
Su queste pagine abbiamo già parlato della brutta vicenda di Neil Gaiman, con il tono grave e serio che si riserva alle cose importanti, tipo la scoperta che le brioche vegane sanno di gesso. Torniamoci però per una riflessione su cosa questa storia ci dice della celebrità 2.0 e del modo in cui oggi vendiamo (e compriamo) la cultura.
Un Tempo Lontano, in un’Industria Editoriale che Funzionava
C’era una volta un’industria editoriale che vendeva libri. Sembra una favola, ma è successo davvero. Circa vent’anni fa, le case editrici hanno smesso di sapere come vendere efficacemente, un po’ perché i conglomerati aziendali hanno reso tutto impersonale e un po’ perché si sono affidate a giovani letterati formati nel delicato ecosistema dell’accademia—dove si impara a scrivere articoli su “l’uso della punteggiatura in Joyce” ma non come vendere un libro a chi non ha letto neanche il riassunto di Guerra e Pace.
Il risultato? Le piccole librerie sono sparite, gli scrittori sono diventati entità astratte, e il mondo editoriale ha deciso che il modo più sicuro per vendere qualcosa era puntare su autori con un brand consolidato. Gente che non scrive solo libri, ma che è un prodotto culturale. È così che si è passati dal vendere storie al vendere personalità. E qui arriva il nostro eroe: Neil Gaiman.
Gaiman: Il Brand Perfetto per l’Età di Internet
Neil Gaiman è stato uno dei primi scrittori a capire il trucco: non devi solo scrivere bei libri (cosa che, tra l’altro, sa fare), devi anche essere adorabile online. Il suo personaggio è quello del gentleman inglese un po’ goffo, sempre pronto a dispensare saggezza in 280 caratteri e a dimostrarsi gentile e progressista nel grande forum del mondo, Twitter.
Gaiman ha tenuto per anni un blog—quando i blog erano ancora una cosa seria—e ha trasformato la sua presenza social in una serie di performance ben calibrate, oscillando tra il guru culturale e il papà dell’internet nerd. Tutto questo non solo gli ha garantito fan fedeli, ma ha anche reso il suo nome una sorta di bollino di qualità: “Se ti piace Gaiman, ti piaceranno anche questi amici di Gaiman!” Un sistema che ha funzionato per anni e che l’industria editoriale ha sfruttato senza pietà.
Amanda Palmer: Il Punk Crowdfunding di Lusso
A rendere ancora più interessante la saga è il fatto che Neil Gaiman sia sposato con Amanda Palmer, la sacerdotessa del crowdfunding artistico, che ha capito prima di tutti che l’artista libero può essere un modello di business incredibilmente redditizio. La Palmer ha raccolto 1,5 milioni su Kickstarter, guadagna una cifra considerevole su Patreon e Substack, e ha trasformato il concetto di “sostegno all’arte indipendente” in un sistema dove i fan pagano, e lei—nella migliore tradizione del capitalismo spinto—incassa.
Naturalmente, è stata criticata più volte per il modo in cui gestisce i suoi finanziamenti, per il fatto di non pagare i musicisti che lavorano con lei, e per il piccolo dettaglio che il suo stile di vita non sembra proprio quello di un’artista in lotta contro il sistema. Ma alla fine, la sua strategia non è diversa da quella di molte aziende tech: creare una narrazione affascinante, raccogliere finanziamenti, distribuire il meno possibile e capitalizzare il proprio nome.
Le Accuse e la Prevedibilità dello Scandalo
Ora, come ogni grande storia di successo dell’era social, anche quella di Gaiman e Palmer ha il suo lato oscuro. Accuse di abuso, di sfruttamento, di ipocrisia: il pacchetto completo della caduta della celebrità moderna. Il copione è sempre lo stesso: si scava nelle loro opere per trovare segnali di cattiva condotta (spoiler: ce ne sono sempre, se cerchi bene), si lamenta il fatto che nessuno abbia detto nulla prima (perché quando un personaggio è redditizio, chi ha voglia di fare il guastafeste?), e si aprono dibattiti su chi è stato danneggiato e in che misura.
Ma al di là della specifica vicenda di Gaiman e Palmer, la vera domanda è un’altra: perché continuiamo a costruire questi idoli? Perché il mondo della cultura è diventato un sistema di influencer, anziché un luogo di idee e contenuti?
Il Problema non è Gaiman, è l’Industria
Questa vicenda dovrebbe farci riflettere meno sulle colpe di Neil Gaiman e Amanda Palmer e più sul fatto che oggi le industrie creative sono macchine perfette per lo sfruttamento e la manipolazione della percezione pubblica.
Se vuoi avere successo, devi essere un brand, non solo un artista. Devi essere costantemente presente, vendibile, riconoscibile. E una volta che hai costruito il tuo personaggio, diventi troppo prezioso per essere davvero messo in discussione. L’industria editoriale ha bisogno di figure come Gaiman per restare a galla, perché ha dimenticato come vendere i libri in modo tradizionale. Il mondo della musica ha bisogno di modelli come Amanda Palmer, perché non esiste più un sistema equo per pagare gli artisti.
Quindi, la domanda non è: “Neil Gaiman è un ipocrita?” La domanda è: “Quanto a lungo possiamo accettare che il sistema culturale sia solo una versione più sofisticata di TikTok?” Perché a questo punto, se dobbiamo vivere in un reality show permanente, almeno scegliamoci i concorrenti con più stile.
(Margherita Nanni)
Prompt:
Intro: su queste pagine abbiamo già parlato della brutta vicenda di Neil Gaiman. Ci vuoi tornare però per una riflessione su cosa ci dice, tutto ciò, della celebrità 2.0.
Passato: Circa vent'anni fa, l'industria editoriale ha perso la capacità di vendere libri efficacemente. Diversi fattori hanno contribuito a questo declino, tra cui la conglomerazione aziendale e la dipendenza dal sistema universitario per la formazione dei lavoratori, che ha portato al predominio di una classe chiusa e isolata. Con la chiusura delle piccole librerie e la scomparsa degli scrittori dal discorso pubblico, l'industria editoriale ha iniziato a concentrarsi sulla vendita di autori già famosi con un "brand" consolidato.
Gaiman: Neil Gaiman è diventato un modello di successo grazie alla sua presenza online da goffo e simpatico gentleman inglese e alle sue interazioni con i fan. Gaiman teneva un diario pubblico, partecipava attivamente ai social media e faceva molte apparizioni pubbliche, diventando un importante alleato e portavoce su questioni politiche. Questo gli ha permesso di costruire una base di fan devoti e di vendere molti libri.
Palmer: Amanda Palmer, moglie di Gaiman, ha adottato un approccio bohemien alla produzione artistica, evitando intermediari e promuovendo il crowdfunding. Ha raccolto 1,5 milioni di dollari su Kickstarter e guadagna una somma significativa ogni mese da sostenitori su Patreon e Substack. Palmer è stata criticata per non pagare adeguatamente i collaboratori e per il suo stile di vita lussuoso, che contrasta con la sua immagine di artista bohemien.
Accuse: Nonostante le accuse di abuso e sfruttamento, Gaiman e Palmer rimangono modelli di successo artistico nel 21° secolo. Gaiman ha creato un marchio vendibile, caratterizzato da un'immagine affabile e innocua, e l'industria editoriale ha utilizzato questo marchio per vendere non solo i suoi libri, ma anche quelli dei suoi amici. Palmer ha creato un sistema di finanziamento basato sul crowdfunding, dove la maggior parte del denaro fluisce verso di lei, mentre i suoi sostenitori competono per le briciole. Le accuse contro Gaiman e Palmer seguono una struttura prevedibile: si scavano nei loro lavori per trovare segni di cattiva condotta, ci si chiede perché nessuno abbia detto nulla prima, e alcune persone spiegano come avrebbero potuto essere danneggiate.
Industria: sarebbe più produttivo discutere di come le industrie creative attuali lascino le persone vulnerabili allo sfruttamento e di quanto sia difficile superare la facciata di una figura pubblica che fa guadagnare molti soldi a molte persone.
Articolo: intro, passato, Gaiman, Palmer, accuse, industria; aggiungi ulteriori ragionamenti sulla vicenda.
Assumendo personalità, background e stile di scrittura di Margherita Nanni, scrivi un Articolo; usa un tono divertito e ironico.
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