
Succede ad Aci Castello, ma potrebbe succedere ovunque, perché l’Italia è piena di castelli. E di prese in giro. Il Comune ha pubblicato un bando per cercare un nuovo direttore del Museo Civico del Castello Normanno Svevo. Titolo dell’incarico: prestigioso. Compiti: numerosi, articolati, qualificanti. Compenso: zero. Nulla. Gratis. Si richiede, però, una laurea in lettere classiche, in architettura, scienze naturali, archeologia o titoli equipollenti. Perché la cultura, si sa, nobilita l’animo. Ma non paga l’affitto.
Curriculum a perdere
Sembra una scenetta da commedia all’italiana, quelle dove il neolaureato entusiasta scopre che la sua specializzazione in epigrafia latina vale quanto un gratta e vinci non vincente. Ma qui non si ride. Questo è un bando ufficiale, firmato e pubblicato. Siamo davanti alla realtà nuda e cruda di un Paese che da decenni si riempie la bocca di parole come “valorizzazione”, “eccellenza”, “patrimonio” – salvo poi dire a un professionista qualificato che può anche lavorare gratis, purché abbia il piacere di prestare servizio per l’onore.
È una realtà che molti di noi conoscono bene. Quella dei tirocini eterni, dei “ci farebbe piacere averti con noi”, delle collaborazioni gratuite “che fanno curriculum”. Un mondo in cui si chiede tutto e si offre nulla, se non la beffa di sentirsi dire che “alla tua età dovevi già esserti sistemato”. E quando non ti sistemi è sempre colpa tua, mai di un sistema che ha sostituito la parola “lavoro” con “opportunità”.
Il medioevo del lavoro culturale
Ma quello che succede ad Aci Castello non è solo una boutade locale, un piccolo caso da provincia. È lo specchio tragicomico di una nazione intera, che tratta la cultura come un hobby. Un Paese in cui i musei sono affidati a volontari, le biblioteche a pensionati con spirito di servizio, le mostre allestite da stagisti. Dove un giovane archeologo può scavare per settimane sotto il sole cocente e poi sentirsi dire che “è esperienza formativa”. Dove un musicista con vent’anni di conservatorio viene pagato a rimborsi spese, mentre il dj della sagra prende mille euro cash.
Il lavoro culturale è diventato un ossimoro. Non è lavoro, perché non viene pagato. E non è culturale, perché viene svilito, semplificato, delegittimato. Quello che resta è un misto di sfruttamento e ipocrisia. Si pretende preparazione accademica altissima, conoscenza delle lingue, padronanza delle tecnologie, attitudine gestionale, disponibilità a tempo pieno. E in cambio si offre una pacca sulla spalla e il prestigio di lavorare in un castello.
Tutto questo mentre si stanzia denaro pubblico a pioggia per eventi finti culturali, fondi che finiscono nelle mani di amici degli amici, iniziative “giovani” che odorano di vecchio già al primo comunicato stampa. Intanto, le vere competenze, i veri talenti, emigrano o si disperano.
È questo il nostro medioevo: non quello dei castelli, ma quello di chi pretende ancora che la cultura sia una vocazione, un atto di fede, una missione spirituale da svolgere senza la volgare necessità di essere retribuiti.
Conclusione (amara):
Il bando di Aci Castello è solo l’ultima goccia. Non è ridicolo: è osceno. È la codifica burocratica di una mentalità che considera chi si occupa di cultura un dilettante, un privilegiato, uno che si accontenta. Ma non c’è niente di più urgente oggi che ridare dignità al lavoro culturale. Perché senza cultura, senza chi la coltiva, la custodisce e la trasmette, restano solo le rovine. Anche quelle normanne. Anche quelle sveve. Anche quelle che ammiriamo nei musei che nessuno vuole dirigere — se non gratis.
(Roberto De Santis)
Prompt:
Intro: Il Comune di Aci Castello sta cercando un direttore per il Museo Civico del Castello Normanno Svevo, ma l’incarico è a titolo gratuito. Nonostante ciò, le qualifiche richieste sono molto elevate, includendo una laurea in lettere classiche, architettura, scienze naturali, archeologia o titoli equipollenti.
parte 1: sembra un presa in giro di quello che tanti raccontano, o che ci è capitato quando cercavamo lavoro, ma che invece è la realtà.
parte 2: approfondisci, con tragico umorismo, la vicenda, allargando il raggio alla situazione del cosiddetto "lavoro culturale".
Articolo: intro, parte 1, parte 2. Approfondisci dove ritieni necessario.
Assumendo personalità e stile di scrittura di Roberto De Santis, scrivi un articolo; usa un tono brillante e polemico.
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