Tra entropia e mercato: sopravvivere (bene) su un pianeta solo

Dopo aver affrontato la teoria della crescita endogena, penso sia corretto – e onesto – affrontare anche la sua critica più radicale: quella che ruota intorno al cosiddetto problema della Terra Unica. Perché se è vero che la teoria economica immagina un mondo di innovazione infinita, la fisica, purtroppo, ci riporta sempre al punto di partenza: viviamo su un pianeta solo, con risorse finite, e senza possibilità di upgrade.

Il limite fisico della crescita

L’argomento, in sintesi, è semplice quanto spiazzante: una crescita infinita è impossibile in un sistema chiuso. Non è un’idea nuova, anzi — ha radici profonde nella riflessione ecologica degli anni Settanta, quando l’economista Nicholas Georgescu-Roegen ebbe l’intuizione di applicare il principio dell’entropia all’economia. Ogni processo produttivo, diceva, consuma energia e materia in modo irreversibile, trasformando risorse ordinate in scarti inutilizzabili. In altre parole: l’economia non è una macchina per creare valore dal nulla, ma un processo termodinamico che paga un prezzo entropico per ogni passo avanti.

Da questa visione discende la teoria della decrescita: non un semplice rallentamento, ma una vera e propria rivoluzione culturale. Ridurre i consumi, ripensare la produzione, rinunciare all’idea di progresso quantitativo per abbracciare un benessere qualitativo. In sintesi: meno PIL, più felicità. L’idea è nobile, il problema è che la realtà economica tende a rispondere male agli inviti all’ascetismo.

Il progresso come parziale antidoto

Ora, prima di gettare il capitalismo nel compost, conviene guardare meglio ai fatti. In Europa, ad esempio, le emissioni di CO₂ si sono dimezzate dal 1979, mentre il PIL è raddoppiato. Non è un miracolo, ma il risultato di tecnologia, innovazione e regole di mercato ben disegnate. In altri termini: stiamo imparando a produrre di più consumando (e inquinando) di meno.

Detto questo, sarebbe ingenuo pensare che la tecnologia risolva tutto da sola. La crescita verde non cancella il problema delle risorse finite, né quello dell’impatto ecologico complessivo. È qui che si biforcano due visioni: una moderata e realista, che punta su transizione ecologica e innovazione all’interno dell’attuale sistema, e una radicale, che propone di abbandonare il capitalismo in favore di una “decrescita felice” o di un’economia stazionaria.

La prima visione cerca di adattare il sistema alle leggi della fisica; la seconda pretende di riscriverle.

La trappola della purezza

Personalmente, considero la via radicale economicamente insostenibile. Il mercato, con tutti i suoi difetti, resta il miglior meccanismo conosciuto per allocare risorse scarse. Togliete la dinamica dei prezzi, e togliete anche la bussola che orienta decisioni e innovazione. Senza di essa, qualunque sistema alternativo accumulerebbe inefficienze fino al collasso — e la storia economica del Novecento ne offre esempi lampanti, da Mosca a Caracas.

In altre parole, la decrescita “felice” rischia di diventare molto infelice non appena si passa dal piano delle idee a quello dei bilanci. Il paradosso è che, per garantire equità e stabilità in un mondo che deve forse rallentare, serve proprio ciò che i teorici della decrescita vorrebbero abolire: un’economia di mercato capace di autoregolarsi e correggersi, pur sotto vincoli più rigidi e con incentivi meglio orientati.

Tra catastrofe e adattamento

Vedo due scenari plausibili. Nel primo, la tecnologia mantiene la promessa di ridurre l’impronta ecologica, aprendo la strada a una crescita sostenibile e duratura. Nel secondo, la tecnologia non basta, e l’economia dovrà stabilizzarsi — forse decrescere leggermente — per rispettare i limiti fisici del pianeta.

Ma in entrambi i casi, la chiave non è negare il mercato: è usarlo meglio. Pianificare centralmente la scarsità è un esercizio di hybris burocratica destinato a fallire. Guidare invece la mano invisibile verso obiettivi più virtuosi – attraverso la politica industriale, la tassazione ambientale, la ricerca – è l’unico modo per conciliare ragione economica e sopravvivenza ecologica.

La Terra è una, sì, ma anche il cervello umano lo è. E la nostra capacità di adattamento, di creare e correggere, resta la risorsa più rinnovabile che abbiamo. Purché, ogni tanto, ricordiamo che non siamo i padroni del pianeta, ma gli inquilini. E che conviene sempre tenersi buono il padrone di casa.

(Emma Nicheli)

Prompt:

intro: dopo aver affrontato la teoria della crescita endogena, penso sia corretto affrontare pure la critica radicale a questo modello: il problema della "Terra Unica".

parte 1: L'argomento, in sintesi, è che una crescita infinita è impossibile in un pianeta dalle risorse finite. Questa non è un'idea nuova: già negli anni '70, l'economista Nicholas Georgescu-Roegen applicò il principio dell'entropia all'economia, osservando che ogni processo produttivo consuma energia e materia in modo irreversibile. Da qui nasce la teoria della decrescita, che propone un cambiamento drastico del nostro sistema per riequilibrarci con il pianeta.

parte 2: Ma le cose stanno davvero così? I dati ci dicono che, almeno in parte, la tecnologia sta già aiutando a mitigare il problema. Ad esempio, l'Unione Europea ha dimezzato le sue emissioni di CO2 dal 1979, nonostante il PIL sia raddoppiato. Tuttavia, il problema di fondo rimane. Ed è qui che si crea una divisione tra due approcci: Un approccio moderato e realistico, che punta su innovazione e transizione ecologica compatibile con l’attuale sistema. Un approccio radicale, che propone l’abbandono del capitalismo e l’adozione di un modello di "decrescita felice" o di economia stazionaria.

parte 3: Personalmente, ritengo che la via radicale sia economicamente insostenibile. Senza il meccanismo dei prezzi e del mercato – che sono essenziali per allocare le risorse in modo efficiente – qualsiasi sistema alternativo accumulerebbe errori e inefficienze, portando al collasso. La storia economica del secolo scorso ce lo ha ampiamente dimostrato. Vedo due scenari possibili: nel primo, La tecnologia riesce a superare la crisi entropica, permettendo una crescita sostenibile a lungo termine, nel secondo, La tecnologia non basta, e il sistema dovrà stabilizzarsi o decrescere leggermente.

parte 4: In entrambi i casi, però, l'unico sistema in grado di gestire la transizione o la nuova realtà – garantendo benessere e stabilità – rimane un’economia di mercato. Anche in uno scenario di decrescita, un sistema pianificato centralmente fallirebbe nel gestire la complessità e la scarsità. Il problema ecologico è reale e serio, ma la risposta non sta nell'abolire il mercato, bensì nell'orientarne le dinamiche attraverso l'innovazione e politiche lungimiranti.

articolo: intro, parte 1, parte 2, parte 3, parte 4; approfondisci dove necessario.

Assumendo la personalità di Emma Nicheli, scrivi un articolo approfondito, con tono serio ma gradevole, non privo di una certa ironia. Rendi l'articolo immersivo.

Scopri di più da Le Argentee Teste D'Uovo

Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.

Lascia un commento