
La discussione sulla chiusura del Leoncavallo mi fa riflettere. Sono il primo ad aver amato certi posti – ci andavo negli anni ’80 e ’90, per i concerti, per quell’atmosfera un po’ sgangherata che aveva il fascino dell’improvvisazione e il sapore dell’autenticità. Era un mondo sporco e vivo, dove anche una birra calda diventava esperienza di vita. Ma quel mondo non esiste più. Il Leoncavallo era controcultura, e la parola stessa dice tutto: presupponeva un ordine, una cultura a cui opporsi. Oggi non c’è più né l’una né l’altra. Ecco dove casca l’asino: non puoi fare rivoluzione senza un impero da contestare.
Il vero disastro culturale, oggi, non è la chiusura di un centro sociale, ma quello che accade nelle nostre università. Abbiamo creato un sistema che produce lauree gonfiate come palloncini, diplomi distribuiti a chi fatica a leggere un articolo di giornale fino in fondo, e ricercatori condannati a vivere di precariato o di elemosine di progetti europei. Le biblioteche sono sempre più vuote, i corsi sempre più poveri di contenuti, con programmi tagliati all’osso per paura di perdere iscritti. È il collasso silenzioso della cultura vera, quella che dovrebbe forgiare cittadini pensanti e non utenti passivi. E non si tratta di mancanza di risorse soltanto: è la resa di un intero sistema educativo che ha scelto la quantità alla qualità, la burocrazia al sapere.
E mentre l’accademia affoga, noi continuiamo a parlare dei giovani come fossero un’entità astratta, da osservare in laboratorio, proiettando su di loro i nostri valori ormai consunti. La realtà è che i paradigmi sono completamente diversi. Da un lato ci sono ragazzine che su TikTok inventano i “Calippo Tour”, dall’altro ci sono femministe che non hanno trovato una parola di fronte agli stupri del 7 ottobre. Ci sono ragazzi che vedono nella vendita di due dosi al parco non un reato, ma una carriera sprint verso il ca$h, e altri che sognano di diventare influencer perché – diciamocelo – studio e conoscenza non portano più da nessuna parte, se non a un curriculum parcheggiato su LinkedIn in attesa di un like. Questa è la nuova “cultura”, o meglio la sua caricatura, fatta di scorciatoie e di apparenza.
La verità è che non stiamo morendo per la chiusura di un centro sociale. Stiamo morendo perché si è spezzato il patto tra generazioni. I padri hanno smesso di educare, i maestri hanno smesso di pretendere, le madri hanno preferito la nostalgia alla fatica della severità. Abbiamo abdicato al nostro ruolo e ci siamo rifugiati nella rievocazione di un passato che non ritorna, come se raccontare com’era il Leoncavallo potesse salvarci dall’analisi crudele del presente. La nostalgia è la droga dei vecchi: ci anestetizza, ci impedisce di guardare in faccia il collasso in corso.
Il Leoncavallo era ieri. Oggi il fallimento è molto, molto più grande. Non si chiude un capannone occupato: si sta chiudendo il cervello di un’intera generazione. Ed è questo, il vero funerale a cui stiamo assistendo, tra un post indignato e un reel ironico. Un funerale senza corteo, senza musica, senza lotta: solo con scrollate infinite e cuoricini virtuali. Altro che controcultura. Questa è assenza di cultura. E contro il vuoto, non c’è barricata che tenga.
(Francesco Cozzolino)
Prompt:
intro: La discussione sulla chiusura del Leoncavallo mi fa riflettere. Sono il primo ad aver amato certi posti - ci andavo negli anni 80/90 per i concerti, l'atmosfera. Ma quel mondo non esiste più. Il Leoncavallo era contro-cultura, un termine che presuppone l'esistenza di una cultura cui opporsi. E' proprio qui che vedo cascare l'asino.
parte 1: il vero disastro culturale è nelle nostre università. Abbiamo creato un sistema che sforna lauree inflazionate, diplomati incapaci di leggere, ricercatori senza mezzi. Biblioteche vuote, corsi sempre più poveri. È il collasso silenzioso della cultura vera.
parte 2: E intanto parliamo di giovani in modo astratto, proiettando i nostri valori su generazioni con paradigmi completamente diversi. Ragazzine che su TikTok fanno i "Calippo Tour", femministe mute di fronte agli stupri del 7 ottobre, giovani che vedono piena realizzazione nello spaccio per il ca$h rapido o che sperano di far fortuna come influencer perché studio e conoscenza, effettivamente, portano meno...
parte 3: La verità? Non stiamo morendo per la chiusura di un centro sociale. Stiamo morendo perché il patto tra generazioni si è rotto. Perché abbiamo smesso di educare. Perché preferiamo la nostalgia all'analisi crudele della realtà.
parte 4: Il Leoncavallo era ieri. Oggi il fallimento è molto, molto più grande.
articolo: intro, parte 1, parte 2, parte 3, parte 4; approfondisci dove ritieni necessario.
Assumendo l'identità di Francesco Cozzolino descritta sopra, scrivi un Articolo; usa un tono irriverente.
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