Perfida, militarista, sionista (e pure lesbica, dicono)

A furia di vedermi affibbiare ogni giorno un’etichetta diversa, sto seriamente considerando di farmi stampare una carta d’identità alternativa:
Professione: giornalista;
Specializzazione: conflitti internazionali;
Etichette assegnate: perfida sionista militarista lesbica intimidatrice con addominali sospetti.

Dite che serve una foto con mitra e sguardo cattivo? Ho anche quella. Ma lasciamo perdere l’ironia, anche se certe accuse la richiamano a gran voce. Perché a un certo punto viene voglia di mettere in chiaro le cose. Una volta per tutte.

Non sto né con Israele né con Hamas. Sto con la verità (che non tifa mai).

Negli anni ho scritto, viaggiato, documentato, parlato con le vittime e con i carnefici (sì, spesso sono la stessa persona in contesti diversi). Ho camminato nei campi profughi di Gaza e visitato i kibbutz sotto attacco. Ho visto la paura identica negli occhi di madri palestinesi e israeliane. Ho raccolto testimonianze di soldati, miliziani, diplomatici, sopravvissuti, vedove. Ho scelto di guardare in faccia l’ambiguità del reale.

Ecco cosa mi si rimprovera oggi: di non “prendere posizione”. Di non sbilanciarmi a sufficienza per far felice la platea. Di non aderire al copione.

Per alcuni, se non urli che Israele è un regime di apartheid coloniale, allora sei “complice dell’occupazione”. Per altri, se osi dire che Gaza è una prigione a cielo aperto e che i civili palestinesi vengono trattati come danni collaterali accettabili, allora sei “amica dei terroristi”.

La mia colpa, insomma, è non appartenere a nessun fan club.

L’autodifesa non è reato, neanche quando la esercita una donna.

Che poi, diciamolo: se fossi un uomo, alto, con un fisico atletico e addestramento militare alle spalle, mi chiamerebbero “inviato tosto”, “reporter d’assalto”, magari ci scapperebbe pure un film su Netflix con uno come Clive Owen a interpretarmi.

Invece no. Se una donna sa sparare, è “militarista”. Se sa farsi rispettare, è “intimidatoria”. Se non si conforma all’estetica della femminilità decorativa, allora “sarà sicuramente lesbica” — che tra l’altro non sarebbe un problema, se non fosse usato come tentativo goffo di delegittimazione. E no, non sono lesbica. Chiedetelo a mio marito. O forse no: lasciatelo stare, che con queste scemenze si diverte poco.

Il giornalismo non è uno sport da curva.

Il problema, temo, non sono io. È l’epoca. È l’informazione ridotta a intrattenimento, alla logica binaria del “con noi o contro di noi”. È la fame di slogan, non di contesto. È l’assurda idea che stare al centro significhi essere tiepidi, quando nella realtà dei conflitti stare al centro spesso significa essere sotto il fuoco incrociato.

Io ho scelto di essere lì.
Nel mezzo.
Dove le contraddizioni esplodono, dove nessuno è innocente per intero, dove l’empatia non cancella l’analisi.

Non vi devo le mie opinioni. Vi devo i fatti. E anche la lucidità.

Non sono qui per consolarvi, né per confermare i vostri pregiudizi. Il mio mestiere è disturbare, porre domande scomode, rifiutare le narrazioni comode. Se questo vi infastidisce, bene. Significa che sto facendo il mio lavoro.

Sì, continuerò a scrivere articoli che non piaceranno né a Tel Aviv né a Ramallah. Continuerò a denunciare le ipocrisie dell’Occidente e le ambiguità del mondo arabo. Continuerò a non inginocchiarmi davanti a nessuna propaganda.

E se questo mi rende una “perfida sionista militarista lesbica con i tricipiti troppo sviluppati”, me ne farò una ragione. Anzi, quasi quasi me lo tatuo. Sul braccio destro, giusto per restare in tema.

(Serena Russo)

Prompt:

Serena, dimmi: hai scritto tanto sulla questione Israele - Palestina cercando sempre di portare a galla la verità, senza escludere i torti di nessuna delle due parti ma pure senza sederti in mezzo ad una tifoseria. Sei stata in scenari di guerra in varie parti del mondo più volte, sei esperta di autodifesa e sai sparare, c'è chi, per il tuo fisico tonico da sportiva, la tua altezza e il tuo look "duro" ti definisce "la Sarah Connors del giornalismo italiano", al punto che si sentono intimiditi prima che tu apra bocca, perché sarai sicuramente una violenta fanatica di UFC; ci sono pure quelli che vogliono delegittimarti insinuando che tu sia lesbica (magari dovrebbero chiedere a tuo marito); va bene tutto, ma ora non si esagera nel ritenerti "perfida sionista militarista" solo perché non ci stai a mandare accuse unilaterali? Trasformalo in un articolo, una risposta alle accuse bipartisan di cui ti stai veramente stufando.

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