
Riflettendo sull’attuale panorama giornalistico e mediatico italiano, viene spontaneo fare un gioco di fantasia, neanche troppo inverosimile: cosa sarebbe successo se i nostri talk show, i nostri editorialisti da salotto e gli onnipresenti opinionisti da prime time si fossero occupati della Seconda Guerra Mondiale? La risposta, ahinoi, non fa ridere. O forse sì, ma in quel modo un po’ acido che fa ridere mentre ti chiedi se non stai ridendo troppo forte.
Il salotto buono del Mein Kampf
Dunque, immaginiamo il format. Titolo della puntata: “Sudeti: diritto storico o provocazione ceca?” In studio, in collegamento da Berlino, il dottor Joseph Goebbels, accolto con un bel sorriso dalla conduttrice: “Buonasera, dottore, è un onore averla con noi, ci tenevamo a dare anche la voce tedesca al dibattito.”
Segue un collegamento col generale Kesselring: “Un uomo di pace”, lo definisce l’esperto militare italiano in studio, “un grande stratega che ha saputo gestire con fermezza una situazione molto delicata nel nostro Paese.” Il riferimento, s’intende, è al rastrellamento delle Fosse Ardeatine, ma si sa, le parole pesano solo se le usi contro qualcuno che non ha uffici stampa ben forniti.
Nel frattempo, una voce autorevole del mondo accademico interviene con aria grave: “Bisogna capire il contesto. I Sudeti erano una minoranza oppressa, e Danzica è sempre stata una ferita aperta nella coscienza germanica. I trattati di Versailles? Umilianti. I nazisti? Certo, discutibili, ma rappresentano il disagio sociale di un popolo che ha sofferto.” Il pubblico annuisce. Anche se non ha capito bene cosa siano i Sudeti, ma il tono è molto convincente.
Sui giornali, un editoriale titola: “Dresda brucia, ma bruciano anche i nostri valori?”
Intanto, sui social, impazza l’hashtag #AncheHitlerEraUnBambino. E giù foto in bianco e nero, gattini, frasi di Einstein completamente decontestualizzate.
E poi loro: i pacifisti da zona comfort, gli amanti della neutralità a ogni costo. “La guerra non è mai giusta”, dicono, con la sicurezza di chi sa che a casa ha il frigo pieno e nessuno pronto a sfondargli la porta alle quattro del mattino. Criticano la Resistenza per “l’eccessiva polarizzazione del dibattito”, mentre si commuovono per l’appello alla pace di Chamberlain – quello che pensava che bastasse un foglio firmato a Monaco per fermare l’invasione della Polonia.
Il presente si è già travestito da passato
E poi eccoci qui, nel nostro presente. Non c’è bisogno di macchine del tempo per trovare falsità e propaganda: basta accendere la TV o aprire il primo link condiviso su un gruppo WhatsApp. Giornalisti, parlamentari, storici, intellettuali – la grande armata delle opinioni benvestite – si prodigano a diffondere frottole, a giustificare l’ingiustificabile, a dire che “non è tutto bianco o nero”, proprio quando servirebbe il coraggio di dire che, sì, invece, certe cose sono proprio nere.
Li definisci “oggettivamente putiniani” o, se preferisci, “involontariamente fascisti”. In ogni caso, non stai sbagliando. Fanno un lavoro eccellente nel difendere la posizione più comoda, quella meno rischiosa, quella che paga di più a livello di click, like, e inviti nei dibattiti in prima serata.
La classe politica? Con rare eccezioni, meglio stendere un velo, ma non pietoso: un velo d’amianto, così almeno protegge. Ipocrisie, ignoranza storica, opportunismo. Sono lì a rivendicare libertà che non comprendono, mentre ammiccano a poteri che non hanno il coraggio di chiamare con il loro nome. Eppure, qualcuno aveva già capito tutto, tanti anni fa. Mussolini – che non è una fonte che citi volentieri – diceva che il fascismo era già tutto nella società italiana, bastava solo tirarlo fuori. Oggi non c’è nemmeno bisogno di scavare: è lì, in superficie, truccato da moderazione, stirato da buone maniere, profumato di qualunquismo.
E così la storia – che dovrebbe essere maestra – si traveste da cronaca, e nemmeno delle più oneste. La propaganda si camuffa da “equilibrio”, la verità come “una delle verità possibili”, e chi si oppone al pensiero dominante viene dipinto come fanatico o guerrafondaio. Cosa resta? Qualche voce solitaria, spesso bollata come “ideologica”, solo perché osa dire che forse, ogni tanto, prendere posizione è un dovere, non una debolezza.
Gran finale
Se avessimo raccontato la Seconda Guerra Mondiale con i mezzi (e i criteri) di oggi, forse avremmo ancora Hitler in tour promozionale e Churchill invitato a spiegarsi meglio per non aver fatto abbastanza autocritica. E magari Goebbels a presentare il meteo. Ma che dico: “il sentiment degli eventi atmosferici.”
Siamo seri. Ma con ironia, che almeno quello è rimasto un atto libero.
(Luisa Bianchi)
Prompt:
Intro: riflettendo un po' sul sistema giornalistico e più in generale mediatico dell'Italia contemporanea, sorge una domanda: come avrebbe trattato gli avvenimenti della Seconda Guerra Mondiale?
parte 1: ospitando figure come Goebbels e Kesselring per "ascoltare tutti i punti di vista". Storici e intellettuali avrebbero giustificato le pretese tedesche sui Sudeti e su Danzica, mentre giornalisti avrebbero minimizzato le atrocità naziste. I "pacifisti" avrebbero criticato chi lottava per la libertà, preferendo la tranquillità personale.
parte 2: è incredibile la diffusione di falsità e propaganda da parte di giornalisti, parlamentari, storici e intellettuali, definendoli "oggettivamente putiniani" o fascisti. La classe politica italiana, con poche eccezioni, merita disprezzo. Per citare Mussolini, fascismo è già presente nella società italiana, va solo tirato fuori; oggi la storia sembra diventare cronaca.
Articolo: intro, parte 1, parte 2; approfondisci dove ritieni necessario.
Assumendo personalità, background e stile di scrittura di Luisa Bianchi, scrivi un articolo come se fossi lei. Usa il suo tono ironico e leggero, col giusto umorismo.
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