
Di tutte le polemichette che infestano l’ecosistema tossico (ma estremamente redditizio) dei social network, ce n’è una che ha brillato per assurdità, provincialismo e un pizzico di legittima esasperazione: quella dei veneziani contro il matrimonio di Jeff Bezos.
Sì, proprio quel Bezos. L’uomo che ha trasformato il mondo in un gigantesco magazzino dove puoi ricevere un dildo, un libro di Thomas Piketty e un bonsai in meno di 24 ore. Pare che voglia sposarsi – udite udite – a Venezia. Apriti cielo. Apriti laguna. Apriti influencer indignato.
Il riassunto che nessuno ha chiesto ma che vi serve comunque
Jeff Bezos, noto imprenditore, playboy tardivo e fervente appassionato di barche dalle dimensioni tossicamente falliche, ha deciso di convolare a nozze con Lauren Sánchez. Fin qui, tutto regolare, nel senso più beverlyhillsiano del termine.
Solo che il matrimonio si celebrerà a Venezia. La Venezia vera, quella col Canal Grande, i piccioni tristi e i turisti con la maglietta “Ciao Bella” comprata a Mestre.
A quanto pare, il patriarcato danaroso ha prenotato Palazzo Vendramin Calergi, un luogo che in passato ha ospitato gente del calibro di Richard Wagner (che ci morì, peraltro – presagio?). Ecco, immaginate la scena: gondole, paparazzi, George Clooney che fa finta di passare di lì per caso, e nel frattempo una parte della cittadinanza locale che organizza proteste per dire: “Basta milionari, Venezia non è un set!”.
Nobiltà d’animo e idrante di cinismo a parte, il succo è: i ricchi si sposano, i residenti si incazzano e i social fanno da colonna sonora con meme su Bezos vestito da gondoliere. Tutto molto 2025.
Venezia? Ma che è, un reel?
La notizia in sé è incredibilmente priva di qualsiasi rilevanza. Davvero: il fatto che un miliardario scelga una città pittoresca per dirsi “sì” non dovrebbe occupare un solo byte della nostra attenzione collettiva.
Eppure, eccoci qui. Perché? Perché è Jeff Bezos. Uno degli uomini più ricchi del pianeta. Uno che – piaccia o no – ha avuto intuizioni capaci di cambiare i consumi, l’economia, la logistica e il concetto stesso di desiderio. E che fa lui, l’innovatore? Si sposa a Venezia.
Che scelta affascinantemente banale. Un cliché rivestito di marmi e gondole. Da parvenu, signori. Roba da influencer albanesi che si fanno ritrarre in abito bianco sulla scala del Casinò municipale.
E no, nemmeno “albanesi” va bene: troppo raffinato. Diciamo: influencer macedoni con il filtro Valencia a palla e la playlist “Italian Dinner” di Spotify in sottofondo.
Anzi, se proprio Bezos voleva stupire, avrebbe dovuto scegliere la riproduzione di Venezia dentro un centro commerciale del Qatar: almeno lì c’è la post-modernità spinta, lo straniamento, il barocchismo plastificato. Insomma, c’è un’estetica.
Ma lui no. Lui va a Venezia. Con tutta l’energia estetica di una bomboniera Thun.
Il controesempio Alex Soros e Huma Abedin: il lusso che sa stare al suo posto
E ora, per compensare, guardiamo un matrimonio che non ha fatto arrabbiare nessuno. Quello tra Alex Soros, rampollo chic del filantropo più detestato da ogni complottista col diploma delle serali, e Huma Abedin, ex consigliera di Hillary Clinton, fashion icon latente e donna che ha attraversato ogni tempesta con stile e pettinatura impeccabile.
Le loro nozze si sono svolte in modo sobrio, riservato, intelligente. Altro che gondole e tappeti rossi. Zero proteste, zero piccioni traumatizzati, zero “Venezia non si tocca”.
Perché?
Perché Alex e Huma non hanno bisogno di ostentare. Loro incarnano quella nobiltà contemporanea che non si misura in metri quadri affittati su Airbnb, ma in capacità di capire dove ci si trova e con quale contesto si sta giocando.
Sono l’élite vera. Quella che non ha bisogno del palcoscenico perché lo è già, senza trucchi, senza cartoline. Una classe dirigente che non deve dimostrare nulla a nessuno perché sa di essere osservata – e pertanto si comporta come se fosse invisibile.
Bezos, al contrario, è l’élite del click. Del guarda come spendo. Della mise en scène permanente. E il risultato è esattamente questo: un matrimonio così platealmente turistico che sembra sponsorizzato dal Consorzio Promozione Prosecco DOC.
Conclusione (non richiesta, ma inevitabile)
Il punto non è cosa fai, ma come lo fai. Jeff Bezos può comprarsi Venezia, ma non potrà mai comprare il senso del contesto. Può fittare un palazzo del ‘400, ma non il buon gusto di evitare di trasformare tutto in un set di “Emily in Italy”.
Nel frattempo, la città si lamenta, i social ringhiano, e noi – noi che osserviamo – capiamo una cosa soltanto: la vera opulenza oggi non è ostentare, ma sapersi nascondere. E la vera originalità è non scegliere Venezia.
Perché se sei uno degli uomini più ricchi del mondo e il massimo che riesci a immaginare è sposarti dove si sposano i travel blogger in cerca di collaborazione con Taffo… allora, mi dispiace Jeff, ma sei solo un ricco con l’anima da catalogo Volagratis.
E per i veneziani: coraggio. Dopo le nozze, resta solo il buffet.
(Margherita Nanni)
Prompt:
Intro: di tutte le polemichette che infestano i social, una mi ha colpito in particolare: quella dei gruppi di veneziani che non vogliono il matrimonio di Jeff Bezos a Venezia.
parte 1: un riassunto della vicenda.
parte 2: tutto incredibilmente privo d'interesse. Il punto è che da Jeff Bezos, uno degli uomini più ricchi del pianeta nonché uno le cui idee hanno avuto un impatto tale da trasformare il mondo, abbia poi un gusto così banale. Venezia. Che parvenu. Roba da influencer albanesi, anzi, macedoni. Avesse scelto il centro commerciale in Qatar che riproduce Venezia sarebbe stato più originale.
parte 3: a questo punto guardiamo un controesempio positivo, le nozze di Alex Soros e Huma Abedin, a cui nessuno va a dare fastidio.
articolo: intro, parte 1, parte 2, parte 3. Approfondisci dove ritieni necessario.
Assumendo la personalità di Margherita Nanni, scrivi in articolo brillante, divertente, colorito, senza moralismo, ma cogliendo il fascino dell'inverosomiglianza della vicenda.
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