
La vicenda dei fratelli Ramponi — due fratelli e una sorella — è tragica, così tragica che pare uscita da un film horror americano girato nella campagna più desolata. Se esistesse un crossover tra Non Aprite Quella Porta e Un Tranquillo Weekend di Paura, i Ramponi avrebbero ruoli da protagonisti: bruti, impenetrabili, mai sfiorati dalla civiltà, refrattari a qualsiasi sirena di norme sociali. Eppure, per certi versi, queste figure conservano un alone quasi romantico, come fossero eroi tragici del folklore contemporaneo, intrappolati nella loro catena di errori e follia.
La spirale discendente
Tutto ha inizio nel gennaio 2012, quando uno dei fratelli, alla guida di un trattore senza fari e senza assicurazione, causa un incidente fatale: muore Davide Meldo, 37 anni. Non è un episodio isolato, ma la scintilla che accende una spirale discendente. Per far fronte alle conseguenze economiche, nel 2014 i fratelli contraggono un mutuo ipotecario — secondo le accuse basato su una firma falsificata — che segna l’inizio di un tracollo finanziario inesorabile. Il debito si trasforma in pignoramento dei beni, e undici anni più tardi, la vicenda culmina in un epilogo tragico che avrebbe potuto essere evitato, se non fosse stato per una concatenazione di scelte stolte e circostanze sfavorevoli.
Questa parte della storia è quella “ufficiale”, fatta di numeri, scartoffie e articoli giudiziari. Ma come spesso accade, i numeri raccontano solo metà della verità.
La provincia: idillio ingannevole
La provincia italiana viene spesso celebrata come un Eden di tradizioni, campagne ordinate e valori semplici. Ma dietro la facciata di ulivi e trattori, si nascondono degenerazioni profonde, fragilità mentali e deviazioni che ricorda le “profonda provincia americana” dei film horror e dei reportage più crudi.
I Ramponi incarnano questa doppia anima: l’apparenza di normalità e la realtà di una violenza latente, che esplode quando il sistema — lo Stato, le banche, i vicini, persino i mutui — entra in collisione con la loro incapacità di adattarsi, di comprendere regole e limiti.
Non è solo lo Stato: è il degrado umano
Certo, lo Stato ha responsabilità, così come le banche e le istituzioni che hanno permesso il pignoramento dei beni, e la complessità del problema abitativo non aiuta. Ma ridurre i Ramponi a “vittime della povertà” o del “sistema” è un esercizio ingenuo.
La vera causa di questa tragedia è un’arretratezza culturale e morale, un degrado umano che genera individui pericolosi e imprevedibili. Persone che, seppur nate in Italia nel XX secolo, incarnano figure che potremmo immaginare solo in un film dell’orrore o in un romanzo gotico: imprevedibili, violente, crudeli per abitudine e istinto.
Pietro Pacciani e i suoi “compagni di merende” sono un precedente storico di questa Italia che non vogliamo vedere: un microcosmo di follia e perversione che prospera al riparo di valli, colline e frazioni apparentemente tranquille.
Il catechismo cattocomunista: attenzione ai cliché
E qui entra in scena la narrativa dominante di molti commentatori: “Certo, sono assassini, ma…”.
Secondo questa visione cattocomunista, nessun uomo nasce mostro; ogni gesto efferato sarebbe solo conseguenza del capitalismo, del trauma, della società. Nel caso dei Ramponi, naturalmente, la colpa ricade sulle banche, sui mutui, sul debito.
Io alzo le mani. Non perché non si debbano indagare le responsabilità sociali, ma perché a un certo punto la questione diventa ideologica: ogni crimine viene ridotto a un simbolo politico. E il rischio è dimenticare la tragedia concreta, fatta di vittime e carne umana, per trasformarla in slogan da social.
Lo Stato e la responsabilità di guardare in faccia la realtà
Sono fermamente convinto che lo Stato debba preoccuparsi degli ultimi — anzi, degli Ultimi, se vogliamo fare il politically correct. Garantire una rete sociale, abitativa, economica per chi è realmente in difficoltà è fondamentale.
Ma esistono anche casi umani che non possono essere scambiati per vittime innocenti. Esistono persone folli e pericolose, che il degrado culturale e morale ha trasformato in minacce per sé e per gli altri. Ignorarle o far passare la loro follia per conseguenza del sistema è un esercizio di autoinganno.
La vicenda dei Ramponi è la prova che il Male non è sempre sofisticato, non è sempre lontano, e spesso abita accanto a noi. La tragedia è doppia: quella dei morti e quella della nostra incapacità di leggere oltre la superficie, di comprendere la complessità senza cadere nel mito della “povertà come scusa universale”.
Tra romanticismo e terrore
I Ramponi restano, alla fine, figure inquietanti e quasi romantiche nella loro tragicità: un concentrato di istinto, follia e arretratezza culturale. Ma non possiamo celebrarli come simboli, né ridurre la loro storia a un paradosso sociale o politico.
Occorre guardare la realtà in faccia, con lucidità e ironia amara: a volte l’orrore è domestico, e nessuna ideologia può spiegare del tutto perché alcuni uomini scelgano di diventare mostri.
E noi, spettatori di questa tragedia, restiamo con la domanda sospesa: quanto di umano resta in chi si perde così profondamente?
(Giancarlo Salvetti)
Prompt:
intro: la tragica vicenda dei fratelli Ramponi (due fratelli e una sorella) è, appunto, tragica. I Ramponi, soprattutto, sembrano usciti dritti da un film come "Un Tranquillo Weekend di Paura" o "Non Aprite Quella Porta": bruti mai sfiorati dalla civiltà e refrattari ad ogni sua sirena. per certi versi quasi figure romantiche.
parte 0: La spirale discendente dei Ramponi ebbe inizio nel gennaio 2012, quando uno dei fratelli, alla guida di un trattore a fari spenti e sprovvisto di assicurazione, causò un incidente stradale in cui perse la vita il 37enne Davide Meldo. Per far fronte alle pesanti conseguenze economiche di questo evento, nel 2014 i fratelli contrassero un mutuo ipotecario - secondo le accuse basato su una firma falsificata - che segnò l'inizio del loro tracollo finanziario. Questo debito, unito all'impossibilità di pagare le rate, innescò il processo di pignoramento dei loro beni che li avrebbe condotti, undici anni dopo, alla tragedia finale.
parte 1: la provincia italiana, spesso ritratta in modo idilliaco, nasconda in realtà delle profonde degenerazioni e malattie mentali, simili a quelle che si associano tipicamente alla "profonda provincia americana" .
parte 2: Pur riconoscendo le colpe dello Stato, delle banche e le complessità dei casi specifici (come il problema abitativo), in certe situazioni la povertà non è la causa principale. La vera causa è un'arretratezza culturale e un degrado umano che genera individui "degenerati" e pericolosi, paragonabili a personaggi di un film dell'orrore. Pensiamo solamente a Pietro Pacciani e ai compagni di merende.
parte 3: eppure si legge moltissimo una spiegazione cattocomunista, "certo sono assassini ma...", quella per cui nessun uomo nasce mostro o malvagio, ma è solo vittima delle circostanze infelici - nel caso dei Ramponi, naturalmente, il problema sarebbe il Capitalismo. Qui alzo le mani. Perché a questo punto la questione diventa del tutto ideologica.
parte 4: sono fermamente convinto che lo stato debba preoccuparsi di aiutare gli ultimi, anzi, gli Ultimi, pardon. Però non possiamo nemmeno chiuderci gli occhi di fronte a veri e propri casi umani, folli e pericolosi, e farli pure passare per vittime.
Articolo: intro, parte 0, parte 1, parte 2, parte 3, parte 4; approfondisci dove ritieni necessario.
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