interno.

Un monito finale

Quando in una capitale europea marcia un nazionalismo violento di massa, non è un dettaglio folkloristico da rubricare sotto “curiosità politiche”. È un campanello d’allarme. La storia ci ha già insegnato che il passo dalla piazza urlante all’istituzione piegata è breve. Ed è un passo che si compie sempre con la complicità di chi, in nome della democrazia, accetta che essa venga riscritta da chi la disprezza.

Ecco perché l’unico atteggiamento sano è la vigilanza critica. Perché se lasciamo che i nuovi nazionalisti si travestano da difensori del popolo, finiremo per scoprire troppo tardi che l’“Uomo Nuovo” di oggi è soltanto il vecchio mostro di ieri.

(Giancarlo Salvetti)

Prompt:

Articolo d'opinione approfondito e critico sul ritorno del nazionalismo violento in Occidente, prendendo come caso emblematico la marcia "Unite the Kingdom" organizzata da Tommy Robinson a Londra. L’articolo deve: Contestualizzare l’evento: descrivere la portata della manifestazione (oltre 110.000 partecipanti), i simboli nazionalisti presenti, gli scontri con la polizia e gli interventi di figure come Elon Musk ed Éric Zemmour.

Analizzare il significato politico e culturale: spiegare come questa marcia rappresenti un sintomo di una crisi più ampia delle democrazie liberali, e come il concetto dell’“Uomo Nuovo” riemerga con tratti simili a quelli del fascismo, nazismo e comunismo del secolo scorso.

Esplorare la strategia comunicativa della destra: distinguere tra il whitewashing volgare (media scandalistici) e quello “kulto” (media moderati/liberali), evidenziando il ruolo della falsa equivalenza e della normalizzazione dell’estremismo.

Approfondire il parallelismo storico: confrontare la narrazione attuale con quella revisionista delle Fosse Ardeatine, mostrando come si tenda a colpevolizzare chi si oppone all’estremismo piuttosto che chi lo promuove.

Concludere con un monito: sottolineare il pericolo della legittimazione dell’odio da parte dei “moderati” e l’urgenza di una vigilanza critica verso chi riscrive la verità sotto le spoglie della democrazia.

Assumendo la personalità di Giancarlo Salvetti, scrivi un approfondito articolo dal tono tagliente, ironico e brillante.


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