Si apra il dibbbattito!

È uscito al cinema Buen Camino, l’ultimo film di Checco Zalone, e puntuale come una cartella esattoriale è arrivato il dibattito culturale. Sempre lo stesso, sempre uguale, sempre inutilmente isterico. Zalone fa un film e mezza Italia smette di guardarlo per iniziare a spiegare perché non dovrebbe far ridere così tanta gente.

Da una parte ci sono i detrattori: Zalone ripete la formula, non graffia più come agli esordi, è diventato un prodotto industriale, rassicurante, addomesticato. La satira non morde più, accarezza. Insomma, il solito processo al comico che ha avuto troppo successo per restare simpatico. In Italia funziona così: puoi essere geniale finché resti minoranza. Quando fai il botto, diventi sospetto.

Dall’altra parte ci sono i sostenitori, che fanno notare una verità semplice ma fastidiosa: far ridere milioni di persone non è un crimine, è una competenza rarissima. E Zalone ce l’ha. Piaccia o no, riesce a raccontare vizi, ipocrisie e piccole miserie italiane con una chiarezza che molta produzione “impegnata” si sogna. Il suo cinema arriva dove tanti film pieni di buone intenzioni non arrivano: al pubblico reale, non a quello immaginato nei salotti.

Il punto vero, però, è un altro e nessuno ha voglia di affrontarlo seriamente. Ha senso giudicare il cinema popolare con gli stessi parametri del cinema d’autore? Davvero pretendiamo che un film nato per intrattenere masse debba avere la stessa radicalità formale o la stessa ambizione estetica di un’opera pensata per i festival? E soprattutto: chi decide chi ha il diritto di far ridere e in che modo? La critica? Il pubblico? Twitter? Non esiste una risposta univoca, e forse è proprio questo che manda in crisi molti commentatori.

Personalmente, Zalone lo apprezzo molto. E trovo che gran parte della polemica sia sterile, autoreferenziale, più interessata a dire qualcosa su chi critica che su ciò che viene criticato. Se proprio vogliamo fare un appunto sensato, è sul piano visivo: i suoi film restano ancorati a una messa in scena che profuma ancora di televisione, di comfort zone produttiva. Lì sì, ci sarebbe spazio per osare di più. Ma questo non cancella il dato centrale: Zalone intrattiene, comunica, arriva. E in un paese che fatica a capirsi, non è poco.

Il vero spettacolo tragicomico, però, arriva dopo. Quando la politica prova ad appropriarsi anche di Checco Zalone, trasformandolo nell’ennesimo vessillo della “cultura di destra che fa impazzire i radical chic”. Una sciocchezza colossale che alza ulteriormente il livello medio dell’idiozia nazionale. Possibile che in Italia non si riesca a respirare senza infilare tutto nella solita gabbia destra contro sinistra? Anche una risata deve schierarsi, prendere tessera, giurare fedeltà?

Zalone fa film comici. Punto. Non è un tribuno, non è un manifesto, non è un’arma culturale. È uno che fa ridere un paese intero. E forse è proprio questo, più di ogni altra cosa, che dà fastidio a tanti.

(Giovanni Sarpi)

Prompt:

intro: È uscito al cinema "Buen Camino", l'ultimo film di Checco Zalone, scatenando il consueto e acceso dibattito culturale che accompagna i suoi lavori.

parte 1: Da una parte, i detrattori sostengono che il comico ripeta ormai una formula consolidata, con una satira meno corrosiva e più addomesticata rispetto agli esordi, diventato un prodotto industriale che rassicura più di quanto non osi.

parte 2: Dall'altra, i sostenitori ribattono che il suo talento nel far ridere un vasto pubblico non è una colpa, ma una qualità rara, e che la sua comicità riesce a fotografare i vizi e le ipocrisie della società in modo più efficace di molte opere più dichiaratamente impegnate.

parte 3: La discussione, spesso infiammata, solleva una questione di fondo: è corretto valutare il cinema popolare con gli stessi parametri e le stesse aspettative riservate al cinema d'autore? In altre parole, spetta al pubblico o alla critica stabilire chi abbia il diritto di far ridere e in che modo debba farlo? Non esiste una risposta univoca a questo interrogativo.

parte 4: Personalmente, pur apprezzando molto l'arte di Zalone e ritenendo che la polemica sia spesso sterile, osservo che i suoi film mantengono un'impronta visiva e una messa in scena che potrebbero evolversi oltre una certa estetica televisiva. Al di là di questo, la sua capacità di intrattenere e di parlare a una parte così ampia del paese rimane incontestabile.

parte 5: il governo che vuole appropriarsi, adesso, pure di Checco Zalone come esponente della "cultura di destra che fa sbroccare i radical chic" certamente accresce il livello dell'idiozia media di quello che ci tocca sentire. Si potrà mai respirare, in Italia, senza farne una tragedia di destra vs sinistra.

articolo: intro, parte 1, parte 2, parte 3, parte 4, parte 5.

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