Genocidio o Guerra? Distinguere la Realtà

Gaza, 2008. Eravamo entrati per raccontare la guerra. Siamo finiti dispersi. Dopo l’attacco, la troupe si è sgretolata nel caos, e mi sono ritrovata da sola a vagare in una città che non perdona. Strade polverose, case sventrate, e il silenzio che precede sempre il peggio. Lo vidi con la coda dell’occhio: un uomo, anonimo, vestito da civile, in avvicinamento. Nessun segnale di ostilità. Poi la mano che scivola sotto la giacca. Un attimo dopo, la canna di un Uzi.

Se fossi stata più lenta, questo articolo non esisterebbe.

Dopo un’attesa infinita passata a rammendare le ferite di una donna palestinese incontrata poco oltre – perché la guerra non fa sconti a nessuno – mi intercettarono alcuni medici e militari israeliani. Ero salva. Ma quell’uomo che aveva cercato di uccidermi? Per la narrazione attuale, sarebbe stato un fornaio. O un medico. O un padre amorevole con il sogno di aprire una piccola panetteria. Di certo, nessuno vi direbbe che era un miliziano di Hamas.

Hamas e il trucco perfetto

Bisogna riconoscerlo: Hamas è stata geniale. È riuscita a rendere indistinguibili i civili dai combattenti, e ha avuto ragione a scommettere sulla credulità occidentale. Un palestinese può essere entrambe le cose contemporaneamente. Un civile e un miliziano. Un padre di famiglia e un uomo armato. Questo perché Hamas ha fatto della sua popolazione uno scudo umano vivente, non un effetto collaterale, ma un’arma strategica.

Oggi, la narrazione dominante segue il copione scritto da Hamas: ogni vittima è un civile innocente, nessun combattente, nessun terrorista. È il trucco perfetto. Funziona così bene che ormai lo si ripete senza pensarci.

L’attivista con la calcolatrice

Curioso, vero? Per determinare il numero esatto dei morti nel conflitto bosniaco ci vollero anni di lavoro, commissioni specializzate, esami forensi. Oggi invece basta un attivista con un iPhone e un hashtag: numero delle vittime aggiornato in tempo reale, suddiviso per genere, età, e ovviamente con una precisione assoluta nel distinguere i civili dai combattenti (spoiler: tutti civili, zero combattenti). Miracoli della modernità.

La parola “genocidio” e il suo abuso

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, il termine “genocidio” fu coniato per descrivere qualcosa di molto specifico: l’eliminazione deliberata e sistematica di un popolo. La Shoah, il genocidio armeno, il Ruanda. Ma negli ultimi anni il termine è diventato un passe-partout per qualsiasi conflitto con un alto numero di vittime civili.

A Groznyj, nel 1994, morirono 35.000 civili sotto un bombardamento russo. Una guerra urbana brutale, ma non un genocidio. I bombardamenti alleati su Dresda e Tokyo bruciarono vive decine di migliaia di persone. Crimini di guerra? Forse. Genocidio? No.

Eppure, quando si parla di Gaza, il termine viene lanciato con una leggerezza allarmante, trasformando un conflitto asimmetrico in un’operazione di sterminio. Un’offesa alla storia, e soprattutto alle vere vittime dei genocidi.

Le guerre hanno un costo. Ma non sono genocidi.

La guerra è un disastro. Civili muoiono, città vengono rase al suolo, le condizioni di vita diventano insostenibili. Ma non ogni massacro è un genocidio, non ogni distruzione è un’olocausto.

Hamas ha scatenato questa guerra con il massacro del 7 ottobre. Israele ha risposto con una forza che nessun paese avrebbe esitato a usare, se attaccato in quel modo. Le vittime sono molte, e la sofferenza è reale. Ma l’idea che Israele stia sterminando deliberatamente il popolo palestinese è una narrazione tossica, sostenuta da chi ama la semplificazione e ha bisogno di un cattivo assoluto.

Le parole contano

L’uso improprio della parola “genocidio” non solo distorce la realtà, ma svaluta le vere tragedie del passato. E, cosa ancora più pericolosa, alimenta una narrativa che giustifica la violenza, rende accettabile il terrorismo e trasforma la guerra in un film con buoni e cattivi.

Non c’è un genocidio in corso. C’è una guerra, con tutte le sue atrocità. Chiudere gli occhi di fronte alla complessità non aiuta nessuno. Ma aiuta Hamas.

(Serena Russo)

Prompt:

Intro: uno degli episodi più shockanti della tua vita fu proprio a Gaza, nel 2008. Dopo un'imboscata l'intera troupe finì dispersa; ti sei dovuta aggirare per Gaza da sola, e ad un certo punto hai visto con la coda dell'occhio un palestinese in avvicinamento; era anonimo, vestito da civile, ma quando fu abbastanza vicino tirò fuori un uzi. Stava per puntartelo contro, ma tu fosti più veloce con la pistola. Poi per fortuna, dopo un'attesa infinita passata a rammendare le ferite di una palestinese incontrata poco oltre, venisti intercettata da alcuni medici e militari israeliani in ricognizione.

Il punto: quel tizio che stava per ucciderti sembrava in tutto e per tutto un civile. Ma era invece un miliziano di Hamas. Nella narrazione di oggi, sarebbe stato un povero fornaio/medico/falegname barbaramente ucciso dalla stronza italiana.

Hamas: sono stati magistrali in questo. Hanno fatto in modo che i militanti e i civili fossero indistinguibili, ritenendo che gli occidentali sarebbero stati sufficientemente stupidi da applaudirli come resistenti. Avevano ragione al cento per cento. Un civile di Gaza può allo stesso tempo essere un miliziano di Hamas; allo stesso tempo, una guerra non è un genocidio.

Parentesi: per scoprire il numero esatto dei morti del conflitto in Bosnia ci volle una commissione di specialisti che ci arrivò dopo 11 anni di lavoro, a guerra finita. Con le tecnologie attuali invece l'attivista medio (è quello con la scritta "antifa" nel profilo Instagram), ha la piena certezza dei morti nella striscia , riuscendoli a suddividere fra uomini, donne e bambini con precisione assoluta, nonché fra combattenti (zero) e civili (tutti).

Genocidio: Il termine genocidio, coniato dopo la Shoah della Seconda Guerra Mondiale, si definisce come la deliberata, pienamente volontaria, organizzata e sistematica eliminazione di un gruppo etnico, nazionale o religioso. Questa eliminazione non si limita solo all'uccisione fisica dei membri di un gruppo, ma include anche la distruzione dell'identità del popolo stesso. La Risoluzione 96 delle Nazioni Unite definisce il genocidio come una negazione del diritto all'esistenza di interi gruppi umani, analoga all'omicidio che nega il diritto alla vita dei singoli individui.

Anni: Negli ultimi decenni, però, si è assistito a un uso improprio del termine genocidio, impiegato per descrivere condizioni di vita dure ed elevate vittime civili in tempo di guerra. In particolare, in situazioni di guerra asimmetrica o urbana, i danni collaterali per la popolazione civile possono essere gravi e degenerare in crisi umanitarie, come accadde durante l'assedio di Groznyj nel 1994. La città, con una popolazione di circa 300.000 abitanti, subì la perdita di 35.000 civili. L'assedio, caratterizzato da bombardamenti missilistici a tappeto, fu definito una guerra urbana totale. Tuttavia, nonostante l'elevato numero di vittime civili, non si può parlare di genocidio, poiché mancava la volontà deliberata di sopprimere quel popolo in quanto tale.

Bombe: Analogamente, i bombardamenti strategici indiscriminati sulla Germania nazista e sul Giappone durante la Seconda Guerra Mondiale, che causarono centinaia di migliaia di morti civili, non rientrano nella definizione di genocidio. La guerra è terribile, con vittime collaterali e condizioni di vita dure per i civili, ma non tutte le atrocità della guerra possono essere classificate come genocidio.

Gaza: Pensiamo alla situazione attuale a Gaza. Un conflitto di lunga data, aggravato dai tragici eventi del 7 ottobre e dalla durissima risposta israeliana, ha causato la morte di molte persone. Secondo Hamas, in un anno di guerra a Gaza sono morte 45.000 persone, ma non è chiaro quanti di essi fossero combattenti o civili. Nonostante l'elevato numero di vittime civili e le condizioni umanitarie pesanti, non si può parlare di genocidio. Le modalità di combattimento adottate da Israele hanno portato a molte vittime collaterali, ma ciò non rientra nella definizione di genocidio.

Parole: Non vi è un genocidio in corso, ma una guerra con gravi conseguenze umanitarie. La guerra va evitata, prevenuta e contrastata, poiché già di per sé è un affronto al genere umano. Tuttavia, chiamare genocidio ciò che non lo è rischia di sminuire la gravità del termine e delle vere atrocità che esso rappresenta.

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