La pace che piace a tutti (tranne a Hamas, Chef Rubio e la Flottilla)

Mentre i riflettori internazionali sono puntati sulla Flottilla – il remake stanco di una protesta che sa più di farsa nostalgica che di reale pressione diplomatica – io preferisco guardare altrove. Guardare a quelli che, piaccia o meno, stanno scrivendo il copione. E qui viene il paradosso: gli “adulti” della situazione, quelli che improvvisamente sembrano indicare la strada, hanno i volti di Donald Trump e Benjamin Netanyahu. Due orologi rotti che, per una volta, sembrano segnare l’ora giusta.

I quattro pilastri del nuovo piano

Il “piano di pace per Gaza” – che di nuovo ha solo la forma lucidata per i media – è basato su quattro punti scolpiti nella pietra:

  1. Restituzione degli ostaggi: condizione imprescindibile per aprire qualunque tavolo.
  2. Neutralizzazione di Hamas: la parola “distruzione” è stata sostituita da “neutralizzazione”, ma il concetto resta lo stesso.
  3. Ricostruzione di Gaza: affidata non ai palestinesi, ma a un consorzio di soggetti arabi e internazionali, con i soldi del Golfo.
  4. Forza di sicurezza internazionale: che sostituisca l’esercito israeliano, evitando sia l’immagine di un’occupazione sia il vuoto di potere.

In pratica: Gaza smilitarizzata, amministrata da altri, con Hamas fuori gioco. Una soluzione che non è frutto di bontà improvvisa, ma del classico pragmatismo da realpolitik: “se non puoi gestirli, commissariali”.

L’asse Israele-Arabi contro l’Iran

Il vero colpo di scena, però, non è il piano in sé, ma il contesto che lo sostiene. La vera novità è il riavvicinamento strategico tra Israele e i paesi arabi, un tabù spezzato già con gli Accordi di Abramo e oggi accelerato dal 7 ottobre.

Hamas, convinta di bloccare la normalizzazione con il suo massacro, ha ottenuto l’opposto: ha dato a Israele la scusa perfetta per agire con brutalità, e agli arabi il pretesto per stringersi in un’alleanza di fatto. L’asse dello scontro non è più Israele vs mondo arabo, ma Israele + mondo arabo vs Iran.

È la geopolitica che cambia pelle sotto i nostri occhi: mentre l’Occidente piange slogan e Flottilla, Riyad e Tel Aviv firmano memorandum energetici e parlano di sicurezza congiunta.

Gli esclusi dal banchetto

E qui arriviamo al punto più cinico: i palestinesi sono fuori dalla partita. Non contano più. Non decidono più nulla. Gaza sarà amministrata da “autorità internazionali” con una vetrina palestinese addomesticata, purché diversa da Hamas e Fatah.

Gli USA? Già pronti al disimpegno, contenti di lasciare la polvere nelle scarpe degli altri.
L’Europa? Marginale, spettatrice distratta. Solo Berlino e Roma provano a far finta di avere voce.
La Russia? Tagliata fuori.

Il Medio Oriente sta entrando in una fase che nessuno aveva previsto: Israele e le monarchie del Golfo alleate, Teheran isolata, e la causa palestinese retrocessa a nota a piè di pagina.

La trappola di Hamas

Per Hamas, la scelta è una sola, e fa male.

  • Accettare il piano: disarmarsi, sciogliersi, diventare irrilevante. In pratica, un suicidio politico e fisico.
  • Rifiutare: resistere fino all’annientamento, con nuove stragi e migliaia di civili sacrificati come scudi umani.

È un vicolo cieco. Senza armi, Hamas non esiste. Ma continuando a combattere, Hamas condanna Gaza a essere ridotta in macerie per anni. Una trappola perfetta: costruita non da Israele, ma dalla stessa logica suicida di Hamas.

Il piano che piace a (quasi) tutti

Ed eccoci al colpo di scena: questo piano piace praticamente a tutti.

  • Agli Stati Uniti, che così si sfilano.
  • All’Europa, che può fingere di contare.
  • Alle monarchie del Golfo, che guadagnano potere e prestigio.
  • Persino a buona parte di Israele, sia a destra che a sinistra.

Chi non lo vuole? I fanatici: i jihadisti, i falchi sionisti più estremi, la Flottilla, Francesca Albanese e Chef Rubio. Sì, anche lui, ormai più impegnato in una jihad di hashtag che tra i fornelli.

E immaginate se Hamas accettasse: Gaza ricostruita, gli ostaggi liberi, civili finalmente fuori dall’incubo. Chi resterebbe a “resistere”? Una manciata di attivisti italiani in cerca di ribalta, pronti a imbarcarsi su gommoni con striscioni, convinti di fare la Storia mentre il mondo gira pagina.

La pace cinica

Il paradosso finale: la pace a Gaza sembra possibile solo passando sopra i palestinesi stessi. Una pace cinica, ingiusta, ma forse l’unica praticabile.

Che piaccia o no, la Storia spesso si scrive così: non con la poesia delle bandiere, ma con i compromessi degli interessi. E mentre la Flottilla arranca in mare aperto, il Medio Oriente si muove verso un nuovo ordine.

Un ordine dove Hamas non c’è più, i palestinesi non decidono, e perfino Netanyahu e Trump – i soliti orologi rotti – finiscono per sembrare gli unici che sanno che ore sono.

(Serena Russo)

Prompt:

Intro: nel momento in cui gli occhi di tutti sono puntati sulla Flottilla, penso sia invece più responsabile osservare cosa fanno gli adulti - e stavolta intendo persino Donald Trump e Benjamin Netanyahu, molto probabilmente per la ben nota questione degli orologi rotti.

parte 1: il piano di pace per Gaza, sostanzialmente allineato a quello di Biden e Blinken, si basa su quattro pilastri: la restituzione degli ostaggi, la neutralizzazione di Hamas, la ricostruzione di Gaza affidata a soggetti internazionali arabi e una forza di sicurezza internazionale che sostituisca l'esercito israeliano.

parte 2: fattore chiave di questo cambiamento il riavvicinamento strategico tra Israele e i paesi arabi, spinto da interessi economici, tecnologici e strategici. Il massacro del 7 ottobre da parte di Hamas, invece di fermare questo processo, ha permesso a Israele di agire con forza e ha sepolto il conflitto arabo-israeliano, spostando lo scontro sull'asse Israele-Iran.

parte 3: Il nuovo scenario prevede un Medio Oriente pacificato dall'alleanza di fatto tra Israele e le monarchie del Golfo, che guadagnano autonomia dagli USA. Gli Stati Uniti si avviano a un disimpegno, mentre l'Europa (con l'eccezione di Germania e Italia) ha avuto un ruolo marginale. La Russia è estromessa. I palestinesi sono lasciati fuori dalla partita, con la loro causa ridotta a questione marginale. Il controllo di Gaza passerà a "autorità internazionali" con un'interfaccia palestinese estranea a Hamas e Fatah.

parte 4: Per Hamas, la scelta è semplice: accettare e scomparire, o rifiutare e essere annientati in mezzo a nuove stragi, con le vite dei civili e degli ostaggi considerate sacrificabili dagli attori decisivi. Certo, avrebbe un prezzo: Significherebbe il disarmo e lo smantellamento della sua struttura di potere a Gaza, che è l'esatto opposto dell'obiettivo per cui hanno combattuto. Accettare sarebbe un suicidio politico e probabilmente fisico per i suoi leader.

parte 5: questo piano piace un po' a tutti: Europa, Stati Uniti, sinistra e destra israeliane (fa quella fascista di Ben Gvir e Smotrich? non credo), ai paesi musulmani mediorientali (tranne l'Iran), alle varie fazioni palestinesi non-Hamas. Non piace naturalmente ai jihadisti, a Chef Rubio, a Francesca Albanese, alla Flottilla. Vi immaginate se Hamas accettasse? Avremmo solo gli attivisti italiani desiderosi di proseguire la guerra!

articolo: intro, parte 1, parte 2, parte 3, parte 4, parte 5; approfondisco dove necessario.

Scrivi un approfondito articolo, assumendo il ruolo di Serena Russo, tagliente, graffiante, ironico.

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