
Capitolo Alien, saga infinita e ormai ridotta a un guscio vuoto. L’ultimo arrivato, Alien: Pianeta Terra, divide come sempre: da una parte i demolitori (categoria alla quale mi iscrivo senza remore), dall’altra gli equilibristi da cineforum, quelli che invitano a non giudicare troppo presto perché “siamo di fronte a un’opera complessa, ancora in fieri”.
Complessa? No. Confusa, annacquata e industriale. E il problema non è solo il film: è il fandom stesso, incapace di ribellarsi, pronto ad accettare qualsiasi cosa in cambio di due citazioni di comodo.
Il fandom come malattia cronica
La narrazione dominante è questa: “il pubblico non lascia tempo alle storie di svilupparsi”. Sciocchezze. Il pubblico non ha mai avuto così tanta pazienza: ha tollerato vent’anni di cadute rovinose, illudendosi che la prossima uscita avrebbe riportato la saga ai fasti originali.
In realtà, il fandom è diventato parte del problema: complice, non vittima. Si accontenta di briciole narrative, elemosina riferimenti al passato, si emoziona per la colonna sonora “che ricorda” il 1979. È una dipendenza tossica, non una passione critica.
Anni di fallimenti
Dopo Aliens, il livello medio della saga è crollato. Il recentissimo Romulus è già archiviabile come fiasco. Ma i due film “filosofici” di Ridley Scott hanno segnato il vero disastro: il tentativo, suicida, di spiegare lo xenomorfo.
Lo xenomorfo non si spiega. È pura paura. È lo squalo che emerge dall’oscurità, l’alligatore che ti trascina sott’acqua, il predatore che non ha bisogno di un contesto. Cercare di razionalizzarlo significa ammazzarlo. Eppure la macchina industriale ha scelto questa strada: sterilizzare l’orrore trasformandolo in un esercizio di metafisica dozzinale. Spiegarlo significa trasformarlo in un personaggio – e i personaggi, al contrario degli incubi, possono annoiare.
La strategia industriale: riciclo e nostalgia
Alien oggi è un prodotto “a ciclo chiuso”: niente innovazione, solo riciclo. È lo stesso schema che la Disney applica ovunque: spremere i brand storici, allungarli come gomma masticata e rivenderli come “universi espansi”.
Le trame? Generazione automatica, buone forse per un prompt di intelligenza artificiale, non per un film da milioni di dollari. Il collante? Citazionismo sterile e autocitazioni infinite. Il risultato: un collage senz’anima, che vive solo grazie alla nostalgia.
Darwinismo culturale, dove sei?
Qui arriva il punto centrale. In un ecosistema sano, un prodotto mediocre muore. Il pubblico lo rifiuta, l’industria lo abbandona. Ma se i fan accettano tutto, se pagano il biglietto pur sapendo che vedranno pattume, allora non esiste più selezione naturale.
Si crea un darwinismo alla rovescia: sopravvive il peggiore perché il pubblico non ha il coraggio di lasciarlo morire. E così i fan diventano carnefici di se stessi, alimentando la stagnazione che li divora.
Fine dei giochi
Basta davvero. Di universi espansi fatti coi piedi non se ne può più. Se vogliamo salvare qualcosa del mito di Alien, l’unica soluzione è l’eutanasia narrativa: chiudere il ciclo e lasciare lo xenomorfo nella sua forma pura, quella del 1979.
Tutto il resto è rumore di fondo, fanfiction travestita da blockbuster. E chi ancora spera nella “redenzione al prossimo capitolo” ha già perso: non è un fan, ma un consumatore rassegnato.
(Giovanni Sarpi)
Prompt:
Intro: dannati fan, ci risiamo! Capitolo "Alien" e la sua saga infinita. In particolare l'ultimo capitolo, "Alien: Pianeta Terra". Da un parte chi lo demolisce senza mezzi termini (eccomi!), dall'altro chi chi invita ad una valutazione più equilibrata, sottolineando come sia prematuro giudicare un'opera complessa dopo due soli episodi.
parte 1: per chi condivide questo tipo di retorica, il problema reale è l'atteggiamento del fandom: anziché concedere alla serie il tempo di svilupparsi, molti rifiutano qualsiasi innovazione, aggrappandosi a un'idea idealizzata del franchise.
parte 2: intendiamoci, in linea del tutto teorica può anche essere vero. Ma se qualsiasi cosa uscita dopo "Aliens" fa schifo, è anche lecito aspettarsi un'ennesima schifezza, come lo è stato "Romulus" e peggio ancora i due orribili film di Ridley Scott che si sono macchiati del peccato originale: voler spiegare lo xenomorfo, che come uno squalo o un alligatore non ha alcun bisogno di spiegazione, è e basta.
parte 3: torniamo a bomba. anni e anni di porcherie con trame che fanno rimpiangere ChatGPT, anzi, Polygen, sostenute come un castello di carta da citazioni (di trama o visuali), quando non complete scopiazzature, e questi ancora dicono che "due episodi non bastano per giudicare" perchè "tanto che dovesse essere spazzatura era già deciso". Questa gente le schifezze non solo se le cercano, se le meritano.
parte 4: seriamente, basta. Di questi universi espansi fatti coi piedi non se ne può davvero più.
articolo: intro, parte 1, parte 2, parte 3, parte 4.
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