Perché “super partes” non basta più

Spesso, quando si critica il regime di Putin e la guerra in Ucraina, si viene sommersi da commenti aggressivi e basati su slogan propagandistici. Pratica ormai comune — e triste. Ma il problema non sono solo i troll che recitano copioni scritti a Mosca: il problema è più profondo, e riguarda anche chi troll non è affatto. Riguarda le testate, i think tank e le riviste che si definiscono “analitiche”, “super partes”, e invece finiscono per offrire un racconto viziato alla radice.

E in Italia, per capire come una narrazione si costruisce e si autoprotegge, basta guardare a un caso emblematico: Limes.

L’indulgenza come linea editoriale

Limes, rivista di geopolitica fondata da Lucio Caracciolo, è stata per anni un riferimento nel dibattito internazionale. Peccato che la sua lettura della Russia — e in particolare di Putin — sembri scritta con un guanto di velluto. Non è una novità: già nel 2007, nel numero intitolato “Russia-Ucraina: fratelli separati”, un lungo articolo recava un titolo quasi surreale col senno di poi: “Perché dobbiamo fidarci di Putin”. Dentro, si parlava del presidente russo come di un leader “pragmatico, modernizzatore e utile all’Europa”. Visione poetica, certo, ma difficilmente profetica.

Nel 2014, anno dell’annessione della Crimea, Limes pubblicò un numero dal titolo “Ucraina tra noi e Putin”, in cui si spingeva a suggerire che “la Russia agisce nel solco della sua logica imperiale, e ciò non va giudicato con la morale occidentale”. Tradotto: se Mosca invade, non è male, è solo “geopolitica”.
E così il confine tra analisi e giustificazione diventava improvvisamente evanescente.

Gazprom, denaro e linee editoriali

La geopolitica, come il giornalismo, costa. E quando a pagare sono aziende di Stato di un Paese autoritario, il sospetto è legittimo. Limes per anni ha ospitato inserzioni pubblicitarie di Gazprom, la colossale compagnia energetica russa. Non parliamo di leggende metropolitane: basta sfogliare i numeri di Limes degli anni 2008-2012, dove compaiono a piena pagina loghi e campagne della controllata Gazprom Germania.

Inoltre, nel Comitato scientifico della rivista hanno trovato posto, in diversi periodi, accademici e analisti legati al mondo energetico russo o a think tank finanziati da Mosca. Nulla di “criminale”, certo — ma l’indipendenza, in questi casi, non è solo una questione di intenzioni.

Quando una rivista che si proclama “super partes” incassa soldi o influenza da un colosso statale con evidenti finalità geopolitiche, la domanda è semplice: chi parla davvero, quando parla Limes?

Le mappe che parlano (più di mille articoli)

Nel 2015 Limes pubblicò una mappa che rappresentava la Crimea come territorio russo, con tanto di bandiera tricolore e dicitura “Federazione Russa”. L’ambasciata ucraina protestò ufficialmente. La risposta di Caracciolo fu emblematica:

“Le nostre carte descrivono la realtà di fatto, non quella di diritto.”

Bella formula. Peccato che sia la stessa con cui ogni potere autoritario giustifica i propri atti: “di fatto” li controlliamo, quindi va bene così.
È come dire che se un ladro occupa casa tua e ci mette le tende, sulla mappa va scritto “proprietà del ladro” — per “realismo”.

Quando la “voce alternativa” diventa megafono

Nel 2023, Limes ha ospitato a Roma un panel con Jeffrey Sachs, economista americano diventato una delle principali voci filo-russe dell’accademia occidentale. Sachs sostiene da mesi che l’invasione dell’Ucraina sia “una reazione legittima alle provocazioni NATO” e che “gli Stati Uniti hanno voluto questa guerra”. Tutto legittimo da discutere, ma… nessun contraddittorio. Nessuno che gli facesse notare i campi di filtraggio, i bambini deportati, i civili torturati.

Lo stesso Sachs è ospite fisso di Marco Travaglio su La7 e su Il Fatto Quotidiano, che lo accoglie con il rispetto riservato a un oracolo. Ma se una testata come Limes — che dovrebbe decostruire le narrative — lo tratta come se fosse un accademico neutrale, qualcosa non torna.

Il paradosso dell’autorevolezza

Ed ecco il punto: Limes viene ancora considerata una fonte “super partes”. E in parte lo è, nel senso che non si schiera con Washington né con Bruxelles — ma non schierarsi non significa essere neutrali. A volte è solo un altro modo per schierarsi con chi è più forte.

È il paradosso dell’informazione geopolitica italiana: chi dichiara di non avere padroni, spesso si limita a cambiare padrone di tanto in tanto. I lettori intanto, affamati di complessità, restano intrappolati in una comfort zone elegante, fatta di mappe bellissime e analisi che, sotto la superficie, raccontano sempre la stessa storia: quella del gigante russo come attore razionale e dell’Occidente come provocatore isterico.

La geopolitica non è un buffet

La geopolitica non è un buffet dove puoi scegliere quale invasione ti sembra “accettabile” oggi.
E non basta dire “noi non siamo filo-né-anti”: bisogna dimostrarlo con i fatti, con trasparenza sui finanziamenti e con un serio contraddittorio quando si danno microfoni a chi ripete la propaganda del Cremlino.

L’informazione indipendente, se vuole sopravvivere, deve imparare a sporcarsi le mani con la verità, non con gli sponsor.
E se una mappa “descrive la realtà di fatto”, allora sia chiaro: quella realtà si chiama occupazione militare, non “equilibrio geopolitico”.

La neutralità, in guerra, è un concetto nobile. Ma la complicità travestita da neutralità — quella no, non ha niente di nobile.
E come dicono in certi ambienti, “follow the money” non è un insulto. È il punto di partenza.

(Serena Russo)

Prompt:

Intro: Spesso, quando si critica il regime di Putin e la guerra in Ucraina, si viene sommersi da commenti aggressivi e basati su slogan propagandistici. Pratica purtroppo comune, che fa riflettere su quanto il dibattito possa essere inquinato. Ma il problema non sono solo i troll. È più profondo e tocca anche alcune fonti che consideriamo autorevoli.

parte 1: Prendiamo la rivista di geopolitica Limes. La sua narrazione sulla Russia è stata storicamente molto indulgente, se non apertamente apologetica. Questo non è un giudizio casuale, ma una costante che si ritrova scorrendo i suoi archivi: già nel 2007 un articolo si intitolava "Perché dobbiamo fidarci di Putin".

parte 2: perché questa linea così costante? Limes riceve da anni finanziamenti e inserzioni pubblicitarie da Gazprom, l'azienda energetica di stato russa. Non si tratta solo di pubblicità: nel comitato scientifico della rivista siedono figure legate alla compagnia.

parte 3: Questa connessione organica sembra aver plasmato una visione che Magnifica il ruolo geopolitico della Russia e di Gazprom, Oscura sistematicamente le violenze e gli scandali del regime,Anche dopo l'invasione del 2022, mantiene toni filoputiniani, seppur in una forma più raffinata e accademica, Pubblica articoli di megafoni del Cremlino e utilizza mappe che incorporano la Crimea russa, legittimando di fatto un'annessione illegale.

parte 4: È il paradosso di un'informazione che viene percepita come super partes, ma il cui punto di vista è viziato alla radice. Non ho potuto fare a meno di riflettere su tutto ciò quando ho visto contestare Jeffrey Sachs, ospite fisso di Marco Travaglio e naturalmente filo-russo fino al midollo, solitamente lasciato libero di parlare senza contraddittorio.

articolo: intro, parte 1, parte 2, parte 3, parte 4; approfondisco dove necessario.

Scrivi un approfondito articolo, assumendo il ruolo di Serena Russo, tagliente, graffiante, ironico. Rendilo immersivo. Aggiungi esempi.

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