
È un episodio gravissimo che sta passando sotto silenzio. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha condiviso un video palesemente falso, un deepfake generato dall’intelligenza artificiale, in cui si vede Giorgia Meloni che gli confiderebbe l’intenzione di abbandonare l’Ucraina.
Sì, avete letto bene: un falso video, diffuso dal leader della prima potenza occidentale, nel mezzo di una guerra che vive anche — e soprattutto — di propaganda digitale.
Il copione della disinformazione
Il contenuto del video è una sinfonia perfetta della narrativa russa: divisione dell’Europa, indebolimento della NATO, isolamento di Kyiv. Ogni parola, ogni “micro-espressione” sintetica della Meloni artificiale è un tassello costruito per un solo scopo: far vacillare l’unità occidentale.
Che Trump — l’uomo che già nel 2020 gridava ai brogli come un venditore ambulante di teorie del complotto — rilanci un simile contenuto, non è solo irresponsabile. È allarmante. È un segnale diretto e inequivocabile che la disinformazione non arriva più soltanto dalle fabbriche digitali di San Pietroburgo: oggi passa anche per gli smartphone dei leader globali.
L’obiettivo è chiaro come il sole a mezzogiorno nel deserto afgano: minare la credibilità del governo italiano, alimentare fratture interne tra Roma, Bruxelles e Washington, e mostrare all’opinione pubblica un’Italia “inaffidabile”, pronta a tradire i suoi alleati.
Non serve essere melonian* per preoccuparsi
Qualunque sia la nostra opinione su Giorgia Meloni — e non mi vedo certo come la sua più fervida sostenitrice —, qui non si tratta di simpatia politica. Si tratta di sovranità, di sicurezza, di capacità di difendere il dibattito pubblico da un attacco sistemico.
Quando un contenuto manipolato entra nel circuito mediatico internazionale e viene rilanciato da una figura come Trump, l’effetto è devastante: non solo semina sospetti tra governi, ma plasma anche la percezione pubblica. Bastano venti secondi di video per spostare umori, generare dubbi, creare divisioni.
E se oggi tocca a Meloni, domani potrebbe toccare a chiunque altro: al presidente della Repubblica, a un ministro dell’opposizione, o a un generale della difesa. I deepfake sono la versione digitale della menzogna di Stato — e la loro efficacia è tanto più alta quanto più ci illudiamo di poter distinguere il vero dal falso con “un colpo d’occhio”.
La guerra ibrida che non vediamo
Di “guerra ibrida” ho scritto spesso, ma vale la pena ribadirlo: non è una metafora. È un conflitto reale, condotto non con i carri armati ma con i dati, le emozioni e la manipolazione dell’informazione. È fatta di hackeraggi, fake news, troll farm, video manipolati e profili social costruiti a tavolino.
La Russia la combatte da anni con maestria, ma oggi è un terreno su cui tutti — anche gli Stati Uniti di Trump — giocano le proprie partite.
Chi controlla la percezione, controlla la realtà.
E oggi la percezione la controllano algoritmi e intelligenze artificiali che imparano a replicare non solo i volti, ma anche il tono, la postura e la retorica di chi vogliono imitare. È una guerra senza sirene d’allarme, ma con vittime vere: la fiducia, la verità, la democrazia.
L’Italia, vulnerabile per costituzione (digitale)
E ora veniamo a noi. L’Italia è particolarmente esposta a questi attacchi. Perché?
Perché il nostro ecosistema informativo è frammentato, emotivo e dominato da un consumo superficiale delle notizie. Perché non abbiamo un piano serio di difesa digitale nazionale. E perché siamo un Paese dove il dibattito politico preferisce la rissa alla verifica, il “sentito dire” al fact-checking.
Non basta indignarsi per un deepfake che coinvolge la premier: servono leggi, strumenti di verifica automatica, un’alfabetizzazione digitale che parta dalle scuole e arrivi ai talk show.
Serve la consapevolezza che la guerra ibrida non si combatte solo nei ministeri o nei laboratori di cybersecurity, ma anche — e soprattutto — davanti a uno schermo, con il dito pronto a condividere o a fermarsi un secondo per chiedersi: “È vero?”
E se vi sembra una domanda banale, ricordatevi che persino un presidente americano ha appena dimostrato di non farsela mai.
(Serena Russo)
Prompt:
Intro: È un episodio gravissimo che sta passando sotto silenzio. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha condiviso un video palesemente falso, un deepfake generato dall'intelligenza artificiale, in cui si vede Giorgia Meloni che gli confiderebbe l'intenzione di abbandonare l'Ucraina.
parte 1: Il contenuto di quel video riproduce perfettamente i cardini della propaganda russa: divisione dell'Europa, indebolimento della NATO e isolamento di Kyiv. Che il leader della prima potenza occidentale rilanci la disinformazione russa è allarmante. L'obiettivo è chiaro: minare la credibilità del governo italiano per seminare zizzania tra Roma, Bruxelles e Washington.
parte 2: Qualunque sia la nostra opinione sul governo Meloni (che non mi vedo certo come fervida sostenitrice), la politica italiana non può essere sabotata da campagne di disinformazione straniere (russe in questo caso).
parte 3: questo è un esempio plastico di quella guerra ibrida di cui ho già scritto.
parte 4: vi spiego ancora meglio perché tutto ciò è molto pericoloso e quanto l'Italia sia vulnerabile.
articolo: intro, parte 1, parte 2, parte 3, parte 4; approfondisco dove necessario.
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