Beatrice Venezi alla Fenice: glamour, bacchette e drammi da reality

Beatrice Venezi è bella, bionda e glamour. Fin qui, nulla di male. Anzi, la giovane direttrice d’orchestra ha avuto l’intelligenza di costruirsi un’immagine che ha riportato un po’ di luce, e di copertina, su un mondo che spesso appare polveroso e distante. Merito suo se la musica classica ha avuto qualche titolo in più sui giornali patinati e qualche comparsata televisiva fuori dal solito cliché dei palchi austeri. Ma accanto al luccichio, ci sono anche le ombre: le sue vicinanze con l’estrema destra, l’uso di questo posizionamento per difendersi dalle critiche e, ultimo capitolo, il terremoto innescato dalla sua nomina al Teatro La Fenice di Venezia.

L’orchestra in rivolta

Il giorno stesso dell’annuncio, l’orchestra del Teatro ha fatto esplodere il caso. Con un comunicato secco, gli orchestrali hanno denunciato la totale mancanza di coinvolgimento nella scelta: nessuna audizione, nessuna prova, nessuna occasione per valutare se la nuova direttrice fosse all’altezza e, soprattutto, compatibile con il gruppo. In un ambiente come quello teatrale, fatto di equilibri delicati e rapporti di fiducia reciproca, è stato vissuto come un affronto. Per loro non era una questione personale contro la Venezi, ma di metodo.

I cori di protesta (questa volta veri)

All’indomani, il coro dei malumori si è allargato. L’Associazione Nazionale Maestri Collaboratori ha preso posizione parlando di nomina “incomprensibile e ingiustificabile”, rimarcando a sua volta la mancanza di trasparenza e l’assenza di rispetto per le maestranze artistiche. Anche il Coro della Fenice – quello vero – ha fatto eco, chiedendo che il loro lavoro non fosse trattato come dettaglio accessorio in una decisione di vertice. Insomma: l’orchestra, i collaboratori e il coro tutti uniti contro la direzione. Un plebiscito, ma al contrario.

Una carriera… da salotto

Al centro della tempesta c’è la percezione che Beatrice Venezi non sia arrivata lì per un percorso “naturale”, ma per un’imposizione dall’alto. Il suo curriculum non racconta una carriera fitta di collaborazioni internazionali o incarichi prestigiosi, ma piuttosto un itinerario fatto di orchestre locali, eventi privati o sponsorizzati, con poche prove di lunga durata alla guida di corpi stabili. C’è chi fa notare che Riccardo Muti, di orientamento politico non certo progressista, lavora senza sosta ed è celebrato in tutto il mondo: insomma, non è il colore politico a fare la differenza, né tantomeno il genere. Basta guardarsi attorno per trovare direttrici donne che hanno costruito carriere solide e rispettate: Marin Alsop, Susanna Mälkki, Mirga Gražinytė-Tyla. Non serve agitare il fantasma della discriminazione per spiegare la mancanza di riconoscimenti, quando esistono esempi concreti che la smentiscono.

Il solito teatrino (stavolta fuori dal palco)

Il dibattito si è acceso subito e ha preso la piega prevedibile: i difensori di Beatrice Venezi hanno puntato il dito contro i musicisti “zecche comuniste” che non sopportano la sua vicinanza alla destra; i detrattori hanno parlato di nomina politica, di una bandierina culturale messa nel cuore di Venezia. E, puntuale come l’entrata del tenore al secondo atto, la stessa Venezi si è dichiarata vittima di linciaggio mediatico. Un copione già visto, in cui le posizioni si irrigidiscono e nessuno sembra voler discutere di musica, ma solo di appartenenze.

La Fenice bruciacchiata

Il paradosso più grande è che, in un Paese che solitamente si dimentica persino dell’esistenza della musica classica, all’improvviso sono tutti esperti di direzione d’orchestra. Politici, opinionisti e pubblico generalista: ognuno con la sua bacchetta immaginaria in mano, pronto a impartire lezioni di merito artistico. Peccato che nel frattempo, chi davvero vive la musica – l’orchestra, il coro, i maestri collaboratori – si senta ignorato, scavalcato e poco rispettato.

E così, mentre i riflettori si accendono su questa nomina, il teatro musicale italiano ne esce con qualche bruciatura di troppo. Perché se la Fenice è il simbolo della rinascita dalle ceneri, la gestione di questo caso rischia di consegnarla all’immagine di un’istituzione che, invece di far volare la musica, inciampa goffamente nella politica e nella spettacolarizzazione. Lo psicodramma nazionale è servito: applausi, fischi e sipario.

(Luisa Bianchi)

Prompt:

Intro: Beatrice Venezi è bella, bionda e glamour. La giovane direttrice d'orchestra è stata molto brava a far parlare di sé, nel bene (come modo di porsi, per dare un'immagine più accattivante e contemporanea alla musica classica e alla sua divulgazione) e nel male (le sue vicinanze all'estrema destra, usata anche come scudo per fare vittimismo di fronte alle critiche). Poteva mancare uno psicodramma nazionale in occasione della sua nomina al Teatro La Fenice?

parte 1: La protesta è partita dall'interno del teatro stesso, rendendo la situazione esplosiva. Il giorno stesso dell'annuncio ufficiale, l'orchestra del Teatro ha denunciato con forza di non essere stata minimamente consultata sulla scelta, un gesto considerato una mancanza di rispetto verso il corpo artistico che dovrà lavorare con il direttore. Hanno sottolineato che non c'è stata alcuna audizione o prova pratica che permettesse all'orchestra di valutare la sua preparazione e affinità con il gruppo.

parte 2: Poche ore dopo, anche l'Associazione Nazionale Maestri Collaboratori (ANMC) ha pubblicato un comunicato di solidarietà con l'orchestra, definendo la nomina "incomprensibile e ingiustificabile". Anche loro hanno evidenziato la mancanza di trasparenza e la scelta di "ignorare le maestranze artistiche del Teatro". Per completare il quadro, anche il Coro del Teatro La Fenice ha espresso il suo sostegno all'orchestra, chiedendo "maggiore rispetto per il lavoro artistico di tutte le componenti del Teatro".

parte 3: Il conflitto di per sé sarebbe quindi di metodo: a direzione del Teatro La Fenice è accusata di aver imposto una scelta dall'alto, senza seguire le prassi collaborative che sono fondamentali in un teatro d'opera. L'episodio sembra essere la prova definitiva che la carriera di Beatrice Venezi procede grazie a nomine decise nelle stanze dei bottoni, scavalcando i normali percorsi di selezione e meritocrazia del mondo musicale. Del resto il suo curriculum parla chiaro: Ha diretto sempre orchestre locali, o in occasioni private e/o sponsorizzate, senza ricevere incarichi importanti di lunga durata, né essere richiesta particolarmente a livello internazionale. Riccardo Muti, di destra, lavora tanto ed è famosissimo. E ci sono tante direttrici dalle ottime carriere in giro (faccio esempi con nomi e cognomi), quindi essere donne o di destra non è un ostacolo per la carriera del direttore d'orchestra.

parte 4: i cori, e non quelli del teatro, sono cominciati subito. I difensori della Venezi che la difendono dagli attacchi degli orchestrali, che tanto si sa che sono tutti zecche comuniste. I detrattori che parlano di nomina politica per mettere una bandierina sul territorio culturale. La Venezi stessa che si dichiara vittima di linciaggio mediatico.

parte 5: cosa ci racconta tutto questo, soprattutto in un paese che normalmente non ha il minimo interesse per le sorti della musica classica, e ora di colpo sono tutti direttori? Di sicuro il teatro musicale italiano, da tutta questa vicenda, ci perde in reputazione.

Articolo: intro, parte 1, parte 2, parte 3, parte 4, parte 5; approfondisci dove ritieni necessario.

Assumendo personalità, background e stile di scrittura di Luisa Bianchi, scrivi un approfondito articolo come se fossi lei. Usa il suo tono ironico e leggero, col giusto umorismo.

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