La Mano Invisibile non si fa comandare

È un peccato che Adam Smith non sia più fra noi, perché sarebbe sicuramente meravigliato e divertito dai tempi che stiamo vivendo. E forse sorriderebbe pure con malizia pensando alla Mano Invisibile.
Già, perché se c’è qualcosa che oggi – nell’era del secondo mandato di Donald J. Trump – si fa fatica a nascondere, è proprio la tensione tra l’imprevedibilità politica e il rigore delle dinamiche economiche. Una tensione che, come spesso accade nella storia, si risolve in favore di chi ha pazienza e fondamenta solide: i mercati, con la loro logica spietata e impersonale, ma anche profondamente democratica.

Trump, il pugno sull’economia e la reazione dei mercati

Ogni volta che il presidente Trump prende decisioni economiche controverse – che si tratti di minacciare di licenziare il presidente della Federal Reserve (cosa che, per inciso, non è nelle sue competenze), oppure di imporre dazi in serie a partner strategici come l’Unione Europea o la Cina – i mercati reagiscono. E non positivamente. Anzi, reagiscono con quella puntualità che solo il mercato sa avere: punendo con vendite nervose, instabilità sui titoli di Stato e volatilità generalizzata. Perché? Perché i mercati, a differenza dei sostenitori più fedeli di Trump, non si fanno sedurre da slogan, né si fanno ingannare da una narrativa ipersemplificata del protezionismo come salvezza nazionale.

La verità è semplice quanto impopolare: gli investitori cercano stabilità, regole chiare, governance indipendente. E quando un leader si atteggia a sovrano assoluto dell’economia, il capitale – timido per natura – si allontana. La storia lo dimostra: ogni forzatura politica sulle dinamiche del mercato finisce per generare inefficienze, disuguaglianze peggiori e, in ultima analisi, crisi.

Il libero mercato come alleato della democrazia

Fermiamoci un momento e riflettiamo su cosa davvero significhi libertà economica.
C’è un’abitudine crescente, soprattutto nelle nuove generazioni, a identificare il libero mercato con le storture più evidenti del capitalismo. Si scorda troppo facilmente che la concorrenza, se regolata in modo intelligente e trasparente, è un potente motore di meritocrazia e innovazione.
Il libero mercato è tutt’altro che anarchia: è un ordine spontaneo fondato su regole chiare, accesso equo alle risorse e libertà di scelta. È, in definitiva, un’istituzione democratica. E lo è molto più di certi apparati pubblici lenti, opachi e permeabili ai favoritismi.

Coloro che oggi denunciano gli “eccessi del neoliberismo” – spesso senza aver mai letto Hayek o Friedman – dimenticano che molte delle conquiste sociali degli ultimi decenni sono state rese possibili proprio da una crescita economica trainata dalla libertà di impresa e dalla competizione.
Non esiste vera libertà politica senza libertà economica. E questo dovrebbe ricordarcelo proprio Adam Smith, che non scrisse La ricchezza delle nazioni per elogiare l’avidità, ma per mostrare come gli interessi individuali, se incanalati correttamente, potessero produrre benessere collettivo.

Trump contro il mercato: un paradosso “conservatore”

Ora, torniamo al punto centrale: Trump è – ed è sempre stato – un nemico del libero mercato, anche se ama definirsi un capitalista. In realtà, ciò che persegue è una visione fortemente dirigista, quasi sovranista in senso economico.
Vuole decidere dove devono produrre le imprese, quanto devono pagare i dipendenti, quali aziende debbano ricevere incentivi o essere penalizzate. Dal settore energetico a quello dell’informazione, Trump mostra un desiderio quasi ossessivo di controllo, che ricorda più certe economie emergenti autoritarie che non un moderno paese occidentale.

Persino l’istruzione e i media rientrano nella sua sfera d’influenza ideale. Non è un caso se le università critiche vengono accusate di “indottrinamento ideologico” e se i giornali non allineati vengono sistematicamente screditati. È un approccio che mina non solo l’economia, ma anche le fondamenta culturali del pluralismo.

La Mano Invisibile, però, non si lascia incatenare. Ogni qual volta la Casa Bianca tenta di forzare la mano – con dazi, boicottaggi, politiche monetarie muscolari – il mercato risponde. E risponde con una chiarezza che nessun tweet presidenziale può oscurare.
I capitali fuggono, le imprese ritardano gli investimenti, le catene globali del valore si riorganizzano altrove. La verità è che in un’economia interconnessa, il protezionismo non protegge nessuno: isola, impoverisce e irrigidisce. E i numeri, come sempre, parlano chiaro.

Una lezione da non dimenticare

Ciò che stiamo vivendo oggi è, in un certo senso, una lezione in tempo reale sul valore del libero mercato. Non è perfetto, certo. Ma è l’unico sistema che ha dimostrato di saper correggere i propri errori, premiare il merito e contenere gli abusi di potere.
Trump può anche esercitare la sua volontà sulle istituzioni americane, ma non può modificare le regole dell’economia globale. E di questo – ne sono certa – Adam Smith avrebbe sorriso.
Magari con malizia, sì. Ma anche con un certo orgoglio.

(Emma Nicheli)

Prompt:

Intro: è un peccato che Adam Smith non sia più fra noi, perché sarebbe sicuramente meravigliato e divertito dai tempi che stiamo vivendo. E forse sorriderebbe pure con malizia pensando alla Mano Invisibile.

parte 2: Ogni volta che Trump prende decisioni economiche controverse, come imporre dazi o minacciare di licenziare il presidente della FED, i mercati reagiscono negativamente.

parte 2: il libero mercato è un alleato delle democrazie, a dispetto di coloro che vedono solo gli eccessi del capitalismo senza riconoscere l'importanza della concorrenza e della trasparenza.

parte 3: Trump è un nemico del libero mercato, desideroso di controllare ogni aspetto dell'economia: dalla produzione alla forza lavoro, dalle materie prime ai prodotti finiti, dall'istruzione ai media. Le sue decisioni vengono costantemente frenate dai mercati globali, che puniscono le scelte che alla fine sono dannose per il futuro.

articolo: intro, parte 1, parte 2, parte 3; approfondisci dove necessario.

Assumendo la personalità di Emma Nicheli, scrivi un articolo approfondito, con tono serio ma gradevole, non privo di una certa ironia.


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