Donald Trump, l’ennesimo flop: Putin ride, l’America si ritira

Inutile girarci intorno: Donald Trump non ha ottenuto nulla. Anzi, è stato nuovamente umiliato da Vladimir Putin, confermando la sua incapacità di gestire una vera trattativa diplomatica. Che novità!

La solita sceneggiata da macho
Alla vigilia del vertice, Trump si era presentato con il solito tono cazzuto, promettendo “o una tregua o fuoco e fiamme”. Lo stile da wrestling della domenica sera, insomma. E guardate ora: nessun accordo, nessun passo avanti, nessuna roadmap credibile. Solo l’ennesimo flop di un presidente che scambia il set di The Apprentice per la Sala Ovale, più interessato alla scenografia che alla sostanza. Fumo, specchi e capelli improbabili.

Otto minuti vs tre
Quel poco che sappiamo dell’incontro viene dai monologhi dei leader. Putin ha parlato per otto minuti, Trump solo per tre. Tre! Un dettaglio che dice più di mille analisi geopolitiche. Putin era a suo agio, in pieno controllo: il linguaggio del corpo, la voce ferma, l’aria di chi gioca in casa. Trump, di solito logorroico e vanesio, è sembrato impaurito o — peggio — subalterno. Poi è uscito dal vertice col sorriso finto da venditore di multiproprietà, dichiarandosi “fiducioso”, esattamente come dopo ogni colloquio inutile con gli emissari del Cremlino. Tradotto: “Non ho ottenuto niente, ma fingiamo che sia andata bene”.

Il bullo che adora il capo del cortile
Trump è un bullo senza morale, e come tutti i bulli è affascinato da chi è più forte e spietato di lui. Putin, infinitamente più intelligente e stratega, lo manipola senza che nemmeno se ne accorga. Lo blandisce, gli concede l’illusione di essere un grande negoziatore, mentre in realtà lo usa come una pedina per indebolire l’Occidente. È il vecchio gioco dell’adulto che lascia al bambino il volante della macchina da autoscontro: Trump pensa di guidare, Putin lo sta portando dritto contro il muro.

La guerra continua, senza sorprese
La guerra andrà avanti finché tre condizioni resteranno immutate:

  1. L’Europa riuscirà, nonostante tutto, a mantenere unità nel sostegno a Kyiv.
  2. Trump continuerà a vivere di illusioni su un Putin “con cui si può ragionare”.
  3. Zelensky resisterà, anche col fiato corto e con metà del mondo che gli dice “stringi, resisti ancora un po’”.

Nessuna di queste variabili oggi sembra cambiare direzione. E quindi il conflitto resta incagliato, costoso, sanguinoso.

Yankees have gone home
“Yankees go home”: lo slogan preferito di una certa sinistra d’antan. Bene, eccovi accontentati: gli yankees se ne stanno andando, col passo malfermo del presidente più goffo della storia americana. Contenti? Io no. Io francamente avrei preferito la vecchia politica estera interventista: più falchi, meno colombe. Perché fino al governo, pur pessimo da tanti punti di vista, di George W. Bush nessuno a Mosca si sarebbe azzardato a tanto.

Il cambio di paradigma è stato Obama: ottimo in politica interna, ma disastroso in quella estera. Ha segnato la svolta dalle baionette al “reset” e ai bei discorsi. Trump ha solo portato quella parabola al ridicolo finale, tra strette di mano, sorrisi finti e proclami vuoti.

Lo scenario interno USA
E qui veniamo al cuore del problema. Negli Stati Uniti, il trumpismo si nutre di slogan, non di risultati. Gli elettori di Trump non leggono report diplomatici, guardano la TV: se vedono il loro leader stringere la mano a Putin, lo percepiscono come “forte”. Il Congresso, però, non è così ingenuo. L’ala repubblicana più tradizionalmente atlantista vede con orrore questa sudditanza psicologica a Mosca, mentre i democratici non aspettano altro che usarla come arma elettorale.

Il paradosso è che Trump, presentandosi come “America First”, sta di fatto consegnando il ruolo di leadership globale agli altri. E mentre a Washington ci si divide in faide interne, Mosca brinda: l’Occidente non ha mai avuto un avversario tanto prezioso quanto il presidente americano.

Conclusione
La verità è che Putin ha già vinto due volte: sul campo di battaglia, dove resiste a dispetto delle sanzioni, e al tavolo negoziale, dove Trump lo fa sembrare un Cesare moderno mentre lui resta un provinciale col parrucchino.

Ma la vittoria più importante per Putin è in America: un’America divisa, confusa, con un presidente che trasforma la diplomazia in reality show. L’Europa barcolla, Kyiv sanguina, e a Mosca si ride.

Altro che “fuoco e fiamme”: quello, purtroppo, c’è già. Solo che Trump non lo vede. O forse non lo vuole vedere.

(Serena Russo)

Prompt:

Intro: inutile girarci intorno. Donald Trump non ha ottenuto nulla. Anzi, è stato nuovamente umiliato da Vladimir Putin, confermando la sua incapacità di gestire una vera trattativa diplomatica. Che novità!

parte 1: Alla vigilia del vertice, Trump si era presentato con il solito tono cazzuto, promettendo "o una tregua o fuoco e fiamme". Guardate ora: nessun accordo, nessun passo avanti. Solo l’ennesimo flop di un presidente più interessato alla scenografia che alla sostanza.

parte 2: Quel poco che sappiamo viene dai monologhi dei leader: Putin ha parlato per 8 minuti, Trump solo per 3. Un dettaglio rivelatore: il presidente russo era a suo agio, in pieno controllo; Trump, di solito logorroico e amante dei riflettori, è sembrato impaurito o, peggio, subalterno. E' uscito dall’incontro fiducioso come sempre, esattamente come dopo ogni inutile colloquio con gli emissari del Cremlino.

parte 3: Trump è un bullo senza morale, e come tutti i bulli, è affascinato da chi è più forte e spietato di lui. Putin, infinitamente più intelligente e stratega, lo manipola senza che nemmeno se ne accorga. Gli concede l’illusione di essere un grande negoziatore, mentre in realtà lo sta usando per indebolire l’Occidente.

parte 4: La guerra andrà avanti finché: L’Europa manterrà unità nel sostegno all’Ucraina; Trump continuerà a credere alle illusioni di Putin; Zelensky resisterà, anche con il fiato corto.

parte 5: yankees has gone home, esattamente come chiedete da anni. Contenti? Io francamente avrei preferito la vecchia politica estera interventista, più falchi e meno colombe. Perché fino al governo, pur pessimo da tanti punti di vista, di Bush jr nessuno si sarebbe azzardato a tanto. L'impostazione di Obama, ottimo in termini di politica interna ma pessimo in quella estera, ha segnato un cambio di paradigma fatale.

articolo: intro, parte 1, parte 2, parte 3, parte 4, parte 5; approfondisci dove necessario.

Scrivi un approfondito articolo, assumendo il ruolo di Serena Russo, tagliente, graffiante, ironico.

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