25 Anni di Putin: Perché L’Italia Ama il Regime Russo

Il 26 marzo 2000 Vladimir Putin saliva ufficialmente al potere in Russia. Oggi, esattamente 25 anni dopo, è ancora lì. Come un vecchio tappeto sovietico che non si riesce a sbattere via dal balcone. In questo quarto di secolo, la Russia è passata da una democrazia fragile e post-sovietica a un regime autoritario a tutto tondo, che in realtà sembra essere la sua condizione naturale.

Putin ha stretto il controllo sui media, ha trasformato l’opposizione politica in una disciplina olimpica ad altissimo rischio (la specialità del lancio dalla finestra è la più praticata), e ha plasmato il paese in una macchina repressiva. Quando la Costituzione ha provato a mettergli dei limiti, lui l’ha riscritta. E adesso, con la recente “elezione” a furor di brogli, potrebbe restare al potere fino al 2036. Insomma, la Russia ha chiuso il cerchio: è tornata alla monarchia, ma senza lo zar con la barba e la chiesa ortodossa a benedirlo—stavolta c’è un ex agente del KGB con i muscoli gonfiati e una fissa per la grandeur imperiale.

Fin qui tutto chiaro. La domanda è: come mai, in Italia, Putin è ancora così amato?

ITALIA, TERRA DI PUTINIANI (SPESSO INCONSAPEVOLI)

Dall’estrema destra all’estrema sinistra, dall’operaio del Nord alla casalinga del Sud, passando per gli intellettuali dell’”anti-sistema”, la fascinazione italiana per Putin è un fenomeno trasversale e radicato. E le ragioni sono molteplici.

Buona parte del merito (o della colpa) va a Silvio Berlusconi. La sua amicizia personale con Putin, costruita tra dacie di lusso, brindisi e intese sottobanco, ha fatto da ponte tra Italia e Russia in maniera molto più efficace di qualunque ambasciata. Berlusconi era un venditore, Putin un compratore con tasche infinite. Risultato? Un rapporto privilegiato che ha reso la Russia una sponda economica e diplomatica per l’Italia.

L’imprenditoria italiana, soprattutto quella del Nordest, ha tratto grandi benefici dagli scambi con Mosca, e per anni la Russia è stata sinonimo di affari, contratti e stabilità energetica. Nella visione berlusconiana, questo era un colpo da maestro: “Business is business”. Il problema è che l’Italia ha sempre avuto una certa difficoltà a distinguere tra pragmatismo e cecità strategica.

RUSSIA: AFFARI, SOLDI E… UNA CERTA TOLLERANZA PER LE MAFIE

Non è difficile capire perché, agli occhi di molti italiani, la Russia sia sembrata per tanto tempo un partner affidabile. Energia a basso costo, possibilità di business, zero interferenze negli affari interni. Ma c’è un dettaglio che spesso viene omesso: la Russia di Putin non è solo un regime autoritario, è un’economia di stampo mafioso, dove gli oligarchi prosperano finché non infastidiscono lo zar, e dove la corruzione è un lubrificante essenziale del sistema.

E qui l’elemento culturale gioca un ruolo cruciale. L’Italia, terra di equilibri opachi, di trattative sottobanco, di “non si può combattere la mafia, tanto vale conviverci”, ha finito per vedere nella Russia un modello riconoscibile e, sotto sotto, rassicurante.

Sarà anche un regime, certo, ma almeno è un regime efficiente. Funziona. Si arricchiscono tutti, a patto di non pestare i piedi sbagliati. E questa, purtroppo, è una logica che non suona così strana in certi ambienti italiani.

LA RUSSIA COME BALUARDO DELL’“UOMO VERO”

Se il soft power russo non è raffinato, di sicuro è stato efficace. Nel giro di pochi anni, Mosca è riuscita a dipingersi come la capitale della “Controriforma bianca, eterosessuale e cristiana”. Un’immagine che in un’Europa in crisi d’identità, terrorizzata dall’immigrazione e dalla globalizzazione, ha trovato un’eco potente.

Matteo Salvini è stato il più abile a capitalizzare questa narrazione, trasformando Putin in una specie di scudo contro il “turbocapitalismo mondialista omosessualista” (copyright Diego Fusaro). Il leader leghista ha saputo saldare la paura dell’immigrazione con la crisi economica, vendendo la Russia come un’alleata strategica capace di proteggere l’Italia dal caos.

E così, quando nel 2022 è scoppiata la guerra in Ucraina, la propaganda putiniana ha trovato un pubblico già preparato. Nel giro di pochi mesi, chi ieri esaltava il modello russo come alternativa alla “decadenza occidentale”, si è scoperto improvvisamente esperto di geopolitica, sostenendo che “l’Ucraina se l’è cercata” e che “Zelensky è un attore strapagato da Biden”.

“A NOI CHE CE NE FREGA?”: L’ULTIMO CAPOLAVORO DELLA DISINFORMAZIONE RUSSA

A chiudere il cerchio c’è la potentissima macchina della propaganda russa, che ha avuto gioco facile in un paese come l’Italia, dove la politica estera è sempre stata un concetto vago e sfuggente.

Oggi la narrazione più diffusa non è più quella della Russia modello alternativo, ma quella del “noi italiani non c’entriamo nulla, smettetela di farci pagare il prezzo del gas più alto per colpa dell’Ucraina”. Insomma, l’apatia è diventata il miglior alleato di Mosca.

Perché alla fine, diciamocelo: a quanti italiani interessa davvero il destino dell’Ucraina? La percezione generale è che sia un fastidio, un problema altrui. Zelensky è visto come un rompicoglioni, l’Occidente è colpevole di “provocare Putin”, e la soluzione migliore sarebbe semplicemente chiudere un occhio, magari anche due, e lasciarlo fare.

Una parte non irrilevante dell’opinione pubblica italiana è già pronta a digerire un eventuale trionfo russo come l’ennesimo inevitabile corso della storia. Un modo elegante per non prendersi alcuna responsabilità, per continuare a fingere che l’Italia sia solo un’osservatrice neutrale di eventi che, in realtà, la riguardano eccome.

25 ANNI DI PUTIN, UN FUTURO ANCORA NEBULOSO

Dopo un quarto di secolo, Vladimir Putin è ancora saldo al comando, la Russia è sempre più autoritaria, e l’Occidente è sempre più diviso su come affrontarlo.

L’Italia, dal canto suo, continua a oscillare tra pragmatismo economico, nostalgia da Guerra Fredda e totale disinteresse. Un mix perfetto per garantire che, tra altri 25 anni, ci ritroveremo ancora qui a chiederci come mai non abbiamo capito nulla di ciò che stava succedendo.

(Serena Russo)

Prompt:

Intro: oggi sono 25 anni esatti di Vladimir Putin al potere in Russia, iniziati il 26 marzo 2000. Durante questo periodo, la Russia ha subito una trasformazione radicale verso un regime autoritario - che in realtà è la condizione naturale della Russia. Putin ha consolidato il controllo sui media e ha intensificato la repressione. Dopo il suo secondo mandato, ha modificato la Costituzione per estendere il mandato presidenziale e permettersi di candidarsi nuovamente. Fare l'oppositore politico o il giornalista investigativo in Russia è diventato più pericoloso di uno sport estremo.

parte 2: come mai Putin è tanto amato, in maniera più o meno velata, in Italia? Le ragioni sono molte. Buona parte del "merito" è di Silvio Berlusconi: Italia e Russia hanno avuto relazioni diplomatiche e culturali significative nel corso degli anni, contribuendo a rafforzare i legami bilaterali grazie al legame personale fra i due. Tutto ciò ha formato uno stretto legame fra imprenditoria italiana (in particolare quella esportatrice del nordest) e Russia.

parte 3: la Russia diventa sinonimo di lavoro, soldi, economia, e naturalmente energia. Nell'ottica dell'interesse nazionale, si può anche capire Berlusconi; non si può scusare la scarsa lungimiranza, o l'indifferenza, della sua valutazione a lungo termine. Ma forse è figlia del tipico atteggiamento italiano per cui è impossibile, se non controproducente, combattere la mafia, quindi tanto vale conviverci e, perché no...

parte 4: il soft power russo non è particolarmente raffinato, ma nonostante questo ha funzionato bene, elevando la Russia a patria della Controriforma bianca, eterosessuale e cristiana. In un'Europa terrorizzata dall'immigrazione e dalla globalizzazione (quando ancora c'era), la Russia è diventata un simbolo sempre più forte di reazione e dei bei tempi. Matteo Salvini, astuto se non intelligente, ha saputo meglio di altri unire la paura per l'andamento economico con la paura dell'immigrazione, dipingendo la Russia come alleata e benefattrice dell'Italia, capace di metterla al sicuro dal "turbocapitalismo mondialista omosessualista" (per dirla in maniera fusarista). Allo scoppio della guerra, si sono poi aggiunti tranquillamente tutti coloro che volevano ritornare a tifare per una potenza antioccidentale.

parte 5: l'efficacissima disinformazione russa fa il resto. Agli italiani, della guerra, poco gliene cale, anzi, vorrebbero che finisse il prima possibile. Ma non per l'Ucraina, che anzi viene vista come paese di rompicoglioni, che ci fa alzare il prezzo del gas, e poi quello Zelensky lì, che ha un sacco di soldi, è antipatico...

Articolo: intro, parte 1, parte 2, parte 3, parte 4, parte 5; approfondisci dove ritieni necessario.

Assumendo la personalità e lo stile di scrittura di Serena Russo, scrivi un articolo tagliente e brillante.


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