Ventotene e la Gazzarra Perfetta

Lo sappiamo: agitare lo spauracchio di un qualche atavico terrore, meglio se con tinte ideologiche vaghe e poco contestualizzate, è la via più breve per infiammare i sostenitori e annichilire qualsiasi tentativo di dibattito serio. È il populismo 2.0, dove la politica si riduce a una fiera di slogan e indignazioni ben calibrate per i social. Stavolta, il drappo rosso sventolato in aula è stato nientemeno che il Manifesto di Ventotene, trattato come se fosse una sorta di pamphlet sovietico per la distruzione della libertà. Un’accusa surreale, certo, ma che ha avuto il suo effetto: il Parlamento si è trasformato nell’ennesimo ring da talk show, con Meloni nelle vesti di gladiatrice della “libertà” e l’opposizione nel solito, confuso, ruolo di pubblico incredulo.

Il Manifesto di Ventotene, questo sconosciuto

Per chiunque abbia una conoscenza anche solo basilare della storia europea, il Manifesto di Ventotene è un documento cruciale, nato dall’esperienza della Seconda Guerra Mondiale e dal desiderio di spezzare il ciclo di guerre che aveva insanguinato il continente. Scritto nel 1941 da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni mentre erano confinati dal regime fascista, il manifesto è il primo vero progetto di un’Europa federale, capace di superare i conflitti nazionali e costruire una pace duratura.

L’idea di fondo è semplice: gli Stati nazionali, con le loro ambizioni espansionistiche e il loro nazionalismo esasperato, sono la causa delle guerre. L’unica soluzione per evitarle è la creazione di una federazione europea che limiti il potere dei singoli Stati e garantisca diritti e libertà a livello sovranazionale. Non esattamente il programma di un gruppo di pericolosi totalitari.

Il cherry picking ideologico di Meloni

Eppure, secondo la Presidente del Consiglio, il Manifesto di Ventotene sarebbe un progetto autoritario che minaccia la sovranità nazionale e, addirittura, la proprietà privata. L’attacco si basa su alcuni passaggi del documento che criticano il capitalismo selvaggio e ipotizzano un futuro sistema economico con una diversa distribuzione della ricchezza. Peccato che Meloni ometta un dettaglio fondamentale: già nella prima riunione del Movimento Federalista Europeo a Milano, nel 1943, si decise di rendere il progetto transpartitico, accantonando qualunque deriva economica specifica per concentrarsi sull’idea di un’Europa unita.

Insomma, la polemica di Meloni è un classico esempio di cherry picking: si prendono frasi fuori contesto, le si amplificano e le si usa come arma politica, ignorando tutto il resto. D’altra parte, è una strategia collaudata.

Totalitari, ma contro i totalitarismi?

L’accusa di Meloni si fa ancora più paradossale se si considera che il Manifesto di Ventotene inizia con una condanna senza appello di tutti i totalitarismi: nazismo, fascismo e anche lo stalinismo. Il testo non è solo un appello alla fine delle guerre europee, ma una denuncia contro i regimi che hanno portato il continente nel baratro.

A rendere il tutto ancora più grottesco, ci ha pensato il ministro Tajani, che ha pensato bene di escludere Spinelli dall’elenco dei “padri fondatori” dell’Europa. Una scelta bizzarra, visto che il nome di Spinelli è inciso sul Trattato di Lisbona e che la stessa Unione Europea ha riconosciuto il suo ruolo centrale nella costruzione dell’Europa moderna. Ma tant’è: quando la politica diventa teatrino, la storia può essere riscritta a colpi di dichiarazioni a effetto.

L’euroatlantismo di facciata

Se la polemica su Ventotene è stata un’occasione per una nuova crociata sovranista, è anche un segnale di una trasformazione più profonda nel governo Meloni. L’adesione convinta all’euroatlantismo che l’aveva contraddistinta nei primi mesi di governo sembra ormai un lontano ricordo: oggi il vero orizzonte politico è il trumpismo soft, condito con una retorica anti-burocrati di Bruxelles e nostalgie di sovranità nazionale.

Meloni sa bene che non può permettersi una rottura netta con l’Europa, ma sa anche che il suo elettorato vuole sentirla parlare di “burocrati senza volto” e “tecnocrazia lontana dai cittadini”. Il risultato è una strategia ambigua, in cui l’Italia rimane formalmente dentro le logiche europee, ma strizza l’occhio a chi vorrebbe un ritorno ai bei tempi delle monete nazionali e delle frontiere ben chiuse.

Opposizione cercasi

La vicenda del Manifesto di Ventotene ha messo in luce un altro problema strutturale della politica italiana: l’inconsistenza dell’opposizione. Davanti a una polemica tanto surreale, ci si sarebbe aspettati una risposta chiara, compatta e incisiva. Invece, il centrosinistra ha reagito in ordine sparso, con prese di posizione deboli e poco incisive.

Il risultato? La narrazione di Meloni ha avuto campo libero e il dibattito si è spostato su una falsa questione, anziché sulle vere sfide che l’Italia e l’Europa dovranno affrontare nei prossimi anni.

Verso un futuro mediocre

Se questa è la qualità del dibattito politico italiano, c’è poco da stare allegri. Da un lato, un governo che utilizza la storia come arma propagandistica, distorcendo fatti e contesti per rafforzare la propria narrazione. Dall’altro, un’opposizione che non riesce a costruire un contro-discorso efficace e finisce per inseguire la polemica del giorno.

Sarà difficile, nei prossimi anni, avere anche solo un governo mediocre. Perché qui, più che alla mediocrità, sembra che ci stiamo abituando al caos permanente.

(Emma Nicheli)

Prompt:

Intro: buttarla in caciara funziona sempre. Agitare il drappo rosso di un qualche atavico terrore esalta sempre i propri sostenitori-follower. Funziona così ormai, per lo meno da quanto il populismo si è mangiato la politica. Triste, ma almeno mette in evidenza il livello cui si situa il politico in esame. Stavolta la gazzarra è stata scatenata nientemeno che dal Manifesto di Ventotene.

parte 1: Il Manifesto di Ventotene è un documento storico di grande valore, redatto da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni durante la Seconda Guerra Mondiale. Il manifesto propone il superamento degli Stati nazionali a favore di una federazione europea, i cosiddetti Stati Uniti d'Europa, e critica i regimi totalitari come principali responsabili della guerra permanente in Europa.

parte 2: Le parti contestate da Giorgia Meloni in aula non rappresentano l'essenza del manifesto, che ha avuto varie versioni e ha trovato applicazione nel dopoguerra con la creazione del Movimento Federalista Europeo. La questione della proprietà privata, menzionata nel manifesto, riflette il contesto storico dell'epoca ma è stata accantonata già nella prima riunione dei federalisti a Milano, che optarono per un movimento transpartitico. Cherry picking.

parte 3: È singolare che Meloni descriva il manifesto come promotore di un'Europa totalitaria, quando in realtà critica tutti i totalitarismi nelle prime pagine. Inoltre, è curioso che il ministro Tajani abbia escluso Spinelli tra i padri fondatori dell'Europa.

parte 4: l'euroatlantismo della Meloni era un'ovvia facciata; oggi il suo credo è il trumpismo dissimulato, e domani chissà.

parte 5: purtroppo questa gazzarra riesce quantomeno in un intento: ribadire l'inconsistenza dell'opposizione. Sarà difficile arrivare ad un governo anche solo mediocre, nei prossimi anni.

Articolo: intro, parte 1, parte 2, parte 3, parte 4, parte 5. Approfondisci dove necessario.

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