Il Super-Esercito Russo e la Realtà dei Fatti

Che ne dite di un bel reality check sulla Grande Madre Russia e sulla sua “Seconda Guerra Patriottica”? Da diciotto mesi ci raccontano la stessa fiaba: l’esercito russo come uno tsunami d’acciaio che travolge tutto ciò che incontra, un colosso inarrestabile, un Leviatano che procede sicuro verso la vittoria finale. Peccato che, osservando le mappe invece dei talk show, la storia cambi: sedici mesi per non conquistare completamente Pokrovsk, una cittadina di modeste dimensioni.
Vi immaginate un esercito che dopo diciotto mesi non riesce a prendere Viterbo o Viareggio? No? Eppure è quello che sta succedendo.

L’implacabilità… raccontata

Azione russa: “inarrestabile”.
Risultato: tre isolati, due palazzi, un quartiere che cambia mano ogni quindici giorni.

Questa implacabilità si misura in migliaia di perdite per guadagnare una rotonda, a un prezzo di vite che definire “insostenibile” è un eufemismo. Le città diventano cumuli di macerie che però, ironia della storia, resistono più dei soldati mandati a conquistarle.

Nel frattempo l’Ucraina ha fortificato le linee successive: trincee, campi minati, posizioni d’artiglieria. Ogni chilometro avanzato è un mese di logoramento garantito. Non stupisce che Putin provi la carta della “soluzione diplomatica” — leggasi: dateci territori che non abbiamo conquistato, così evitiamo mesi (o anni) di figuracce.
Sembra un negoziato, assomiglia a una rapina.

Il super-esercito che non prende la capitale

Quattro anni di guerra.
Kyiv è lì, intatta.
Il Donbas “annesso” resta un puzzle incompleto.

Un esercito che si presenta come il secondo al mondo non è riuscito a prendere né la capitale né le città chiave che giustificavano — sulla carta — l’intera invasione. La “vittoria inevitabile” esiste… solo nei post Telegram di Mosca e nei salotti italiani.

Sul campo, i progressi russi sono minimi. Al limite della depressione.
Nella propaganda, specialmente in Italia, la Russia trionfa.
Siamo il Paese dove basta uno studio di dieci minuti su Google Maps per diventare “analista geopolitico”, dove il Donbas è improvvisamente più conosciuto del Cilento, e dove i tank russi sembrano più veloci quando scorrono su uno schermo da 55 pollici in diretta TV.

Il fronte decisivo: le menti

La guerra vera, ormai, non è solo sul terreno: è nella testa della gente.
E lì la Russia ha capito da tempo come combattere.

In Italia — Paese meraviglioso ma permeabile come una spugna intrisa di nostalgia sovranista — il Cremlino non ha bisogno di carri armati. Gli basta trovare due o tre conduttori compiacenti, un paio di opinionisti specializzati in tuttologia, e il gioco è fatto.

Se l’Europa, sedotta dalla narrazione filorussa, ritirasse il sostegno all’Ucraina, sarebbe un successo strategico epocale per Mosca. Niente carri armati, niente missili. Solo talk show e disinformazione.
Un continente meno unito, più isolazionista, più litigioso: il sogno bagnato del Cremlino.

Il giornalismo italiano, quello vero… e quello televisivo

Qui entra in gioco un tema che conosco bene: il nostro mestiere.
Da oltre due anni vediamo, nei principali talk show, una sfilata di volti sempre uguali, sempre con lo stesso copione.

Ci sono figure che promuovono sistematicamente una narrazione filorussa. Alcuni con curriculum che, diciamo così, non brillano per distanza da Mosca:

  • Jeffrey Sachs, ex consulente del governo russo, presentato come “voce neutrale e pacifista”;
  • Alessandro Di Battista, che in passato ha intrattenuto rapporti politici con Russia Unita;
  • Lucio Caracciolo, la cui rivista ha avuto collegamenti editoriali con ambienti legati a Gazprom.

Nulla di illegale, per carità.
Ma spacciare per “analisi super partes” ciò che in altri Paesi verrebbe etichettato come soft propaganda non è esattamente una prova di trasparenza.

Pluralismo sì, dabbenaggine no

Il pluralismo è vitale.
Ma pluralismo non significa accogliere qualsiasi tesi come se fosse un fungo commestibile trovato nel bosco. Alcuni sono velenosi. Alcuni sono letali.

Il problema non è invitare queste figure — il problema è lasciarle parlare senza un contraddittorio serio.
Falsità documentate, ripetute in prima serata, passano lisce come l’olio:

  • sul Memorandum di Budapest,
  • sui negoziati di Istanbul,
  • su Euromaidan, presentata ancora come un colpo di Stato orchestrato dalla CIA.

La7 è un’emittente privata, libera di invitare chi vuole.
Ma i giornalisti che la rappresentano hanno un dovere: contrastare attivamente la disinformazione, non lasciarla sedimentare come polvere negli interstizi della democrazia.

Nessuno chiede censura.
Chiediamo professionalità.
Chiediamo che la verità non venga trattata come un’opzione del menu.

Svegliamoci

La guerra in Ucraina continua.
L’avanzata russa arranca.
Le città resistono.
Le mappe non mentono.

La propaganda, però, corre veloce.
Soprattutto in Italia, dove ogni giorno c’è qualcuno pronto a ripetere la narrativa del Cremlino con un sorriso rassicurante, come se fosse un servizio clienti.

È qui che si gioca una battaglia decisiva: non per il controllo di Pokrovsk, ma per il controllo del buon senso.
E se c’è una cosa che ho imparato in anni di zone di guerra, è questa:
la verità non ha bisogno di essere gridata per essere forte. Basta che venga detta.

(Serena Russo)

Prompt: 

Intro: che ne dite di un bel reality check sulla Grande Madre Russia e la sua Seconda Guerra Patriottica? Da diciotto mesi si ripete la stessa narrazione: la Russia avanza inarrestabile, descritta come uno tsunami d'acciaio. Eppure, osservando le mappe, non è riuscita a conquistare completamente Pokrovsk, una cittadina di modeste dimensioni, in sedici mesi. Vi immaginate un esercito che dopo diciotto mesi non riesce a conquistare Viterbo o Viareggio?

parte 1: Questa implacabilità si misura in migliaia di perdite per guadagnare pochi isolati, trasformando città in cumuli di macerie che ancora resistono. Nel frattempo, l'Ucraina ha fortificato le linee successive, preparando per l'esercito russo ulteriori mesi di guerra logorante. Non stupisce che Putin cerchi una soluzione "a tavolino", chiedendo la cessione di territori non ancora conquistati, in una proposta che assomiglia più a una rapina che a una pace.

parte 2: Dopo quattro anni di guerra, il "super-esercito" russo non ha preso Kyiv, né ha consolidato il controllo sulle repubbliche del Donbas già annesse sulla carta. C'è da chiedersi se la "vittoria inevitabile" non sia una fantasia, utile solo a chi la racconta per mascherare errori di valutazione. Sul campo, i progressi sono minimi; nella propaganda, specialmente in Italia, la Russia trionfa.

parte 3: Il fronte decisivo di questo conflitto non è più solo il terreno, ma la credulità dell'opinione pubblica. La Russia rischia di vincere in Italia, senza sparare un colpo, conquistando non il territorio, ma le menti e i palinsesti. Il pericolo è duplice: se l'Europa, influenzata da narrative filorusse, ritirasse il sostegno all'Ucraina, si frammenterebbe in sovranismi divisi, rendendola vulnerabile.

parte 4: Alla luce delle considerazioni sulla guerra in Ucraina e sulla sua rappresentazione mediatica, è necessario integrare il quadro con una riflessione sul ruolo del giornalismo italiano, in particolare di alcune delle sue figure più influenti. Da oltre due anni, nei principali talk show, si assiste alla presenza ricorrente di personaggi che promuovono una narrazione filorussa. Alcuni di essi hanno o hanno avuto legami documentati con Mosca, come Jeffrey Sachs (ex consulente del governo russo), Alessandro Di Battista (con legami con Russia Unita) o Lucio Caracciolo (la cui rivista ha avuto connessioni con Gazprom).

parte 5: il pluralismo è vitale, ma non è sinonimo di neutralità acritica di fronte alla disinformazione. non si dovrebbe legittimare, senza un contraddittorio rigoroso e immediato, chi diffonde narrative che giustificano l'aggressione di un Paese sovrano. La7, in quanto emittente privata, ha piena autonomia editoriale. Tuttavia, i conduttori e i giornalisti che la rappresentano hanno un dovere deontologico preciso: contrastare attivamente la disinformazione, soprattutto quando riguarda questioni di sicurezza nazionale e democrazia. Non si chiede censura, ma maggiore vigore nel confutare in dirette falsità documentate (sul Memorandum di Budapest, sui negoziati di Istanbul, su Euromaidan) che troppo spesso restano senza una smentita adeguata.

articolo: intro, parte 1, parte 2, parte 3, parte 4, parte 5, ; approfondisco dove necessario.

Scrivi un approfondito articolo, assumendo il ruolo di Serena Russo, tagliente, graffiante, ironico. Rendilo immersivo.

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