Coccodrilli a Ladispoli: anatomia di un delirio (molto italiano)

Un bel coccodrillo! Ma non albino, sperduto nelle fogne di New York come vuole la leggenda urbana più celebre. No, questo sarebbe spuntato tra i canneti di Ladispoli. Un rettile esotico, feroce e misterioso… in un fosso. Sulla costa laziale.

Eppure la notizia ha fatto il giro del web, rimbalzata da testate locali a siti nazionali come se si trattasse di una scoperta zoologica epocale. Poi, come spesso accade, è bastata un’intervista per smontare il caso: era solo un giocattolo di plastica, abbandonato. Caso chiuso? Macché. La realtà, in Italia, è sempre meno razionale della fantasia.

Il pupazzo, la mamma e l’intervista rivelatrice

Tutto inizia quando qualcuno segnala la presenza di un “caimano” in un fosso nei pressi di Ladispoli. Seguono foto, allarmi, titoli da prima pagina. Fino all’intervento decisivo: una donna si fa avanti dichiarando che quel presunto rettile è in realtà il giocattolo del figlio, solitamente dimenticato al parco, forse finito nel canale per mano di qualche buontempone.

La dichiarazione è lucida, convincente, corredata di dettagli e perfino di immagini. Ma anziché riportare tutti alla calma e al buon senso, accende nuove scintille.

La verità? Non fa notizia

Ammettere che si è trattato di un malinteso sarebbe facile. Ma l’Italia non è un paese che ama chiudere i casi. Soprattutto se c’è di mezzo un pizzico di mistero, una spruzzata di zoologia tropicale e un’ottima occasione per montare un servizio da TG.

Così, anche dopo la smentita, le autorità decidono di proseguire nella bonifica degli argini. Perché sì, non si sa mai: magari il pupazzo ha un fratello carnivoro. O magari una mamma caimano, in cerca di vendetta.

Una palude mediatica

Le foto parlano chiaro: si tratta di un oggetto di plastica scolorito e mezzo distrutto. Eppure l’ipotesi del rettile vero continua a circolare, come se la logica fosse un optional.

È l’eterna tensione fra verità e narrazione. La verità è noiosa, chiara, definitiva. La narrazione è appassionante, ambigua, piena di possibilità. E allora ecco che spuntano meme, battute, e una sfilza di ipotesi sempre più improbabili: il gaviale del Gange? Forse. Una colonia di draghi di Komodo fuggiti dallo zoo? Perché no. Del resto, se abbiamo avuto i cinghiali a Roma, un caimano a Ladispoli è solo il passo successivo.

La scienza del click (e della faccia tosta)

Questo episodio, per quanto ridicolo, ci racconta qualcosa di profondo (e un po’ sconfortante) sul nostro rapporto con la realtà:

  1. Ammettere di essersi sbagliati è tabù. L’italiano medio vive il riconoscere un errore come un’onta. Come un soldato giapponese rimasto nascosto nella giungla fino agli anni ’70, continua a difendere la sua posizione anche quando la guerra è finita da un pezzo.
  2. La stampa ama il mostro. Per un pugno di click venderebbe sua madre, figuriamoci un coccodrillo. E se la notizia è falsa? Poco male. Si metterà un trafiletto più in basso, giorni dopo, tra una pubblicità di pannelli solari e una ricetta col cous cous.

E alla fine resta solo il fango

Il coccodrillo non c’era. Eppure abbiamo mobilitato autorità, giornali, commentatori da social. In fondo, è anche questo il nostro folclore: la capacità di trasformare un giocattolo in un evento nazionale.

Ma forse la domanda vera è: perché abbiamo bisogno di storie così?
Per distrarci? Per sentirci protagonisti di qualcosa di straordinario? O semplicemente perché, a furia di essere immersi nella superficialità, la verità ci sembra troppo piatta?

Qualunque sia la risposta, una cosa è certa: finché confonderemo i caimani con i pupazzi, e i fatti con i titoli ad effetto, la scienza avrà sempre il compito ingrato di fare la parte della guastafeste.

(Giulia Remedi)

Prompt:

Intro: un bel coccodrillo! Ma non albino nelle fogne di New York, no. A Ladispoli.

parte 1: Sembrava che il caso fosse chiuso: una donna aveva dichiarato che il presunto "caimano" avvistato in un fosso altro non era che un giocattolo del figlio, solitamente lasciato al parco e probabilmente gettato lì da qualcuno per scherzo. La notizia, accompagnata da un’intervista, sembrava aver messo fine alla vicenda.

parte 2: Eppure, la curiosità – o forse la voglia di mistero – ha avuto la meglio. Invece di archiviare l’episodio come un semplice malinteso, le autorità hanno deciso di proseguire con la bonifica degli argini, alla ricerca del fantomatico "piccolo esemplare di caimano".

parte 3: Nonostante le foto mostrino chiaramente un pupazzo piuttosto malridotto, l’ipotesi della presenza di un vero rettile sembra ancora più affascinante per alcuni. E così, tra ironia e incredulità, si continua a perlustrare la zona, come se da un momento all’altro potesse emergere un gaviale del Gange o, perché no, una famiglia di draghi di Komodo.

parte 4: questo episodio, di per sé ridicolo, ci dice due cose. Ammettere di essersi sbagliati? Per l'italiano medio ammettere un errore è come arrendersi per il soldato giapponese della Seconda guerra mondiale. La stampa? Per click venderebbe sua madre, figuriamoci un coccodrillo.

Articolo: intro, parte 1, parte 2, parte 3, parte 4. Approfondisci dove necessario.

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