Una gogna lava l’altra

Stavo per scrivere un articolo in cui spiegavo come mai, nella mia attività di consulente editoriale, ho fatto la scelta di non trattare scrittori italiani — e cioè, per riassumere: perché li ho conosciuti. Ma poi i social, sempre in vena di esperimenti antropologici involontari, hanno sottoposto alla mia attenzione una vicenda troppo stupida, troppo contorta e troppo irresistibile per non essere commentata nemmeno un po’.

Il dramma in tre atti (e mille storie Instagram)
Forse già lo sapete: Carlotta Vagnoli, Valeria Fonte e Benedetta Sabene — tre note attiviste e divulgatrici — sono state ufficialmente indagate per stalking. L’accusa riguarda una presunta campagna di persecuzione e “annientamento” mediatico ai danni di un uomo, che dichiara di aver subito un tale crollo psicologico da tentare il suicidio.
Ora, non entrerò nel merito giudiziario: lasciamolo a chi indossa le toghe e i filtri bellezza. Ma è curioso notare come la scena italiana, che solo ieri celebrava il “femminismo digitale” come una rivoluzione di sorellanza, si ritrovi oggi in un remake social del Trono di Spade, con meno spade e più post condivisi.

Call out, call in, call center
La vicenda ha portato all’attenzione del pubblico la pratica del “call out” — scritta rigorosamente così, per darsi un’aria cosmopolita anche quando si confonde la “accountability” con il linciaggio in diretta.
In teoria, il call out serve a denunciare pubblicamente comportamenti abusivi, scorretti o tossici. In pratica, in Italia si traduce con “fare le storie parlando male di qualcuno, possibilmente con lo smalto sbavato”.
Da pratica politica è diventata uno sport olimpico: non si denuncia per cambiare, ma per ottenere engagement. Ogni tweet, ogni reel, ogni caption indignata è una scheggia di potere temporaneo, un voto nella grande elezione quotidiana del web.

Selvaggia Lucarelli e il dono dell’ubiquità digitale
E come in ogni saga contemporanea, arriva lei: Selvaggia Lucarelli, l’unica persona in Italia capace di possedere simultaneamente tutte le chat private di chiunque.
Un giorno, qualcuno dovrà davvero indagare come faccia — forse è Pete Hegseth che, per errore, le inoltra le conversazioni più piccanti del Paese, o forse le chat, come i piccioni, semplicemente la trovano.
Comunque sia, la Lucarelli pubblica le conversazioni interne del gruppo delle tre attiviste, scatenando la vendetta speculare del pubblico. Ecco la meta-gogna: la gogna delle gognatrici, il contro-linciaggio con filtri ben calibrati e morale a due tempi.
È la quadratura del cerchio morale contemporaneo: tutti giudicano, nessuno riflette, e il vero vincitore è l’algoritmo che si pappa i click.

Cecilia Sala e il nastro di Möbius della gogna
Non poteva mancare il colpo di scena: Cecilia Sala, giornalista rispettata e presenza fissa nell’immaginario audio dei millennials informati, scopre di essere stata insultata nelle chat delle tre attiviste.
Risponde pubblicamente. Con toni fermi, eleganti, ma sempre pubblici. E così nasce la meta-meta-gogna: la gogna della gogna della gogna.
Siamo ufficialmente nel punto in cui l’indignazione si autoalimenta come una batteria perpetua di ipocrisia e indignazione. Il nastro di Möbius morale: ogni parte è contemporaneamente il lato giusto e quello sbagliato.

L’inverosimile equilibrio della stupidità umana
In tutta questa storia, ci perdono tutti.
Le attiviste, travolte da un gioco che non controllano più. L’uomo, la cui sofferenza viene brandita come un trofeo dialettico. Cecilia Sala, costretta a difendersi da parole scritte in un gruppo privato. E perfino Selvaggia Lucarelli e le sue poppe — che un tempo potevo considerare il suo contributo più sincero alla società — ora sembrano meno interessanti, come se la sovraesposizione morale avesse scolorito anche l’eros.

La verità è che siamo davanti a un caso di pura, scintillante, miracolosa inverosimiglianza: un femminismo digitale che si sbriciola nella sua versione distorta, un giornalismo che vive di leak, e un pubblico che finge di indignarsi mentre scorre con il pollice, tra una storia indignata e un outfit del giorno.

È il grande spettacolo della nostra epoca: tutti protagonisti, tutti vittime, tutti colpevoli — e nessuno elegante.

(Margherita Nanni)

Prompt:

Intro: stavo per scrivere un articolo in cui spiegavo come mai, nella mia attività di consulente editoriale, ho fatto la scelta di non trattare scrittori italiani. Ma poi i social hanno sottoposto alla mia attenzione una cosa troppo stupida per non essere commentata nemmeno un po'.

parte 1: forse già lo sapete. Tre note attiviste e divulgatrici (Carlotta Vagnoli, Valeria Fonte e Benedetta Sabene) sono state ufficialmente indagate per stalking. L'accusa riguarda una presunta campagna di persecuzione e "annientamento" mediatico ai danni di un uomo, il quale ha dichiarato di aver subito conseguenze psicologiche tanto gravi da condurlo a tentativi di suicidio.

parte 2: La vicenda ha portato all'attenzione del pubblico la pratica del "call out" (come scrive chi non sa l'italiano né l'inglese), ovvero la messa alla gogna di un individuo sui social network con l'obiettivo di screditarlo pubblicamente.

parte 3: Uno sviluppo ulteriore ha visto la giornalista Selvaggia Lucarelli pubblicare su un quotidiano le chat private del gruppo (un giorno qualcuno deve scoprire come fa la Lucarelli ad avere tutte queste chat private - gliele spedisce per erorre Pete Hegseth?), scatenando di fatto una reazione mediatica speculare contro le stesse attiviste. La meta-gogna!

parte 4: In reazione a questi eventi, la giornalista Cecilia Sala, insultata negli scambi privati, ha espresso una forte critica sui propri canali. La meta-meta-gogna? Il nastro di Moebius della gogna? La gogna alla gogna?

parte 5: ci perdono tutti. Pure la Lucarelli e le sue poppe, che un tempo riuscivo a prendere come il suo costante lato positivo. articolo: intro, parte 1, parte 2, parte 3, parte 4, parte 5.

Approfondisci dove ritieni necessario. assumendo la personalità di Margherita Nanni, scrivi un articolo brillante, divertente, colorito, senza moralismo, ma cogliendo il fascino dell'inverosimiglianza della vicenda.

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