Rainbow Warriors vs bin Salman

Electronic Arts è stata acquistata per 55 miliardi di dollari da un consorzio guidato dal Fondo di Investimento Pubblico dell’Arabia Saudita (PIF), Silver Lake e Affinity Partners di Jared Kushner. Il più grande leveraged buyout della storia dei videogiochi. Ma la cifra pazzesca è solo lo sfondo. Il vero spettacolo è il contrasto tra il personale interno di EA — anelli al naso, capelli multicolor, slide PowerPoint sull’inclusione — e il principe saudita che, probabilmente, la prima volta che ha sentito la parola “diversità” ha alzato un sopracciglio e ha pensato: “Che roba inutile”.

Negli ultimi anni EA si è trasformata in un laboratorio di woke gaming. Dragon Age: Inquisition aveva già cominciato a mostrare la tendenza: personaggi LGBTQ+ e dialoghi politici inseriti a forza in campagne che avrebbero potuto essere semplicemente storie epiche. L’ultimo Dragon Age: Dreadwolf ha fatto un passo ulteriore, e non in meglio: personaggi e relazioni “politicamente corrette” a scapito di coerenza narrativa, gameplay poco rifinito e meccaniche di combattimento confuse. Il risultato? Critiche feroci da fan storici e un flop commerciale parziale, malgrado la campagna marketing miliardaria. Lo stesso si è visto con Mass Effect: Andromeda e i tentativi forzati di inclusione, che hanno finito per alienare il pubblico storico senza conquistare davvero quello nuovo. In altre parole, in nome dell’inclusione si è sacrificato ciò che rendeva i giochi EA memorabili.

Ora arriva Mohammed bin Salman. Il PIF prende il controllo di EA e il messaggio è chiaro: “I valori ideologici non ripagano i debiti.” I flop di Dreadwolf, le relazioni narrative forzate, i DLC filosofici e le microtransazioni mascherate da “progressismo” non sono più sfide creative: sono errori da 20 miliardi di dollari che qualcuno deve ripagare. MBS probabilmente li guarderebbe con un sorriso gelido e una frase asciutta: “Riducete il rumore, fate soldi, basta sentimentalismi.”

Il contrasto è epico: da una parte, gli impiegati EA pronti a difendere pronomi, representation e workshop sull’inclusione; dall’altra, un principe che tratta miliardi come pedine, senza esitazione e senza bisogno di sentimenti. Il woke incontra il realismo arabo: uno parla di uguaglianza, l’altro parla di cash flow e controllo strategico. I fan storici che hanno già storto il naso davanti a Dreadwolf ora potrebbero trovare conferma: l’inclusione, spinta al punto da sacrificare gameplay e narrativa, non salva il gioco né il portafoglio.

EA non è più solo una software house. È il campo di battaglia tra ideali e potere, tra morale aziendale e capitalismo vero. I giochi continueranno a uscire, certo, ma il boss finale non è più un publisher con slide colorate: è un principe che non conosce né colori, né hashtag, né pacchetti di diversità da vendere agli utenti. E guai a chi prova a spiegarglieli.

La morale? Il woke può salvare la reputazione, ma non ripaga i debiti. E davanti a 20 miliardi di dollari e a un principe con il pollice su licenze e controlli strategici, anche il più zelante rainbow warrior di EA impara in fretta che il vero potere non sta nei valori… ma nel portafoglio.

(Giovanni Sarpi)

Prompt:

intro: Electronic Arts è stata acquistata per 55 miliardi di dollari da un consorzio di investitori. Si tratta del più grande "leveraged buyout" (acquisizione con leva finanziaria) della storia. Di per sé verrebbe da dire "chi se ne frega", ma diventa improvvisamente interessante se pensiamo al passato recente della software house.

parte 1: faccio un excursus sulle varie controversie che hanno visto protagonista EA durante le ultime guerre culturali "woke".

parte 2: Il consorzio include il Fondo di Investimento Pubblico (PIF) dell'Arabia Saudita, Silver Lake e Affinity Partners di Jared Kushner. EA diventerà una società privata, non più quotata in borsa. L'accordo riconosce un premio del 25% sul valore di mercato dell'azienda.

parte 3: naturalmente, Il debito di 20 miliardi di dollari contratto per l'operazione potrebbe portare a tagli ai costi, riduzione degli investimenti in nuovi giochi e pressioni per generare più liquidità per ripagare il debito. L'accordo segna un'enorme espansione dell'influenza dell'Arabia Saudita nel settore dei videogiochi, che già include partecipazioni in Nintendo e Take-Two, nonché l'acquisto di aziende come Scopely e Niantic. Il paese sta anche investendo pesantemente negli eSports.

parte 4: il PIF è controllato dal principe Mohammed bin Salman, il cui governo è stato accusato di violazioni dei diritti umani, incluso l'omicidio del giornalista Jamal Khashoggi. Sembra che circa il 75% degli impiegati di EA, composti da zeloti con anello al naso e capelli multicolor d'ordinanza se la stia facendo sotto. Quale ironia!

articolo: intro, parte 1, parte 2, parte 3, parte 4.

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